Agrumicoltura italiana in ristrutturazione

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L'agrumicoltura italiana va verso nuove varietà apprezzate dal consumatore, con un ampliamento del calendario commerciale, con nuovi modelli produttivi e organizzativi, sempre più attenti alla sostenibilità. Elementi essenziali per un cambio di passo del settore

Il significato strategico degli agrumi nello scenario mondiale, caratterizzato da un profondo dinamismo geografico delle superfici coltivate, è alimentato dalla nascita di coltivazioni in nuove aree in seguito ai cambiamenti climatici in atto e alle innovazioni di prodotto e di processo oggi disponibili. I diversi Paesi sono stati protagonisti di un percorso di cambiamento del loro ruolo, avvenuto nel tempo, grazie al crescente sviluppo del comparto registrato negli anni Cinquanta in alcune aree del mondo quali l’America latina, l’Asia e l’Africa del Nord. Tale fenomeno, se da un lato ha generato un trend espansivo delle superfici in alcuni Paesi (Egitto, Marocco, Sud Africa, Cina), dall’altro ha visto una contrazione della coltivazione in altre aree tradizionalmente rilevanti per la loro posizione (Spagna, Italia, Usa, Brasile). Lo testimoniano i dati della tabella sottostante, nella quale sono riportate le dinamiche delle superfici per principali Paesi produttori di agrumi nel mondo nell’ultimo decennio.

I dati relativi all’analisi delle superfici per specie nel mondo, riguardanti l’ultimo ventennio, evidenziano come gli agrumi nel loro complesso risultino coltivati nel 2020 su una superficie di 9,7 milioni di ha con una crescita del 36% rispetto agli anni 2000, pur rilevando un maggiore sviluppo per limoni (+69%), clementine e mandarini (+84%) e un decremento per le arance (+6%).

Passando ad analizzare il volume complessivo degli agrumi prodotti a livello mondiale nel periodo 2000-20, considerando il dato medio quadriennale per destagionalizzare le produzioni annuali che caratterizzano le colture arboree, è stata registrata una quantità di 144 milioni di t, con una crescita del 39% rispetto a un ventennio fa, dove le arance (74,6 milioni di t) rappresentano quasi il 52% della produzione di agrumi, i piccoli frutti (mandarini, clementine, tangerini) circa il 25% con 35,9 milioni di t, mentre i limoni e le lime il 13,7 % con 19,6 milioni di t e le altre specie con 13,9 milioni di t.

Evoluzione delle superfici (ha) coltivate ad agrumi nel mondo
PAESI 2010 2020 Var %
EUROPA 568.669 516.734 -9
Italia 170.063 146.587 -15
Grecia 54.293 45.450 -16
Spagna 317.312 295.340 -7
AFRICA 1.536.904 1.803.330 17
Egitto 156.958 184.399 17
Marocco 97.619 134.017 37
Sud Africa 58.392 74.210 27
AMERICA 2.371.092 2.248.743 -5
USA 303.636 251.403 -17
Brazile 893.045 686.673 -23
Messico 544.913 626.373 15
ASIA 4.245.556 5.128.244 21
India 989.900 1.054.000 0
Cina 2.172.832 2.905.759 34
OCEANIA 29.984 31.181 4
Australia 25.799 26.555 3
MONDO 8.752.205 9.728.232 11
Fonte: Faostat, varie annate

Italia ridimensionata

In tale contesto, l’Italia nel periodo considerato ha ridimensionato il suo peso relativo a livello mondiale, con un apporto alla produzione che varia dal 2,9% nel 1997-2000 ad appena il 2,0% nell’ultimo quadriennio analizzato (2017-20). Lo scenario delineato è stato costruito con i dati Fao a livello mondiale e con i dati Istat a livello nazionale, la cui affidabilità non sempre si ritiene elevata essendo essa correlata all’efficienza dei servizi statistici dei singoli Paesi, i quali in alcuni casi presentano dati che appaiono contrastanti. Ciononostante, il trend del fenomeno non dovrebbe essere inficiato significativamente, poiché eventuali errori possono considerarsi sistematici sul piano temporale e in grado di analizzare le tendenze evolutive generali.

La struttura, l’organizzazione e l’efficienza della filiera agrumaria nei diversi Paesi può dedursi dalla destinazione della produzione. Per quest’ultima è possibile avvalersi unicamente di dati generali approssimativi relativi al periodo più recente (2017-2020), non disponibili fra l’altro per l’intero novero dei Paesi produttori di agrumi, ad ogni modo esplicativi delle diversità esistenti fra le diverse nazioni. Vi sono Paesi nei quali il mercato interno assume notevole rilievo, con assorbimento di aliquote prossime o superiori al 40% (Italia, Turchia, Tunisia, Argentina), altri Paesi nei quali l’esportazione è prevalente (Spagna, Marocco, Egitto, Sud Africa), altri ancora in cui assolve un ruolo fondamentale e significativo l’industria dei derivati (Brasile, Usa, Argentina, Italia).

Trattasi di realtà sedimentate nel tempo, in rapporto alle caratteristiche strutturali delle locali agrumicolture e alle scelte strategiche delle corrispondenti politiche economico-agrarie di settore, che si stanno evolvendo sotto la spinta di svariati fattori socio-economici, tecnologici e politici. Basti pensare all’agrumicoltura italiana sempre più orientata alle produzioni di qualità, fra le quali spiccano quelle Igp, Dop e biologiche (Arancia Rossa di Sicilia Igp, Clementine di Calabria Igp, Clementine del Golfo di Taranto Igp, Limone di Siracusa Igp, Limone Interdonato di Messina, Limone dell’Etna Igp, Limoni di Rocca Imperiale Igp, Arance e Limoni del Gargano Igp, Limone Costa D’Amalfi Igp, Limone di Sorrento Igp, Cedreo di Santa Maria del Cedro Dop, Bergamotto di Reggio-Calabria Dopo e Arance di Ribera Dop). Queste sono indirizzate verso produzioni sostenibili e salutistiche, legate al territorio, elementi richiesti dal consumatore moderno che lega l’alimentazione al proprio stile di vita.

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Analizzando le superfici e le produzioni italiane nell'ultimo ventennio, si osserva rispettivamente una contrazione del 17% e del 5% fenomeno derivante sia dalla diffusione del CTV sia dalla crisi economica. Guardando ai prezzi, invece, nel decennio 2010-2020 si osserva un progressivo ampliamento della forbice fra il prezzo al consumo e quello al produttore

Il commercio internazionale

Dai dati sopra riportati si evince come la produzione agrumicola alimenti un commercio internazionale, in termini di frutto fresco e derivati (essenze e succhi in particolare), dal valore economico di estremo rilievo. Analizzando i volumi delle esportazioni del frutto fresco delle principali specie e dei relativi valori, si ottiene un quadro articolato delle dinamiche presentatesi nell’ultimo ventennio.

Per le arance la Spagna rappresenta il più importante Paese esportatore con un ruolo crescente, dal 1997-2000 al 2017-20, dell’Egitto, del Sud Africa e della Turchia. A margine spicca l’Olanda, che si inserisce fra i Paesi esportatori di arance pur non avendo alcuna produzione propria. Essa, come conseguenza dei cosiddetti fenomeni di triangolazione commerciale, opera attraverso processi di importazione e successiva esportazione. Tuttavia, nel novero dei diversi Paesi produttori di arance, sia per distanza dai nostri confini che per interesse al nostro mercato, è l’Egitto il Paese con la maggiore crescita nell’ultimo ventennio passando da 100 a 1.223 mila t con un valore delle esportazioni che ha riportato un trend proporzionale. Per l’Italia le esportazioni in termini assoluti assumono un significato marginale rispetto a quelle spagnole, tuttavia emerge una crescita in volume e in valore che mette in luce un rinnovato interesse per le nostre produzioni agrumicole aventi un valore unitario crescente.

Per limoni e lime a livello mondiale è il Messico che occupa il primo posto, pur interessando mercati di destinazione diversi da quelli occidentali e tanto da scavalcare la Spagna. Quest’ultima rappresenta sempre il riferimento per il mercato dell’Ue con 692 mila t. A livello mondiale, pur facendo riferimento a periodi di raccolta diversi a causa della loro ubicazione nell’emisfero opposto, il Sudafrica e l’Argentina assumono un ruolo determinante nell’offerta di prodotto in Europa nel periodo giugno-ottobre. Nel mercato occidentale è crescente il ruolo della Turchia con un volume di esportazioni di 508 mila t e una crescita del 271% nell’ultimo ventennio. L’Italia in questo contesto assume un significato marginale con i suoi volumi esportativi di appena 48 mila t, pur constatando una crescita del 60% nell’ultimo ventennio in volume ed un aumento in valore del 120%. Dati che confermano il trend positivo, con particolare riferimento al maggiore valore unitario assunto nel tempo dalle produzioni italiane esportate, passando come valore medio da 0,60 a 1,70 euro correnti nell’ultimo periodo.

Per i piccoli frutti, posizione dominante continua ad assumerla la Spagna con 1,3 mln di t, pur rilevando una contrazione delle esportazioni nell’ultimo decennio. Tale fenomeno deriva anche dalla crescita delle esportazioni della Turchia con 764 mila t e del Marocco con 496 mila t. In Italia, nell’arco di tempo preso in esame, l’aumento relativo dei valori quantitativi è di appena il 35% con una quantità di circa 73 mila t. Il valore crescente nel tempo delle produzioni esportate viene confermato da quelle italiane che sono cresciute del 138%, affermando la qualità ed il riconoscimento delle nostre produzioni agrumicole.

Bilancia commerciale negativa

Al fine di fornire un quadro completo delle dinamiche commerciali, sono state analizzate anche le importazioni in Italia per singolo gruppo di agrumi nell’ultimo ventennio. Nel suo complesso è stato registrato un aumento del 103% degli agrumi importati, con un trend in crescita sia in volume che in valore. Per le arance osserviamo una crescita delle quantità del 149% con 202 mila t ed un valore delle importazioni di 155 milioni di euro con una crescita del 237%. Per i limoni i valori sono nettamente inferiori rispetto alle arance con una quantità pari a 127 mila t e una crescita del 112% nell’ultimo ventennio. Infine, i piccoli frutti, che comprendono clementine e mandarini, hanno riportato una crescita di appena il 39% con una quantità di 89 mila t.

Nel complesso la bilancia commerciale per gli agrumi italiani è fortemente negativa, per quantità e valore, in quanto sulla base dei dati sopra riportati le importazioni sono maggiori delle esportazioni con un disavanzo pari a 184 mila t ed a 141 milioni di euro.

Analizzando le superfici e le produzioni italiane di agrumi nell’ultimo ventennio si osserva nel 2020, rispettivamente, una contrazione del 17% con 146.587 ha ed una del 5% della produzione con 2.902 mila t, fenomeno derivante sia dalla diffusione del Citrus Tristeza Virus che dalla crisi economica che ha colpito il comparto agrumicolo nell’ultimo ventennio. La struttura attuale dell’agrumicoltura per specie e per regione conferma la Sicilia quale principale regione produttrice di agrumi per tutte le specie, ad eccezione delle clementine concentrate prevalentemente in Calabria e Puglia.

Dinamica delle superfici (ha) mondiali e italiane di agrumi 
Specie 2000 2010 2020
Mondo  Italia Mondo  Italia Mondo  Italia
Arance  3.671.945 106.652 4.178.664 103.313 3.884.586 84.777
Limoni
e lime
   789.035 34.634 1.038.840 28.854 1.330.603 25.990
Piccoli frutti 1.657.978 34.704 2.190.274 36.363 3.047.850 34.240
Altre 1.053.468 1.507 1.344.427 1.533 1.465.193 1.580
TOTALE  7.172.426 177.497 8.752.205 170.063 9.728.232 146.587
Nota: piccoli frutti = mandarini, clementini e tangerini. Fonte: Faostat, varie annate

