Avocado, carrubo, ficodindia al posto dell’olivo nelle aree colpite da Xylella

xylella
Impianto di avocado di Rocca di Capri Leone (Me)
Quali alternative possono provare gli agricoltori nell'area delimitata per Xylella? Per esempio coltivando mango, avocado, carrubo, ficodindia. La risposta è stata approfondita in due seminari organizzati dall'Università di Bari

La desertificazione conseguente all’infezione causata da Xylella fastidiosa subsp. pauca ST53 in larga parte della Puglia centro-meridionale sta spingendo gli olivicoltori a cercare colture frutticole alternative all’olivo. Le opzioni al vaglio spaziano dal recupero di specie autoctone alla sperimentazione di colture tropicali e sub-tropicali. Ed è un dilemma di non poco conto se si considerano tutte le implicazioni climatiche, colturali e commerciali legate alle diverse possibili alternative. Per approfondire i termini della scelta e dare risposte plausibili agli agricoltori il Dipartimento di scienze del suolo, della pianta e degli alimenti (Disspa) dell’Università di Bari ha organizzato due seminari sulla frutticoltura alternativa in areali infetti da X. fastidiosa, il primo rivolto all’utilizzo di specie minori e specie Nus (Neglected and underutilized species, cioè specie trascurate e sottoutilizzate), il secondo aperto alla valutazione di colture tropicali e sub-tropicali, presentate come “una realtà in crescita”.

Il primo criterio di scelta: la resistenza a Xylella

«Gli agroecosistemi olivicoli della Puglia centro-meridionale sono stati gravemente danneggiati dalla Xylella. Per la riconversione delle aree olivicole infette in aree economicamente sostenibili l’olivicoltura ha sicuramente interessanti prospettive, percorrendo tuttavia strade diverse da quelle battute prima dell’arrivo del batterio. Ma, poiché numerosi agricoltori salentini non sono più intenzionati a coltivare l’olivo e appaiono orientati verso nuove colture, una valida soluzione può essere offerta da altre specie di alberi da frutto». Così Salvatore Camposeo, ordinario di arboricoltura generale e coltivazioni arboree dell’Università di Bari, ha introdotto il primo incontro, sottolineando che per la scelta di altre specie arboree da frutto è necessario verificare se sono adatte alle condizioni pedologiche e climatiche degli areali infetti.

«Per rispondere alla domanda di nuove colture degli agricoltori il Disspa, nell’ambito di uno studio finanziato dal Distretto agroalimentare di qualità jonico salentino (Dajs), ha elaborato, per l’area delimitata per X. fastidiosa subsp. pauca ST53, corrispondente alle tre province salentine, Brindisi, Lecce e Taranto, e alla parte sud-orientale della provincia di Bari, le mappe della vocazionalità agronomica potenziale di numerose colture frutticole (tab. 1). Le mappe sono sostitutive dell’olivo, cioè non riferite all’intera area delimitata ma alle porzioni di territorio realmente occupate dall’olivo prima dell’arrivo della Xylella».

Tab. 1 - Superfici vocate per specie arboree sostitutrici dell'olivo nella arte del territorio delimitato per Xf Pauca ST53 finora occupato da olivo

Colture Superficie (ha)
Melograno 270.000
Carrubo 127.468
Nespolo del Giappone 116.885
Fico 104.000
Azzeruolo 75.047
Mandorlo 70.000
Fico d'India 47.329
Actinidia 43.000
Pistacchio 40.000
Avocado 23.885
Gelso bianco 14.648
Diospiro 8.156
Noce 6.238
Nocciolo 2.700
Fonte: Camposeo

La scelta delle specie è basata su tre criteri che in ordine gerarchico sono: la resistenza a fattori biotici e soprattutto l’immunità al ceppo ST53, la resistenza a fattori abiotici, favoriti dai cambiamenti climatici, e in particolare lo xerofitismo, cioè l’adattabilità a climi più aridi, e infine l’importanza alimentare e quindi economica e commerciale.

«Dapprima abbiamo definito le mappe di alcune specie frutticole “maggiori” o più importanti, dalle quali emerge che esistono ampie superfici vocate alla coltivazione di melograno e fico. Abbiamo considerato anche mandorlo e pistacchio, che sono piante specificate, cioè sensibili al ceppo ST53, perché hanno palesato un’infezione molto bassa di Xylella, con sintomi leggeri.

Successivamente abbiamo prodotto le mappe di alcune specie “minori”, cioè ancora poco diffuse in Puglia: avocado, diospiro o kaki, ficodindia, gelso bianco, noce e nespolo del Giappone. A questi abbiamo aggiunto due specie Nus, l’azzeruolo e il carrubo.

