Il vivaismo professionale italiano può essere inserito fra i settori di eccellenza (o avanguardia!) dell’agricoltura italiana, tali e tanti sono i primati che esprime in termini di capacità innovativa sul fronte varietale, di nuove tecnologie applicate alla propagazione, di internazionalizzazione nei rapporti commerciali. È, inoltre, il primo grande anello di una filiera agro-alimentare che finisce col consumatore, ma che parte inevitabilmente dalle piante che vengono mese in campo dai coltivatori. Piante che devono essere performanti sia sul fronte sanitario, sia in termini di efficienza produttiva e qualità del raccolto.
Come non riconoscere i grandi passi in avanti che il vivaismo italiano ha fatto nell’ultimo mezzo secolo nell’introduzione delle nuove varietà, nel supporto operativo al miglioramento genetico, nella propulsione finalizzata all’innovazione dei prodotti ortofrutticoli; come non riconoscerne la superiorità a livello internazionale in termini di credibilità, ampiezza dei cataloghi, diversificazione tipologica delle piante (portinnesti, varietà, sistemi di gestione/conduzione della pianta).
È pur vero che non tutto oro è ciò che luccica; non sempre i problemi delle esclusive varietali, del rispetto delle regole di privativa, dell’abusivismo nella propagazione e del rispetto delle regole di qualificazione sanitaria del materiale di propagazione vengono rispettate; lo dimostrano i tanti casi di inefficienza produttiva che si verificano in campagna e che derivano dal mancato rispetto (e/o dal mancato controllo) delle norme vigenti. Ma le manchevolezze di pochi non possono nascondere il percorso virtuoso che il migliore vivaismo italiano ha saputo intraprendere negli anni. Un percorso oggi faticosamente difeso a livello europeo allorquando si cerca di tutelare la maggiore qualità dei materiali di propagazione dei nostri vivaisti di fronte ad una concorrenza agguerrita, ma al contempo poco garantista.
Le pagine di questo fascicolo di fine anno di Frutticoltura (che, come i Lettori avranno constatato, nel 2018 ha compiuto la bellezza di 80 anni di attività) si occupano come d’abitudine di vivaismo, ma anche di miglioramento genetico, due facce di una stessa medaglia che restano, di fatto, il primo passo verso il progresso del settore ortofrutticolo. Non c’è l’uno senza l’altro, non c’è innovazione di prodotto senza il supporto di chi lo propaganda, lo costruisce, lo distribuisce ai frutticoltori.
L’obiettivo prioritario degli operatori del settore, e del mondo della ricerca che lavora per questo, è quello di ottimizzare la fase vivaistica in termini di qualità complessiva, dalla pianta ai servizi tecnici, dalla rispondenza varietale alla sanità del materiale vegetale, fino alle garanzie di responsabilità e controllo del processo. Non meno ingenti sono gli sforzi di coloro che, attraverso la ricerca scientifica, cercano di proporre nuove linee prodotto, diversificate, innovative nei caratteri agronomici, pomologici e qualitativi, più performanti per il frutticoltore, più sostenibili e meno esigenti sul fronte degli input energetici.
Sapremo fare tesoro di tutto questo? Sapremo difendere i primati che l’Italia ha raggiunto in questi ambiti negli ultimi lustri? Sarebbe certamente sbagliato il contrario.