 

Dinamica della produzione (.000 t) mondiale e italiana di agrumi 
Specie 2000 2010 2020
Mondo  Italia Mondo  Italia Mondo  Italia
Arance 63.293 1.681    68.002 2.377 74.576 1.659
Limoni e lime 10.382 548    13.925 535 19.699 440
Piccoli frutti 18.350 502    21.175 655 35.991 776
Altre 11.418 20    17.937 31 13.987 27
TOTALE 103.443  2.751     121.039 3.598 144.253 2.902
Fonte: Faostat, varie annate

 

Filiere complesse

Al fine di fornire delle indicazioni sulle tendenze e sull’organizzazione del mercato è stata messa in luce la struttura complessa e articolata della filiera agrumicola. Accanto al tradizionale rapporto produttore-commerciante, caratterizzato da figure intermedie che molte volte si duplicano nei diversi passaggi della catena di approvvigionamento, si collocano anche diverse tipologie di imprese. Quelle industriali, che acquistano direttamente dai produttori gli agrumi per processarli; quelle associative di produttori che disimpegnano per conto e nell’interesse dei soci; e di recente anche gli stessi produttori che curano in proprio le funzioni di “farmer’s market”.
Tuttavia, la complessa struttura della filiera agrumicola ha comportato nel tempo un aumento del differenziale fra il prezzo pagato dal consumatore e quello ricevuto dal produttore, registrando un ampliamento della forbice. Tutto ciò deriva sia dall’aumento dei servizi di mercato incorporati nel prodotto offerto al consumo (migliori standard qualitativi, imballaggi più idonei, confezioni personalizzate ecc.), sia dal ruolo importante delle caratteristiche strutturali dei circuiti distributivi (con notevoli incrementi di valore nei singoli passaggi), sia dal forte potere contrattuale della Gdo che, in un mercato aperto e con offerta di agrumi eccedente il consumo, impone prezzi e condizioni contrattuali tali da determinare quotazioni molte volte poco remunerative per i produttori.

Questo fenomeno è dimostrato dal trend dei prezzi medi nel decennio 2010-20 di arance, limoni e clementine, rilevato nelle tre fasi di mercato (origine, ingrosso e dettaglio). Il livello assoluto dei prezzi deve ritenersi solo largamente indicativo, dato che è l’espressione di momenti fortemente variabili durante la stessa annata, con quotazioni differenti per le diverse cultivar o ibridi racchiusi nel medesimo gruppo.

Quello che, tuttavia, colpisce è il differenziale che si osserva fra il prezzo al consumo e quello al produttore per la stessa tipologia di agrumi. Questo fenomeno può ricondursi anche alla scarsa efficienza dei circuiti commerciali della filiera agrumicola, nonché alle attività di negoziazione e servizi, che non possono giustificare, in un mercato efficiente, prezzi al produttore agrumicolo pari al 15% di quello pagato dal consumatore finale.

Ristrutturazione radicale

Nel complesso, si rileva una tendenza evolutiva dell’agrumicoltura a livello mondiale, con crescita delle superfici e degli scambi internazionali. Invece, in Italia si assiste ad una tendenza che sta portando nel tempo ad una ristrutturazione radicale dell’agrumicoltura verso nuove varietà apprezzate dal consumatore, con un ampliamento del calendario commerciale, con nuovi modelli produttivi e organizzativi, sempre più attenti alla sostenibilità. Tali elementi sembrano essere stati apprezzati sia dai mercati esteri, con una crescita delle esportazioni, negli ultimi anni, per quantità e per valore delle merci ad essi destinate, sia dai mercati di tradizionale destinazione. Ciò potrebbe rappresentare a pieno titolo il punto di partenza per una possibile rinascita dell’agrumicoltura italiana quale punta d’eccellenza mondiale.

Agrumicoltura italiana in ristrutturazione - Ultima modifica: 2023-01-25T10:33:48+01:00 da K4

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