Da quasi 2 decenni il ciliegio dolce sta vivendo un successo che sembra inarrestabile. Il Simposio Internazionale del Ciliegio – pezzo forte della convegnistica in programma al Macfrut di quest’anno – è l’ennesima dimostrazione dell’interesse di tutti gli operatori delle filiere frutticole verso una delle poche specie in grado di offrire redditività anche in annate in cui altre – pero e pesco in primis – continuano ad accusare difficoltà e a registrare cali in tutte le loro statistiche.
L'Editoriale di rivista di Frutticoltura n.4/2022
Una felice combinazione di tanti fattori
Proprio mentre altre specie entravano in crisi, il ciliegio ha iniziato a cogliere i frutti di una felice combinazione di tanti fattori. La conquista dell’autofertilità, il miglioramento dei profili organolettici e di qualità apportato dalle nuove varietà, la disponibilità di portinnesti nanizzanti che ha permesso da una parte la diffusione della coltura ad areali meno vocati, e dall’altra l’adozione di forme di allevamento adatte a densità medio-alte, sarebbero già potute bastare a dare una significativa spinta propulsiva alla specie.
Invece, l’interesse globale che si è acceso sul ciliegio l’ha portato a un livello di innovazione tale da non essersi forse mai visto prima, per nessuna altra specie da frutto, in un arco di tempo così breve. A differenza del passato, ad esempio, la nascita di forme d’allevamento bi-dimensionali (es. UFO) è stata del tutto contemporanea a quelle del melo/pero (Planar Cordon, Guyot), uno sviluppo che non si era registrato nemmeno per il pesco che, nei suoi anni ruggenti, adottò la palmetta dalle pomacee. Ma anche gli sforzi della genetica per comprendere gli assetti genici di controllo dei caratteri dei frutti, condotta con gli approcci molecolari più recenti, testimoniano l’interesse suscitato da questa specie.
L’evoluzione delle forme verso sistemi bidimensionali, multiasse, sottende e risponde alla necessità di implementare soluzioni di cerasicoltura di precisione, prodromiche all’introduzione di robot, di soluzioni basate su intelligenza artificiale o, in attesa di quelle, di soluzioni di meccanizzazione forse più semplici, ma più prontamente adottabili, per la raccolta e la potatura.
Da specie “minore”, confinata a distretti oasistici fortemente vocati, si sta espandendo e ha ormai occupato areali ben maggiori, confrontandosi, e spesso riuscendo a superare, con problemi disparati, fra cui il superamento di mancato fabbisogno in freddo, il controllo del vigore, la difesa da danni da gelo, la protezione da fisiopatie (primo fra tutte il cracking, i cui meccanismi fisiologici si stanno rivelando assai più complessi di quanto finora ritenuto), la difesa da parassiti vecchi e nuovi. Anzi, proprio per meglio fronteggiare alcune di queste sfide, sono stati realizzati modelli di impianto fortemente innovativi, con impianti tecnologici ad automazione crescente. Forse le superfici “investibili” a ciliegio sono già state tutte messe a coltura? Quali sono le prospettive in quei paesi o areali che non godono di rendite di posizione? Certamente interrogativi come questi dovrebbero popolare i pensieri di chi ha a cuore questa specie e può indirizzarne la crescita attraverso un’oculata programmazione.
Il nostro Paese è al centro di questo successo. Lo stanno a dimostrare, oltre ai risultati del breeding italiano (es. la serie “Sweet” dell’Università di Bologna), i sistemi di difesa, l’aumento delle densità di piantagione, l’adozione di nuove tecniche di gestione del ceraseto, la valorizzazione del profilo nutraceutico e salutistico dei frutti, fino allo sviluppo e implementazione di tecnologie di cernita automatizzata che pongono l’industria italiana ai primissimi posti al mondo. È noto come la Regione Emilia-Romagna detenga una significativa leadership a livello europeo dei prodotti certificati Dop e Igp, e il ciliegio fa certamente la sua parte: con il 75% di ciliegie marchiate Igp, Vignola si colloca in cima alla lista dei prodotti agroalimentari di qualità, certificata e garantita, con positive ricadute sulla redditività dei produttori.
Mai adagiarsi sugli allori
Naturalmente, il rischio è anche quello di sedersi sugli allori, di dare per scontato un successo che è stato – finora – il risultato di innovazione e integrazione di molti fattori, perseguiti con grande determinazione e operosità. I segnali cui prestare attenzione sono già visibili e non da oggi. Esserne consapevoli è il primo passo per affrontarli nel migliore dei modi.