L’agrumicoltura italiana attualmente risente di una serie di difficoltà che ne limitano la competitività in un mercato sempre più globale. Dal punto di vista produttivo si registra una significativa diminuzione della superficie impegnata a causa della diffusione del “Citrus Tristeza Virus” (CTV), che colpisce alcune specie di agrumi (arancio, clementine, mandarino) innestate su arancio amaro e che sta distruggendo le colture di intere aree. Un altro fattore limitante è di ordine strutturale, principalmente associato ad una scarsa concentrazione produttiva, dovuta ad una eccessiva frammentazione aziendale e ad una organizzazione commerciale non adeguata. Tutto questo non consente di assumere posizioni di forza nei confronti della GDO europea, facendo perdere alle aziende la capacità di esportare e, nello stesso tempo, permette di aprire grandi varchi all’importazione di agrumi da altri Paesi produttori. Infine, i cambiamenti climatici generano, non di rado, eventi calamitosi (siccità e/o alluvioni) che compromettono quantità e qualità della produzione. Il maltempo che si è abbattuto sulla Sicilia nello scorso mese di ottobre, con interi agrumeti sommersi, muri di contenimento crollati e torrenti straripati, ha ridotto notevolmente la produzione dell’attuale annata.
Segnali positivi di cambiamento però emergono da diverse parti e fanno ben sperare per il futuro. Ad esempio, negli ultimi anni sono cresciuti gli investimenti destinati a nuovi impianti che utilizzano portinnesti tolleranti in aree di insediamento del CTV. Tali investimenti sono attualmente effettuati esclusivamente con capitali privati e, in particolare, per la maggior parte, realizzati da operatori commerciali che accorciando la filiera si assicurano certezza nell’approvvigionamento del prodotto, varietà più rispondenti alle esigenze dei mercati e, non per ultimo, riescono a scaricare costi sull’azienda agricola che gode di un regime fiscale più favorevole. Un’opportunità che oggi può cogliere il comparto agrumicolo per un suo rilancio, soprattutto in questo momento di gestione dell’emergenza CTV, è certamente il reimpianto con materiale vegetale idoneo, per quanto riguarda sia la scelta dei portinnesti, sia quella delle varietà da propagare. Infatti, la possibilità di disporre di portinnesti alternativi all’arancio amaro e ai consolidati “Citrange”, è una questione aperta soprattutto in alcuni ambienti in cui le condizioni pedologiche non consentono di utilizzare questi ultimi portinnesti perché riducono fortemente le potenzialità produttive.
Esistono già esperienze di ricerca del Crea mature (dati di produzione decennali di Tarocco e mandarini innestati su 10 diversi portinnesti) che possono in tal senso rappresentare un valido contributo per l’individuazione delle più idonee combinazioni portinnesto-nesto in un contesto di rinnovamento dell’agrumicoltura. Al tempo stesso, la scelta di cloni e varietà idonee per i diversi ambienti, e la disponibilità di materiale di propagazione sano e certificato, deve essere un obiettivo importante e imprescindibile da seguire nella fase di ricostituzione degli agrumeti. È utile ricordare che il Crea, responsabile del Programma nazionale di Certificazione volontaria degli Agrumi, ha in fase di trasferimento la “screen-house” presente nell’azienda Palazzelli a Lentini (Sr) – dove la pressione del CTV è elevata - in agro di Acireale (Ct), dove la presenza di limoneti limita l’espansione del virus. Tale trasferimento, ovviamente dettato dalla necessità di assicurare la sanità del materiale di propagazione, consentirà anche di avere superfici maggiori per il mantenimento del materiale e, al tempo stesso, di procedere ad una riorganizzazione e al riordino di quanto mantenuto, anche in funzione di un confronto con i portatori di interesse, primi fra tutti i vivaisti agrumicoli.
Affinché tutto questo si realizzi occorre mettere in campo gli strumenti necessari per dare prospettive al settore. Di recente la proposta emersa nel tavolo agrumicolo convocato dal sottosegretario del Mipaaf Alessandra Pesce, traccia un percorso per l’avvio di un nuovo Piano Agrumicolo che prenda in considerazione le esigenze segnalate dalla filiera. In particolare, le priorità proposte per il nuovo Piano sono l’avvio di un programma poliennale di eradicazione del CTV, la contestuale riconversione varietale inserita in un’ottica di progettazione di una nuova agrumicoltura, l’attivazione di un catasto agrumicolo delle produzioni, l’avvio dei contratti di filiera, le azioni di promozione e informazione dei consumatori, il maggior controllo fitosanitario sulle importazioni di agrumi, anche alla luce delle nuove emergenze che affliggono le agrumicolture di alcuni Paesi.
Esistono però altre problematiche che dovrebbero essere affrontate all’interno di un nuovo Piano di settore. Ad esempio, la concentrazione dell’offerta, ormai ritenuta condizione essenziale per competere a livello internazionale, creando soggetti associativi che abbiano la forza di affrontare i ricchi mercati europei, oggi monopolizzati da grandi gruppi spagnoli. Inoltre, altro obiettivo dovrebbe essere la realizzazione di una logistica efficiente che permetta alle aziende di ridurre i costi e i tempi di trasporto e, nello stesso tempo, di limitare le emissioni di CO2 nell’atmosfera.
Ma il nuovo Piano Agrumicolo dovrebbe prevedere anche l’avvio di un processo di innovazione che si prefigga l’obiettivo di migliorare la competitività, la gestione delle risorse e le performance ambientali di tutta la filiera. Per fare questo occorre promuovere anche un programma di ricerca mirato: all’ampliamento della scelta varietale e del calendario di produzione; alla gestione sostenibile dell’agrumeto; al miglioramento della qualità; alla valorizzazione e tracciabilità del prodotto fresco e trasformato; alla difesa dalle patologie esistenti e da quelle devastanti, ancora non presenti nel bacino del Mediterraneo, tra le quali il “Citrus Greening” e il “Citrus Black Spot”. In particolare, realizzare programmi di miglioramento genetico per l’ottenimento di nuove varietà di arancio, limone e mandarino-simili per favorire l’innovazione di prodotto in agrumicoltura, differenziarlo dalla produzione estera e stimolare il desiderio all’acquisto dei consumatori.
Tali programmi potranno essere effettuati attraverso metodi convenzionali (incrocio, selezione clonale, mutagenesi indotta) o mediante l’applicazione delle “new breeding techniques” quali cisgenesi e “genome editing” che permettono di modificare in modo puntiforme i geni di una varietà, riproducendo quanto avviene spontaneamente in natura attraverso le mutazioni o l’incrocio. Un aspetto di fondamentale importanza è la sostenibilità dell’agrumeto rappresentata principalmente dalla gestione delle risorse idriche e nutrizionali. In particolare, è auspicabile una gestione evoluta della coltura attraverso metodi di agricoltura di precisione, per ottimizzare i suddetti fattori di input attraverso sensori e software insieme alle metodologie di elaborazione per programmare gli interventi in campo mirati e, nel contempo, rendere il processo produttivo sostenibile in termini sia economici, sia ambientali. Inoltre, al fine di ampliare le conoscenze sulla gestione sostenibile dell’agro-ecosistema, così come richiesto dalle sempre più stringenti normative comunitarie e nazionali, obiettivo deve essere anche quello di attuare monitoraggi sui fitofagi e sull’artropodofauna utile, al fine di acquisire dati aggiornati sulla loro presenza, su alcuni aspetti della loro biologia e sui danni prodotti.
Per dare ai consumatori la massima garanzia sulla qualità, sull’origine e sulla natura (biologica/convenzionale) dei prodotti ed evitare nel contempo frodi alimentari, risulta strategico fornire loro dati sulle proprietà sensoriali, nutrizionali e salutistiche dei frutti e dei succhi nonché affiancare al modello di tracciabilità documentale un sistema di tracciabilità chimica e molecolare del prodotto. Un’altra linea di ricerca dovrebbe mirare all’aumento della “shelf-life” dei prodotti freschi e trasformati mediante la scelta di packaging innovativi. Infine, l’industria di trasformazione genera quantità non trascurabili di sottoprodotti e scarti la cui valorizzazione attraverso il recupero di sostanze ad alto valore aggiunto, da destinare al settore dell’integrazione alimentare umana ed animale, può generare un recupero di reddito per le aziende, in conformità con le esigenze di riduzione dei costi di smaltimento. Studi sull’attività biologica di prodotti di scarto dell’industria agroalimentare, tecniche di estrazione sostenibili dal punto di vista ambientale ed economico, unite all’uso di biotecnologie, rappresentano elementi di svolta per la valorizzazione degli scarti.
Purtroppo, i bisogni della filiera agrumicola elencati sopra non potranno essere soddisfatti con i mezzi finanziari messi a disposizione dal Mipaaf. Infatti, nel corso della suddetta riunione è stata annunciata l’emanazione di un decreto per l’utilizzo del fondo agrumi di 10 milioni di euro per gli anni 2018-2020. E’ difficile attualmente quantificare le richieste fatte dagli attori della filiera in sede di riunione, ma si può stimare che non dovrebbero essere inferiori a quanto stanziato nel 2016 per finanziare il Piano di Settore Olivicolo-Oleario (32 milioni di euro).
Tuttavia, il binomio agrumicoltura-innovazione può anche essere supportato attraverso gli strumenti finanziari messi a disposizione dall’Ue. Sono attualmente disponibili i fondi della Misura 16 del PSR a sostegno dei Gruppi Operativi PEI-Agri e dei progetti pilota, gestiti dalle Regioni. Infatti, la politica dell’innovazione 2014-2020 della Ue mette in rete la ricerca e le imprese e il suo obiettivo è creare un contesto favorevole affinché le idee possano approdare sul mercato. La costituzione di gruppi operativi per l’innovazione (GOI), nei quali sono presenti gli attori principali della filiera agrumicola, può permettere di individuare soluzioni a specifici problemi o di promuovere nuove opportunità di sviluppo. In particolare, i gruppi operativi sono chiamati a favorire l’aggregazione dei soggetti e gli interventi più rilevanti (formazione e informazione; utilizzo dei servizi di consulenza; investimenti materiali; uso di nuove tecnologie nelle operazioni colturali, nella trasformazione e nella commercializzazione dei frutti e/o dei derivati) per sviluppare un progetto unitario e comune.