La frutticoltura italiana deve guardare avanti

frutticoltura italiana
Gli obiettivi prioritari che il mondo ortofrutticolo italiano deve darsi sono: protezione dei frutteti con mezzi di difesa attiva, robotica per innovare le fasi produttive, nuove biotecnologie per affrontare i problemi biotici e abiotici. Basilare sarà l’impegno delle Istituzioni europee e la forza propulsiva del mondo produttivo organizzato nel promuoverle e sostenerle rapidamente

Un recente convegno organizzato dall’Accademia Nazionale di Agricoltura di Bologna (“Fruit Valley, guardiamo avanti”) è stata un’importante occasione per analizzare lo stato attuale della frutticoltura italiana e metterne in risalto i punti deboli, ma anche gli spunti per affrontare il prossimo futuro.

Inevitabile partire dai dati: la consistenza delle colture frutticole ha evidenziato un forte calo nell’ultimo ventennio e una decisa perdita di valore produttivo; pesco e pero, soprattutto in Emilia-Romagna, sono le specie che più hanno sofferto in termini di ridimensionamento, solo parzialmente compensate dalla stabilità o dall’incremento delle superfici investite a ciliegio, actinidia, albicocco e melo.

Il convegno aveva lo scopo di far incontrare il mondo accademico con quello operativo; dalla voce dei numerosi “addetti ai lavori” presenti sono emerse considerazioni sui cambiamenti che ha vissuto l’ortofrutticoltura italiana negli ultimi decenni, cambiamenti sempre più rapidi, talora imprevedibili, che tuttavia sono stati meno dirompenti all’interno del mondo associativo, ribadendo quindi l’importanza di organizzarsi in OP, rafforzandone il ruolo strategico per bilanciare lo strapotere del mercato. Non sono mancate critiche sulla politica comunitaria e su quella che legifera senza valutare appieno le conseguenze che ricadono sul mondo produttivo. Puntuali le analisi del mondo cooperativo: è stato ribadito che in Europa siamo ora secondi alla Spagna per diverse tipologie di frutta estiva, a cominciare da pesche e nettarine. La progressiva meridionalizzazione italiana delle pesche, soprattutto a maturazione precoce, affiancata ad un rilancio delle produzioni medio-tardive nel Centro-Nord, legata soprattutto a nuove tipologie varietali distribuite in formula di club, lascia prevedere un riposizionamento in avanti dell’offerta peschicola italiana, purchè si rimetta in primo piano la qualità dell’offerta.

La crescita del settore dell’actinidia appare un altro punto di forza della frutticoltura italiana; nonostante le avversità che l’hanno colpita e tuttora ne decurtano la produttività, appaiono buone le prospettive per il settore; buone le aspettative riposte nelle nuove varietà che entreranno sul mercato. Due considerazioni meritano attenzione: il “ricambio generazionale, “da affrontare per gestire il cambiamento”, e il reperimento/costo della manodopera. Ricerca, collaborazione pubblico/privato, innovazione e imprenditorialità saranno le prossime sfide da affrontate congiuntamente, non senza l’apporto della ricerca, da un lato, e delle Istituzioni dall’altro.

Molti gli spunti arrivati dal mondo della ricerca e sperimentazione; tanti i problemi da affrontare, ma anche le iniziative avviate per risolvere le criticità: dalle difficoltà della pericoltura emiliano-romagnola, ormai croniche, ma imprescindibili per un comparto così strategico in Italia, oggi riunite nell’attività della Aop UnaPera, alle possibili innovazioni introducibili grazie alla Frutticoltura 4.0, altrimenti detta “di precisione”. Dovremo familiarizzare con i concetti o le innovazioni proposte da agrivoltaico, robotica, sistemi di visione artificiale per la raccolta meccanica, fino alla selezione della qualità dei frutti direttamente in campo.

Chi si occupa prioritariamente di internazionalizzazione del sistema frutticolo italiano, non ha mancato di rilevare che l’Italia non è più il primo Paese produttore di ortofrutta in Europa; le pesche sono diventate l’emblema dei nostri limiti e delle scelte errate fatte in passato. Per competere in Europa le nostre aziende debbono essere di dimensioni adeguate, come in Spagna, che oggi produce in aziende di grandi dimensioni (da 50 a 1.000ha). Necessario anche riconsiderare la fiscalità sui costi della manodopera, al pari di quanto fatto in Spagna e in Grecia o, in Italia, nelle regioni a statuto speciale che hanno una tassazione sulla manodopera inferiore del 25% rispetto ad altri territori. Non si possono accettare velocità diverse su questi temi.

Le conclusioni del convegno organizzato da Ana hanno messo in luce gli obiettivi priori-tari che il mondo ortofrutticolo italiano deve darsi. Protezione dei frutteti contro le avversità fito-sanitarie e climatiche, robotica per innovare le fasi produttive, nuove biotecnologie per affrontare i problemi biotici e abiotici in un’epoca in cui il Green Deal impone la riduzione di tutto ciò che è chimicamente derivato. Una grande transizione, una grande sfida, con molti aspetti problematici, ma tanti anche positivi da cui ripartire. Basilare sarà l’impegno delle Istituzioni europee e la forza propulsiva del mondo produttivo organizzato nel promuoverle e sostenerle rapidamente.

La frutticoltura italiana deve guardare avanti - Ultima modifica: 2025-01-16T10:30:41+01:00 da Sara Vitali

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome