Il futuro della mela: rimettere al centro il consumatore

Negli anni, sotto la pressione della competizione internazionale, la filiera ha concentrato gran parte delle proprie energie sulla produttività e sull’efficienza agronomica perdendo di vista la soddisfazione del consumatore. Per il futuro, occorre un prodotto coerente e gratificante, che generi fiducia

Credo che il futuro del comparto delle mele italiano debba ripartire da un concetto tanto semplice quanto rivoluzionario: il consumatore. Sotto la pressione della competizione internazionale e dei prezzi spesso non remunerativi, la filiera ha concentrato gran parte delle proprie energie sulla produttività e sull’efficienza agronomica. Abbiamo lavorato per aumentare le rese ettariali, selezionare varietà più facili da gestire, più resistenti, più stabili nel tempo. Abbiamo perfezionato la frigoconservazione e anticipato le raccolte per garantire una maggiore tenuta del prodotto; tutto questo è stato utile, ma non sufficiente. Nel frattempo, abbiamo rischiato di perdere di vista il punto più importante: la soddisfazione di chi le mele le mangia. Spesso ripeto che quando hai pochi camion da vendere ti basta il cliente, ma quando i volumi crescono serve il consumatore. È lui che decide il destino di una varietà, che la sceglie o la abbandona, che la consiglia o la dimentica.

In questi anni il mercato ci ha dato una lezione chiara: vincono i prodotti che sanno offrire un’esperienza costante e piacevole, che non tradiscono mai le aspettative. Il kiwi giallo, per esempio, non ha avuto successo perché è “più buono” del verde, ma perché è più coerente: ogni frutto che compri è come te lo aspetti. Questa costanza genera fiducia e quindi fedeltà. Lo stesso vale per i berry: varietà più croccanti, dolci e aromatiche hanno cambiato il mercato, creando nuove abitudini di consumo e aprendo spazi impensabili fino a pochi anni fa. Non è solo marketing, ma è capire cosa vuole il consumatore e fornirglielo senza compromessi. Anche le varietà club, spesso criticate per la loro struttura chiusa, hanno dimostrato che la gestione attenta del marchio, il controllo dei flussi, la selezione rigorosa e l’impegno a offrire standard costanti nel tempo garantiscono un ritorno economico superiore, sia per chi produce, sia per chi commercializza. È un modello che funziona perché parte da un principio semplice: se il consumatore è felice, tutta la catena ne trae beneficio.

Nel mio percorso professionale la mia più grande maestra è stata la varietà Ambrosia, uno degli esempi sopra citati. È una varietà che mi ha insegnato il valore della coerenza: un frutto che, anno dopo anno, mantiene le sue promesse. La vera innovazione non è stata solo in laboratorio o in campo, ma nella capacità di creare un prodotto che emoziona, che parla a chi lo consuma, che costruisce fiducia nel tempo. Da lì nasce la filosofia del nostro lavoro: prima conquistare il consumatore, poi costruire attorno a lui l’equilibrio agronomico ed economico. I nuovi programmi varietali devono avere un obiettivo chiaro: creare prodotti “premium” che uniscano eccellenza organolettica, stabilità produttiva e sostenibilità economica. Bisogna investire in ricerca, in tecniche di potatura e gestione della pianta, in portinnesti capaci di dare equilibrio e costanza. Dobbiamo imparare a rendere redditizie varietà nate per essere eccellenti e non il contrario.

Sono convinto che il futuro della mela non passi soltanto dal campo, ma dal palato. Chi saprà ascoltare davvero il consumatore, con umiltà e determinazione, chi saprà mantenere le promesse e offrire un prodotto coerente, sincero e gratificante, avrà in mano la chiave per consolidare il futuro di questo settore.

Il futuro della mela: rimettere al centro il consumatore - Ultima modifica: 2025-10-30T17:03:48+01:00 da Sara Vitali

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