Per il settore melicolo il complesso fungino epifita noto come fumaggini rappresenta un problema molto grave, in quanto in grado di provocare ingenti perdite di magazzino soprattutto in caso di mele biologiche.
I funghi epifiti crescono sulla superficie di piante vive, dove possono anche moltiplicarsi. Diversamente da quanto accade per le tipiche malattie fungine del melo – ticchiolatura e oidio – i funghi epifiti non penetrano nel tessuto vegetale, ma rimangono sulla superficie esterna del frutto e non sono quindi da considerarsi patogeni diretti. Sebbene i danni insorgano in misura massiva durante lo stoccaggio, lo sviluppo della fumaggine può essere contenuto in ogni fase di produzione con una difesa mirata.
Risolvere e studiare la problematica delle fumaggini delle mele sia in Emilia-Romagna sia in Alto Adige (due tra i principali distretti produttivi), con l’obiettivo di elaborare adeguate strategie di controllo, è interesse comune a Rinova e al Centro di Sperimentazione di Laimburg. In entrambi gli areali esistono esperienze pregresse su pratiche e studi sugli epifiti. In particolare, Laimburg ha studiato la tematica in modo approfondito dal punto di vista fitopatologico delle contromisure sia in campo sia in postraccolta.
Se n'è parlato all'ultimo workshop, organizzato dal Gruppo di lavoro sul postraccolta di Rinova presso il Centro di Laimburg, dal titolo “Il controllo delle fumaggini in pre e post raccolta: le esperienze della ricerca e del comparto tecnico” realizzato nell'ambito del progetto Ocm "Sviluppo di innovazioni bio-tecnologiche nel settore post raccolta frutta".
Prospettive fitopatologiche sugli epifiti
Le fumaggini sono considerate epifiti, cioè funghi adattati a vivere sulla superficie della pianta, in particolare foglie e frutti, e quindi sono organismi poco esigenti - ha spiegato Sabine Oettl del del gruppo di lavoro Fitopatologia presso il Centro di Sperimentazione Laimburg -. Nei frutti inoltre con la maturazione, che inizia già sull’albero e che prosegue anche in conservazione, aumentano nella buccia le cere, gli zuccheri e gli acidi organici disponibili per nutrire tali microrganismi che quindi crescono esponenzialmente creando la tipica patina biancastra o scura se c’è melanina nel micelio che usa per proteggersi dai raggi UV.
Tale difetto risulta solamente esterno e non crea problematiche alla pianta che non reagisce alla presenza di epifiti. D’altro lato per il consumatore risulterà un frutto poco appetibile esteticamente. Identificare l’agente scatenante le fumaggini non è facile in quanto sono state trovate sulla buccia delle mele colpite fino a 100 specie intercambiabili in base alle condizioni ambientali. In Alto Adige sono state isolate 30 specie prevalenti appartenenti a diverse famiglie di funghi epifiti (Aureobasidium, Cladosporium, Phoma, ecc). Alcune specie sono sempre presenti, tuttavia, altre sono limitate solo a certe aree geografiche di produzione delle mele, oppure sono condizionate da diversi tipi di gestione del frutteto (es. biologico vs integrato), o ancora influenzate da stagione e varietà di mela. In laboratorio la loro identificazione è complessa in quanto hanno una crescita molto lenta e hanno esigenze di substrato e condizioni variabili in base alle quali interagiscono tra loro in modo diverso. In tal senso ci potrà venire in aiuto la biologia molecolare in grado di identificare le specie anche con frammenti di DNA e similare in vitro l’interazione tra i microrganismi ed eventuali antagonisti utili. Le varietà di mele più colpite sono quelle a maturazione tardiva in quanto rimangono più tempo sulla pianta, non si possono fare trattamenti fungicidi vicino alla raccolta ed il clima umido è favorevole.
Tra i fattori che favoriscono le fumaggini troviamo variabili strutturali dell’impianto ma anche variabili dipendenti dall’agricoltore:
- la vigoria delle piante,
- la rugosità del clone di mela,
- la presenza di rete antigrandine,
- la vicinanza ai fiumi e laghi
- l'uso concimi fogliari,
- l’erba alta,
- la presenza di mummie di frutti e melata di afidi.
Prevenzione delle fumaggini in pre-raccolta
Sono stati testati vari trattamenti in preraccolta da effettuare sulle piante prima degli stacchi - ha spiegato Werner Rizzolli del gruppo di lavoro Valutazione Fitofarmaci del Centro di Sperimentazione Laimburg. Inoltre, si è valutato l’effetto di alcune pratiche che da una parte favoriscono e dall’altra diminuiscono le fumaggini in postraccolta, classificata in lieve, media e grave, quando più del 50% della buccia presenta i sintomi. Tra le prime troviamo oltre che l’uso di amminoacidi che alimentano le fumaggini e creano danni alla cuticola quindi con conseguente avvizzimento in cella, anche l’uso di fertilizzanti fogliari assieme a rame/zolfo che, oltre a nutrire i funghi, creano rugginosità sulla buccia. Tra le seconde, invece, è stato testato un prodotto a base di polvere di roccia (Ulmasud-Biogard) che sembra in grado di tenere la superficie dei frutti asciutta più a lungo e diminuire quindi l’umidità necessaria al fungo per insediarsi. Tale prodotto è compatibile con i classici trattamenti fitosanitari come il captano. In combinazione con la polvere di roccia si sono testate pratiche postraccolta come la diminuzione dell’umidità in cella e atmosfere controllate. Tuttavia, le prima crea troppo calo peso nei frutti e avvizzimento e la seconda con alta umidità non risulta efficace.
Tecniche di controllo delle fumaggini in post-raccolta
In post raccolta il controllo delle fumaggini delle mele è stato affrontato sotto diversi aspetti e con approcci vari, tra i quali attraverso il monitoraggio dello stadio di maturazione, l’eliminazione delle spore con metodi di sanificazione, lo studio della buccia dei frutti ed il controllo dell’umidità in cella - ha illustrato Angelo Zanella responsabile del gruppo di lavoro Frigoconservazione e Biologia del Postraccolta.
Per quanto riguarda la maturazione, sembra appurato che raccolta e conservazione più tardive inducano maggiore rischio di fumaggini. Quindi nel caso di frutteti suscettibili la strategia può essere raccolte e commercializzazioni più veloci. Per quanto concerne le tecnologie di sanificazione presso il laboratorio postraccolta sia sono testati macchinari per la ionizzazione dell’aria e per la produzione di ozono. Il primo non ha avuto risultati soddisfacenti in scala commerciale (sintomi poco più lievi ma diversa composizione es. maggiore patina bianca), mentre il secondo ha avuto un esito positivo, facendo rimanere i frutti puliti, eliminando (o inibendo a lungo) le spore presenti. Tuttavia, l’ozono ha alcuni rischi e controindicazioni, tra le quali la sicurezza per gli operatori, la formazione di formaldeide per conversione dell’etilene e la formazione di untuosità nei frutti con stadi di maturazione tardivi.
Anche le caratteristiche fisiche della superficie dei frutti contribuiscono a rendere propensa una certa cultivar di melo o meno un’altra, ad esempio bucce più o meno idrofile/idrofobiche. Inoltre, alcune varietà hanno la buccia con maggiori ruvidità, misurabile con il microscopio elettronico per definire dei parametri che definiscono le cultivar. Infine, sono stati condotti varie prove per cercare di rallentare lo sviluppo di fumaggini diminuendo l’umidità in cella dal 98% fino al 86% (+/- 3% di errore ad alte UR e bassa T) con deumidificazione, ventilazione o controllo temperatura di uscita dell’aria dagli evaporatori. Tale livello di umidità risulta efficace però abbiamo fino ad un 5% di calo peso, cioè un +60% di perdita di acqua, ed un effetto solamente temporaneo fino a 5 mesi. Infine, negli impianti moderni è molto complicato ridurre a tal punto l’umidità nelle celle frigorifere.
In sintesi, si possono riassumere alcune variabili da attenzionare maggiormente come di seguito:
- Importanza del substrato nutritivo per il fungo sulla buccia della mela
- Ubicazione e areazione del frutteto e caratteristiche cultivar
- Difesa fitosanitaria
- Epoca di raccolta e durata conservazione
- Spazzolatura in postraccolta
- Trattamenti e gestione postraccolta (es. ozono, acqua calda, umidità, temperatura)
Infine, al termine della visita guidata presso il magazzino sperimentale, si è discusso sulla possibilità di collaborazione tra le aziende in Emilia-Romagna e il Centro Sperimentale di Laimburg per studiare la variabilità microbiologica in diversi siti di provenienza della frutta, per effettuare trattamenti in campo, confrontare le pratiche colturali e gestione postraccolta. In particolare, si vorrà testare anche in Regione ER l’utilizzo di Ulmasud e registrare diversi aspetti in comune o diversi delle pratiche nei due ambienti di pianura o montagna tra i quali: uso prodotti fitosanitari, concimazioni, tipologia irrigazioni, rugosità buccia delle diverse partire. Infine, si segnala la possibilità di svolgere trattamenti presso Laimburg con prodotti naturali, acqua calda e ozono (collaborazione ditta MET).