Per tutte queste specie le superfici coltivabili in sostituzione dell’olivo appaiono consistenti e sarebbero sicuramente più elevate se avessimo considerato l’intera area delimitata e non soltanto la porzione occupata dall’olivo. Quindi le colture citate possono tutte sostituire l’olivo, tenendo conto, ovviamente dei loro fabbisogni idrici e quindi irrigui e delle disponibilità irrigue presenti in Puglia, tema di cui si sta occupando, nell’ambito dello stesso studio, un altro gruppo di ricerca».

Leggi l'articolo completo su rivista di Frutticoltura n. 6/2024

Carrubo immune a Xylella

Per la sua vocazionalità agronomica potenziale non sorprende il carrubo, leguminosa arborea sempreverde e immune a X. fastidiosa subsp. pauca ST53, da tempo coltivata e apprezzata in Puglia, ha sottolineato Camposeo.

«Il carrubo è, come l’olivo, una risorsa per pianificare il futuro dei territori non solo del Salento ma dell’intera Puglia». È su queste fondamenta che Carmela Riccardi sta edificando l’attualità e gli orizzonti futuri dell’Azienda agricola Olère che conduce a Ostuni (Br): 13 ha che ospitano 2400 olivi, di cui 400 monumentali, e 60 carrubi ultracentenari. Dell’impegno profuso da alcuni anni per valorizzare la produzione offerta dai carrubi ha dato testimonianza nel primo seminario sulle colture frutticole alternative all’olivo.

xylella
Carmela Ricciardi ha puntato sulla valorizzazione produttiva di 60 carrubi ultracentenari

«Nel 1929 oltre 120mila ettari erano coltivati a carrubo in tutta l’Italia. Oggi la superficie è scesa a 5500 ha, dei quali il 98% in Sicilia. Nella Puglia centro-meridionale una valida soluzione per la riconversione delle aree olivicole infette in aree economicamente sostenibili può essere offerta dai carrubi, che sono facili da coltivare e nascondono tesori preziosi per l’alimentazione umana. Dalla trasformazione della polpa delle carrube otteniamo prodotti sani e genuini».

Nel percorso di valorizzazione del carrubo e dei suoi frutti l’Azienda agricola Olerè ha voluto investire anche in ricerca, diventando capofila del progetto biennale “Ce.si.r.a. (Ceratonia siliqua risorsa genetica autoctona da valorizzare): salvaguardia di biodiversità e ambiente, sviluppo di prodotti nutraceutici”. «Il progetto, finanziato dal Psr Puglia 2014-2020, ha unito aziende private e comunità scientifica per implementare processi innovativi di produzione e lavorazione della varietà “Amele” del carrubo, al fine di realizzare una maggiore produttività in termini quali quantitativi della coltura in Puglia, in particolare nelle province di Bari e Brindisi».

Ficodindia

Il ficodindia (Opuntia ficus-indica) si presta a sostituire l’olivo nell’area delimitata per Xylella? Per Paolo Inglese, ordinario di Coltivazioni arboree presso l’Università di Palermo, questa specie, oltre a essere naturalmente presente nel territorio salentino, anche se poco come coltura specializzata, ha il vantaggio di essere, dal punto di vista agronomico, una coltura multifunzionale.

"Ficodindia, filiera di nicchia che può puntare ad aprire nuovi sbocchi commerciali" di P. Inglese, A. Allegra, F. Gargano, G. Greco, G. Liguori, G. Sortino - Leggi l'articolo su rivista di Frutticoltura n. 6/2024 

xylella
Ficodindieto intensivo coltivato in Sicilia

Mango e avocado

Se il carrubo e il ficodindia possono essere definite, come altre prima citate, specie tradizionali per la Puglia, quali prospettive hanno le colture tropicali come sostitute dell’olivo? Per Vittorio Farina, ordinario di Arboricoltura generale e Coltivazioni arboree dell’Università di Palermo, il mango e l’avocado mostrano sia luci che ombre negli areali meridionali italiani e, in particolare, in quelli continentali. «È una constatazione che nasce dall’aver visto negli ultimi anni all’improvviso morire grossi impianti e scomparire realtà imprenditoriali che si erano avventurate nella coltivazione di frutta tropicale. Teoricamente i cambiamenti climatici in atto aprono nuove prospettive, ma solo la conoscenza attenta dei fruttiferi tropicali e dei territori in cui si interviene è la base per operare in maniera razionale».

Leggi l'articolo completo su rivista di Frutticoltura n. 6/2024

Avocado, carrubo, ficodindia al posto dell’olivo nelle aree colpite da Xylella - Ultima modifica: 2024-07-20T11:47:51+02:00 da Sara Vitali

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome