Clementine, si lavora su qualità del prodotto e ampliamento dei calendari

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Pianta di Loretina, varietà interessante per produzione e pezzatura
La crisi commerciale che questa specie sta subendo va affrontata in maniera organica, sia con interventi strutturali per favorire la riconversione varietale verso prodotti “premium”, sia attraverso nuovi accordi di filiera e di rapporto con la distribuzione

Dai dati statistici emerge una flessione nelle superfici coltivate ad agrumi attribuibile a problematiche fitosanitarie (Tristeza) e al lento rinnovamento dei campi ormai tecnicamente obsoleti; l’introduzione di nuovi portinnesti e varietà ha contribuito ad innalzare le rese unitarie. Alla minore superficie non è infatti corrisposta un’analoga minore produzione, anzi questa è rimasta invariata se non aumentata e, laddove inferiore, ciò è dovuto soprattutto ad avverse condizioni ambientali.

Il clementine italiano

Per il clementine le nuove introduzioni varietali proposte negli ultimi anni sono poche e non hanno avuto una larga diffusione per aspetti agronomici o legati alla qualità dei frutti. Per cercare di capire lo stato che attraversa questa coltura, anche per calibrare al meglio gli interventi tecnici da applicare, bisogna leggere alcuni dati economici.

Il clementine paga un prezzo maggiore rispetto alle altre specie di agrumi per quanto riguarda i costi di produzione, legati principalmente alla maggiore esigenza di manodopera, tanto nelle tecniche di coltivazione (potatura), quanto nelle operazioni di raccolta che incidono in maniera importante sul costo finale. Su questo aspetto bisogna soffermarsi in quanto, spesso, le produzioni di questa specie sono limitate proprio dalla insufficiente disponibilità di manodopera, per di più con costi che incidono notevolmente su quello finale.

La produzione nell’ultimo decennio è aumentata nonostante una minore superficie, a testimonianza del fatto che a livello produttivo le rese sono incrementate. Non sempre la maggiore resa per ettaro ha dato dei vantaggi in termini di qualità che, nonostante i tanti discorsi e propositi, si identifica sempre nella pezzatura. Un certo sviluppo si è avuto anche nel comparto del clementine biologico, però non sempre i risultati lo hanno reso più competitivo rispetto al prodotto proveniente da agricoltura integrata. Tutto questo si riversa sul prezzo finale riconosciuto al produttore, che ormai da circa 10 anni è invariato, ma con costi di produzione che sono aumentati (Ismea, 2023).

Queste valutazioni economiche possono sembrare superflue, ma sono la premessa per capire quali innovazioni tecniche e varietali si devono introdurre per superare la fase di crisi che il clementine sta attraversando.

Per gli assetti varietali un aspetto di notevole importanza sono i cambiamenti climatici, che se a livello produttivo non incidono viste le maggiori rese che si ottengono, d’altro canto assumono un ruolo fondamentale nel calendario di produzione. Difatti, la finestra precoce del mese di ottobre è sempre meno interessante in quanto i volumi di consumo in questa fase sono in diminuzione. Questo è da ricondurre alle elevate temperature nei mesi di ottobre e novembre, che condizionano il consumo di agrumi, abitualmente associato al clima invernale.

A questo bisogna aggiungere la presenza di frutti alternativi che negli ultimi anni si sono diffusi (kaki e melograno) che competono con le prime produzioni di agrumi a frutto piccolo, ivi comprese i clementine. Da un punto di vista tecnico, le varietà introdotte nella fase precoce non hanno pienamente soddisfatto tanto per aspetti agronomici, quanto per quelli commerciali, per cui questa fase di produzione non si è ricavata lo spazio che si pensava potesse occupare.

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Particolare della produzione di Caffin su P. trifoliata “Flying Dragon”

Le innovazioni varietali

Il clementine fa parte di un più ampio gruppo commerciale che è quello degli agrumi a frutto piccolo, a cui afferiscono specie (clementine, mandarino, satsuma) e loro ibridi caratterizzati da alcuni aspetti come il piccolo calibro, la sbucciabilità e l’apirenia (anche se non sempre completa). Il Clementine Comune, che direttamente o indirettamente è la varietà capostipite di tutte le altre precoci e tardive oggi disponibili, è tuttora il punto riferimento, quasi inarrivabile per gli aspetti organolettici, ma con problemi di conservabilità sulla pianta e senescenza della buccia, che ne determinano un deprezzamento commerciale riducendone il periodo commerciale.

Il comportamento varietale delle nuove introduzioni negli areali continentali del Sud Italia non è sempre costante rispetto a quelli di origine. Circa 20 anni fa sono state introdotte mutazioni di Oronules, come Clemenrubì, Basol, Prenules e Orogros (quest’ultima di recente introduzione e ancora in valutazione), che sono quelle maggiormente diffuse e selezionate in Spagna dalla fine degli anni 90’; se hanno fatto sperare in risultati interessanti per la precocità di maturazione, hanno manifestato una serie di problematiche fisiologiche (gemme multiple) che limitano la vita delle piante, ma anche problemi di produttività quantitativa e, in alcune annate, anche qualitativa. Via via negli anni sono state abbandonate lasciando scoperta una fase precoce che se commercialmente presenta le problematiche già espresse, d’altro canto riconosce buoni prezzi di vendita.

Delle varietà spagnole introdotte l’unica che ha dato risultati produttivi interessanti è Loretina, con frutti di colore arancio intenso, molto attraente, buccia con ghiandole oleifere prominenti, facile sbucciabilità, buona pezzatura, ma sapore medio; è inoltre molto sensibile alla mosca della frutta che con gli andamenti climatici degli ultimi anni è diventato un problema rilevante.

Di pari epoca è Caffin, con frutto a buccia leggermente rugosa, di colore arancio intenso e buon sapore; la produttività media migliora su portinnesti come Citrus macrophylla e Poncirus trifoliata. A seguire si raccoglie il Clementine Spinoso, anche questo di media produttività, con frutti di forma schiacciata, presenza di cicatrice stilare piccola e leggermente aperta, che sono punto di ingresso di patogeni; la buccia è di colore arancio, la polpa è mediamente succosa; buona la pezzatura; è molto sensibile alla mosca. Dopo circa 4-5 giorni si raccoglie il Clementine SRA 89: buona la produttività, allegagione elevata per cui vanno limitati gli interventi alleganti altrimenti la pezzatura sarebbe penalizzata; la pianta entra precocemente in produzione; anche questa varietà presenta gemme multiple che, comunque, consentono l’accrescimento della pianta e una vita maggiore rispetto ai cloni spagnoli. Simili per caratteristiche vegeto-produttive è Corsica 2, che si raccoglie dalla III decade di ottobre in avanti.

A seguire nel calendario di raccolta appare Clementine Comune che, come detto, resta il riferimento per gli aspetti produttivi e qualitativi, onde per cui per le altre cv di pari epoca non c’è interesse, anche perché la diffusione del Comune tra le regioni Calabria, Basilicata e Puglia è notevole e il periodo commerciale va da inizio a ottobre fino a gennaio; l’ampio periodo produttivo e mercantile rende poco interessanti i nuovi cloni di pari epoca. La fase tardiva resta interessante da un punto di vista commerciale, però non sono tante le varietà disponibili; fra quelle introdotte da oltre 30 anni, quella che ha dato i migliori risultati sono Hernandina e, in alcuni areali, Nour.

Il Clementine Rubino, con fruttificazione costante, frutti di colore arancio, polpa fine e deliquescente, ha mostrato problemi di pezzatura e un’insufficiente tardività di maturazione, che si accavalla con le produzioni finali di Clementine Comune. Hernandina, con frutti di colore arancio, rimane verde pallido all’apice, presenta qualche seme, si può raccogliere fino a gennaio-metà febbraio, ma tende ad alternare. Di pari epoca è il Clementine Nour, con frutti di colorazione arancio intenso, pezzatura e sbucciabilità medie, buon sapore, pochi semi, talora assenti; le piante presentano frutti malformati, la cui incidenza diminuisce con l’avanzare dell’età delle piante.

Un’altra varietà tardiva introdotta, ma che non ha avuto molta diffusione è il Clementine Tardivo. Sempre in questa fase è stato introdotto anche Clemenverd, ottenuta per irradiazione di Clemenules, con maturazione a partire da metà gennaio e ritardata colorazione della buccia; é ancora da valutare il comportamento nei vari areali di coltivazione. Tra i nuovi cloni selezionati negli ultimi anni si cita Clementine Sanzo o Perrina, mutazione di Clementine Comune ottenuta in Calabria che si raccoglie a fine gennaio; distribuita in modalità Club, bisogna valutarne appieno il comportamento. Sono in osservazione in programmi di miglioramento genetico nuovi genotipi per completare al meglio l’offerta a tutto il mese di gennaio, fino alla prima decade di febbraio. Dopo questa fase il mercato è coperto con varietà di mandarino apirene, che alle prime osservazioni di campo hanno manifestato performance produttive positive e stanno già riscontrando successo sui mercati.

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Frutti di Clementine Nour

La situazione commerciale

L’offerta del clementine, anche se negli ultimi decenni si è ampliata con l’introduzione di varietà precoci e tardive, è sempre rappresentata dalla produzione del Clementine Comune, che si concentra nel periodo novembre-dicembre; ciò spesso determina un surplus di offerta che si ripercuote sul prezzo di vendita del prodotto e quindi sulla remunerazione dei frutticoltori. La situazione di mercato cambia a gennaio quando l’offerta diminuisce, condizione che consente di spuntare prezzi di mercato superiori. Questo stato di crisi è riconducibile a fattori strutturali, ma non solo; anche se negli ultimi anni si è registrata una diminuzione di superficie, le quantità disponibili restano elevate; c’è poi l’approccio dei consumatori che talora danno la preferenza ad altri agrumi come le arance, bionde o pigmentate.

I cambiamenti del clima non hanno aiutato la collocazione di agrumi nella fase precocissima, data la minore richiesta e la presenza sul mercato sia di altra frutta competitor, sia di prodotti agrumicoli di altri Paesi. A questo si aggiunge la ridotta durata delle caratteristiche qualitative ottimali da parte del clementine, che si deteriora più facilmente e quindi perde le sue caratteristiche commerciali minime per essere collocato sui mercati.

Il parametro di qualità considerato dal mercato, per il riconoscimento del prezzo migliore, resta sempre la pezzatura, per cui quando si ha una produzione medio-piccola, come avvenuto nel 2023, si hanno difficoltà di collocamento sui mercati. A questo bisogna aggiungere l’assenza di difetti della buccia, che è uno standard difficile da garantire per il prodotto biologico o a residuo zero. Inoltre, un dato da considerare è l’esigenza di manodopera nella fase di raccolta che comporta problematiche tanto nel reperimento della stessa, quanto nei costi di produzione che aumentano.

Si potrebbero effettuare degli interventi strutturali per favorire introduzioni varietali che colgano al meglio le esigenze dei mercati e della produzione, ma come detto in precedenza per il clementine le innovazioni proposte sono poche e comunque le nuove fanno riferimento a tipologie come il mandarino che presentano caratteri simili, ma non identici a quelli del clementine.

Le priorità del settore

Gli interventi correttivi per il settore del clementine devono essere organici, devono favorire la qualità non solo secondo i canoni tradizionali, ma anche con le produzioni ecocompatibili, ormai richieste dal mercato e soprattutto favorite dalle politiche europee volte alla sostenibilità del sistema agricolo. Nella stessa direzione vanno le Igp. Dai dati Ismea (2023) si evince che nonostante siano state concesse le due Igp “Clementine di Calabria” e “Clementine del Golfo di Taranto”, l’incidenza delle vendite a marchio di qualità territoriale è minima rispetto alla produzione totale, anche se bisogna riconoscere che il “Clementine di Calabria” ha avuto negli ultimi anni un incremento importante, tanto da collocarsi come volumi dietro all’”Arancia Rossa di Sicilia” Igp. Per il “Clementine del Golfo di Taranto” i quantitativi commercializzati a marchio sono irrisori. A questo si aggiunge anche la concorrenza delle “private label” delle catene distributive che privilegiano i loro marchi rispetto ad altri.

Tra i punti di debolezza vi è anche la scarsa aggregazione dell’offerta, contro con una domanda che è fortemente concentrata nelle mani della Gdo (Grande distribuzione organizzata). Anche le produzioni organizzate attraverso attori intermedi della filiera come le Organizzazioni di Produttori o le strutture cooperative non riescono ancora ad essere competitive nel difficile rapporto con la Gd. Le Op dovrebbero programmare le produzioni cercando di offrire un prodotto di qualità, stipulando accordi di filiera, privilegiano la politica del prodotto premium piuttosto che quella del prodotto commodity.

Questi vantaggi si possono essere raggiunti se si ha a disposizione un prodotto innovativo, con privative di coltivazione e commercializzazione (varietà club), come si sta cercando di fare con le nuove varietà selezionate. Infine, non si può tacere come manchi una equa distribuzione del valore lungo la filiera produttiva; si auspica a questo fine un attento controllo dei prezzi di vendita al dettaglio, che spesso risultano anche 7-8 volte superiori a quelli riconosciuti al produttore, a cui se non verrà assicurato un margine adeguato di guadagno difficilmente potrà continuare la propria attività, con implicazioni socio-economiche rilevanti.


Le superfici ad agrumi in Italia

In Italia le superfici agrumicole si attestano intorno ai 143.000 ha, con una diminuzione nell’ultimo decennio di circa il 6%. L’arancio è la specie più coltivata, con circa 83.000 ha, seguito dal limone (poco meno di 26.000 ha), che registra una diminuzione dell’1,5% e dal clementine che si attesta a circa 25.000 ha con una flessione di circa il 6%. Il mandarino ha visto una diminuzione delle superfici di oltre il 17%. Per la prima volta il limone supera in termini di superficie il clementine.

Di contro, a livello produttivo, nel comparto si è registrato un incremento di oltre il 7%, dato che si ripete per quasi tutte le specie, con punte di circa il 20% per limone e clementine; il mandarino conferma lo stato di regressione perde in termini produttivi oltre il 7%. Rispetto alle rese unitarie è stato registrato un incremento per il clementine di circa il 27%.

La Calabria, con oltre 16.000 ha, è la regione in cui è maggiormente coltivato il clementine, con circa i 2/3 del totale nazionale; seguono Puglia, con circa 5.600 ha, Sicilia e Basilicata. Il comprensorio ricadente nel Golfo di Taranto, dalla provincia di Lecce fino alla provincia di Cosenza, è l’areale più importante per la produzione di clementine (si coltiva oltre il 90%), con un calendario di maturazione che parte dagli inizi di ottobre e si conclude a fine gennaio.

Superfici, produzioni, rese del clementine in Italia nel decennio 2014-23 (dati Istat)
Specie 2014 2023
Superficie (ha) Produzione (q) Resa (q/ha) Superficie (ha) Produzione (q) Resa (q/ha)
Totale 152978 28614196 187 143406 30742937 214,38
Arancio 88784 17436996 196 82938 17791181 214,51
  Mandarino 9451 1374613 145 8002 1310863 163,82
  Clementine 26417 5472177 207 24859 6519754 262,27
  Limoni e lime 26145 3986170 152 25735 4784399 185,91
Altri agrumi 2178 511480 235 1872,00 336740 179,88
  Pompelmo 327 78550 240 301 54700 181,73
  Bergamotto 1800 423000 235 1500 270000 180,00
  Cedro 45 9450 210 65 11500 176,92
  Chinotto 6 480 80 6 540 90,00

 

Clementine, si lavora su qualità del prodotto e ampliamento dei calendari - Ultima modifica: 2024-01-30T17:23:17+01:00 da K4

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