Competenza e dedizione valore aggiunto di qualunque professione

Dalla ricerca universitaria al management aziendale, fino al marketing. Esperienze a diversi livelli nella filiera testimoniano che si può eccellere indipendentemente dal genere

Il contributo femminile al settore primario, nonostante le difficoltà e gli ostacoli ad affermarsi in un’attività ancora per molti versi ad appannaggio maschile, è significativo sebbene non sia adeguatamente riconosciuto. Eppure, le donne svolgono un ruolo fondamentale nel promuovere lo sviluppo dei territori rurali, contribuendo alla sicurezza alimentare, assicurando prodotti di qualità e rispettosi dell’ambiente.

Secondo l’ultimo Censimento Generale dell’Agricoltura Istat (2020), le donne in Italia conducono circa un terzo delle aziende agricole totali (31,5%). Le regioni mostrano forti differenze territoriali: mentre in Molise le aziende femminili rappresentano il 40% del totale, in Trentino si fermano al 15%. La Sicilia è la regione con il maggior numero di imprese condotte da giovani imprenditrici (17,8% sul totale nazionale). L’azienda media condotta da donne è circa 4 ha più piccola di quella media condotta da uomini e conseguentemente contribuiscono alla formazione della produzione standard nazionale in modo minore (17,5%).

Le aziende hanno prevalentemente un orientamento tecnico economico misto: ad esempio, si concentrano su attività connesse al settore agricolo, come agriturismo, agricoltura sociale e fattorie didattiche.

Gli ultimi dati diffusi da Unioncamere ci dicono che a dicembre 2023 le imprese agricole femminili erano 196.759, ovvero 6.111 in meno rispetto al 2022 (con una variazione percentuale del -3% rispetto a dicembre 2022) e 10.179 rispetto al 2021.

Un’analisi interessante è stata pubblicata dal Crea in occasione della giornata internazionale delle donne rurali (15 ottobre) attraverso il leaflet “Giornata internazionale delle donne rurali...conosciamole meglio” che sintetizza i dati Istat sulle imprese femminili nell’agricoltura italiana.

L’associazione Le Donne dell’Ortofrutta riunite in assemblea in occasione della giornata dell’ 8 marzo

Il ruolo della politica

La Pac offre strumenti di supporto all’imprenditoria femminile, ma sono ancora limitati. Tra il 2014 e il 2020, il 28% dei beneficiari della misura 4.1 (investimenti aziendali) e il 34% della misura 6 (diversificazione e start-up) erano donne. In quest’ultimo caso, il 90% delle beneficiarie erano giovani sotto i 40 anni, un dato promettente per il futuro del settore. Tuttavia, per garantire un vero cambiamento, è necessario superare barriere di accesso al credito e all’innovazione, conciliazione vita-lavoro e pregiudizi culturali. Lo hanno recentemente ribadito anche Donne in Campo-Cia e Confagricoltura Donna segnalando l’urgenza di una legge quadro per l’imprenditoria femminile in agricoltura, che preveda, tra l’altro, la costituzione di un Ufficio permanente presso il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, e di un Osservatorio ad hoc, con l’obiettivo di promuovere l’accesso delle donne all’attività agricola e di potenziare le politiche attive del lavoro nel settore primario. Positiva la legge a supporto dell’Imprenditoria Giovanile in agricoltura (Legge n.36 del 15 marzo 2024): ora è tempo di sostenere anche le donne.

Donne in ortofrutta

Inclusione, empowerment femminile, parità di genere, prevenzione della violenza contro le donne, informazione e sensibilizzazione sull’importanza di fare prevenzione a tavola grazie a un’alimentazione ricca di frutta e verdura, difesa fitosanitaria integrata, sicurezza e rintracciabilità di filiera, rispetto della stagionalità e vocazionalità territoriale, maggiore e migliore comunicazione verso i consumatori per la valorizzazione della qualità dei prodotti ortofrutticoli e del lavoro svolto da imprenditori professionisti. Sono solo alcuni dei valori e degli impegni difesi e portati avanti dall’Associazione Nazionale Le Donne dell’Ortofrutta, realtà associativa unica in Italia - e anche in Europa - nata nel 2017 allo scopo di dare voce a un settore tanto affascinante quanto complesso come quello ortofrutticolo. Oggi l’associazione riunisce 136 professioniste e imprenditrici provenienti da tutta la Penisola e impegnate in tutti gli anelli della filiera.

Carola Gullino

In occasione dell’assemblea di inizio anno, Carola Gullino, presidente dell’associazione, ha dichiarato che «oggi c’è una presenza femminile più evidente in ortofrutta. Il settore ortofrutticolo è imprevedibile, nonostante le difficoltà che ci sono, dal cambiamento climatico all’aumento dei costi di produzione, non dobbiamo arrenderci. Dobbiamo essere coraggiose e resilienti, trovare nuove varietà e nuove tecnologie che ci permettano di sviluppare un’agricoltura più sostenibile, in senso economico e ambientale. In questo vogliamo far sentire la nostra voce e dare una mano concreta al settore».

Sull’argomento imprenditoria femminile nel settore ortofrutticolo abbiamo voluto raccogliere alcune testimonianze da donne che da anni operano in diversi livelli della filiera: ricerca universitaria,  management aziendale, servizi, comunicazione e marketing. Lo abbiamo fatto attraverso alcune domande: Chi sei e cosa fai? Cosa ti ha spinto a fare carriera in un settore tipicamente maschile? Hai mai incontrato degli ostacoli di genere? Com’è cambiata la tua professione negli anni? Ritieni che sia adeguatamente incentivata l’imprenditoria femminile? Che consigli daresti a una donna che decide di iniziare un’attività professionale in questo settore? Ci sono più opportunità rispetto al passato? Ecco le risposte.


1ALESSANDRA GENTILE

Alessandra Gentile

«Sono professore ordinario di arboricoltura generale e coltivazioni arboree dal 2006 all’Università di Catania, dove insegno arboricoltura generale e miglioramento genetico in frutticoltura. Oltre all’attività didattica e di ricerca ho anche altri ruoli di responsabilità in organi di governo del mio e di altri Atenei e ho svolto diversi incarichi istituzionali in enti di ricerca pubblici. Sono stati ruoli che hanno richiesto un grande impegno e una grande dedizione ma che mi hanno anche arricchito e dato grande soddisfazione. Nei prossimi anni vorrei continuare ad occuparmi di ricerca anche con la finalità di fare crescere i numerosi giovani che con grande entusiasmo si avvicinano a questo mondo, stimolante e affascinante, per raccogliere le sfide più moderne con le quali l’agricoltura deve fare i conti, soprattutto quella del Sud Italia in cui le condizioni infrastrutturali sono particolarmente difficili.

La carriera universitaria non è mai stata semplice. Arrivare ad essere giovane professoressa ha richiesto impegno e dedizione costanti e anche dei sacrifici, che ho avuto la fortuna di poter condividere con la mia famiglia, in particolare prima con i miei genitori e poi con mio marito che ha sposato me, ma anche le mie scelte, sostenendomi soprattutto nei periodi di assenza da casa. Molto importante è stato anche il supporto dei colleghi con molti dei quali vi è un rapporto consolidato di stima e collaborazione. Mi ritengo una persona particolarmente fortunata (o forse la fortuna c’entra poco) nell’aver potuto seguire un modello di impegno e dedizione.

Esiste ancora un gap importante tra presenza femminile e maschile nei ruoli soprattutto apicali dell’Università. Recenti dati indicano che mentre tra i dottorandi, cioè ancora nel ruolo della formazione di terzo livello, la percentuale di donne è pressoché simile a quella degli uomini, man mano che si passa a guardare nelle posizioni stabili la forbice tra i due sessi si allarga sempre più con una percentuale di donne professore ordinario che è poco più del 30% di quella di tutti i professori ordinari. Per fortuna il dato sulla presenza femminile nelle posizioni di professore associato e professore ordinario sta crescendo anche se saranno necessari molti anni, e politiche adeguate, perché si raggiunga la parità dei sessi nel ruolo apicale della carriera universitaria, soprattutto nel campo scientifico-tecnologico, quello delle discipline Stem.

Il settore della ricerca e in particolare della ricerca in ambito agrario vede sempre più la presenza di donne che scelgono di intraprendere questa strada. Oggi come ieri il percorso richiede dedizione, tenacia e pazienza, tutte caratteristiche che molte giovani studentesse oggi manifestano. Il consiglio che posso dare è quello di mantenere una visione aperta sulle sfide globali, ma senza perdere di vista il contatto con la realtà locale. Sono due aspetti complementari ma entrambi importanti; oggi anche durante il periodo di formazione è importante avvalersi delle opportunità di scambio che ci sono con Paesi terzi. Viaggiare e confrontarsi apre la mente e aiuta a meglio decifrare anche la realtà locale ad individuarne contraddizioni, limiti, ma anche possibilità di cambiamento e di sviluppo. Il periodo della formazione deve essere vissuto anche dalle donne in questo modo con grande apertura, capacità di visione, confronto e spirito critico. Sarà un approccio che favorirà poi il tempo delle scelte.

Devo dire che provo soddisfazione quando incontro ex studentesse (o ex colleghe) che hanno deciso di scommettersi in prima persona nel settore della produzione agraria (magari rilevando e rilanciando una attività familiare) perché vedo in loro la realizzazione di un percorso. Queste scelte, importanti, a volte anche coraggiose in determinati contesti, testimoniano quanto sia profondo il legame tra le donne e l’agricoltura, frutticoltura in primis. È un legame che storicamente è magari passato sotto traccia per via della fatica fisica che richiedeva il lavoro in agricoltura. Oggi abbiamo imparato che servono anche e soprattutto forze mentali e un approccio intelligente verso i problemi. Queste caratteristiche di certo non mancano alle donne di ieri e di oggi».


2MARIA LODOVICA GULLINO

Maria Lodovica Gullino

«Il tema donne e frutta mi riporta con un balzo all’indietro a Saluzzo, estate del 1973. Ero a metà del mio percorso di studi in Scienze Biologiche e, guardando al mio futuro, mi sentivo divisa tra il desiderio di dedicarmi anima e corpo alla ricerca scientifica e quello di impegnarmi nelle (allora) tante aziende frutticole di famiglia. Un vero dilemma. La risposta chiara e netta la ebbi quando trovai il coraggio di manifestare a mio padre il mio dubbio. Lui, frutticoltore innovativo che aveva molto investito sulla mia formazione, non ci pensò un attimo e mi disse: “L’importante è che tu scelga una strada e ti impegni. Non puoi fare bene due lavori. In azienda tu che conosci bene le lingue, potresti occuparti della parte amministrativa e dell’export”. Confesso che non la presi bene, intuendo nel suggerimento un modo per non considerarmi all’altezza di ricoprire quel ruolo tecnico a cui io, invece, aspiravo. Questa risposta, unita alla concretezza di mia madre (“Fai la tua strada nella ricerca. In azienda non avresti mai l’indipendenza a cui tu giustamente aspiri”) mi orientò senza più dubbi verso la ricerca.

Era il 1973, tanta acqua è passata sotto i ponti. Oggi, per fortuna, le cose sono cambiate. Le donne si sono conquistate spazi in tutti i settori agricoli, frutticoltura compresa. Con impegno e fatica, vincendo molti pregiudizi, hanno dimostrato di sapere ricoprire ruoli tecnici e non. Oggi molte aziende frutticole sono guidate da donne, con la viticoltura che ha fatto un po’ da apripista. Molte donne, spesso alla guida di aziende di famiglia, hanno dimostrato di essere perfettamente in grado di affrontare le non poche difficoltà che si incontrano nel gestire un’azienda agricola, soprattutto nel caso di non sempre facile convivenza con padri e/o fratelli ancora un po’ vecchio stile. Molte altre ancora hanno avuto l’energia e il coraggio di partire da zero, avviando una nuova azienda. Altre ancora hanno saputo inventarsi nuove professioni che ruotano intorno al mondo della frutta: nella comunicazione, nella valorizzazione dei prodotti, negli spazi che stanno al confine tra alimentazione e salute.

Ma perché è importante che esista un buon equilibrio di genere? Anzitutto perché oramai tutti sono d’accordo sul valore economico del lavoro delle donne. Se nel nostro paese più donne lavorassero, l’economia trarrebbe enormi vantaggi. Cosa può portare una donna nel variegato mondo della frutta? Anzitutto con la sua sensibilità sa cogliere al meglio l’esigenza di rispondere concretamente alle sfide del cambiamento climatico, scegliendo, in modo consapevole, nuove colture e areali di coltivazione. La naturale tendenza della donna a innovare è di forte sostegno all’adozione di tecniche colturali nuove. La capacità delle donne di fare rete è anche di forte aiuto in un momento in cui nessuno arriva da solo a ottenere risultati significativi. Le donne sanno superare quegli ostacoli, che, è inutile negarlo, spesso si frappongono a una sana collaborazione anche tra aziende in competizione. Per non dimenticare l’importanza di trovare e esplorare mercati per i propri prodotti. Come dicevo prima, ci sono infinite professioni, non prettamente tecniche che ruotano intorno al mondo della frutta. In questi ambiti molte donne hanno saputo dimostrare il loro valore, mettendo in campo la loro competenza.

Tornando al lontano 1973, sono grata a mio padre per avermi in un certo senso spinta ad una scelta, che oggi rifarei. Anche se, con il senno di poi, non considererei più in modo così negativo la proposta di occuparmi di amministrazione e export. Oggi una folta schiera di donne, ben rappresentata da una Associazione vibrante, sta dimostrando con i fatti che un buon equilibrio di genere non fa che del bene al settore. Il consiglio alle giovani donne che si accingono a operare nel settore è quello di studiare e basare tutto su una solida preparazione. Un mix di coraggio e intraprendenza farà il resto. Non aspettatevi sconti ma, al tempo stesso, non ponetevi limiti».


3SILVIA SALVI

Silvia Salvi

Sono amministratrice di Salvi Vivai, azienda vivaistica specializzata nella produzione di piante da frutto, con un focus recente sull’innovazione attraverso il nostro laboratorio di micropropagazione.

L’azienda di famiglia ha giocato un ruolo fondamentale: è stata una scelta naturale, guidata sia dalla mia passione per il settore produttivo sia dalla consapevolezza delle mie predisposizioni. Mi sono sempre sentita motivata a dimostrare che, con competenza e dedizione, si può eccellere, indipendentemente dal genere.

In alcune occasioni ho dovuto affrontare pregiudizi legati agli stereotipi di genere, spesso, ad esempio, è successo che venissi scambiata per l’assistente del mio collaboratore invece che titolare dell’azienda. Essere una donna in un contesto prevalentemente maschile può inizialmente portare a essere sottovalutata, ma ho sempre preferito concentrarmi sui risultati e lasciare che parlasse il mio lavoro.

Negli anni, ho acquisito maggiore esperienza, sicurezza e autorevolezza, il che mi ha permesso di affrontare le sfide con più determinazione. Oggi ignoro del tutto gli stereotipi di genere: sono le donne stesse a dimostrare di avere un approccio diverso e innovativo, e non ci dobbiamo più sentire delle “cenerentole” del settore.

L’imprenditoria femminile non è ancora sufficientemente incentivata. Tuttavia, grazie a iniziative politiche e organizzazioni come l’Associazione Donne in Agricoltura, di cui sono una delle socie fondatrici, si sta lavorando per dare maggiore visibilità e supporto all’imprenditoria femminile. Credo fermamente che la diversità di genere in azienda porti non solo a uno sviluppo economico più solido, ma anche a un settore più innovativo e dinamico.

Il consiglio principale è credere in sé stesse e non mollare mai, anche di fronte alle difficoltà. Serve determinazione ma anche un team competente su cui poter contare. È fondamentale investire nella formazione continua e sviluppare una visione chiara degli obiettivi da raggiungere.

Il settore è in continua evoluzione e offre tantissime opportunità, ma con un margine di errore sempre più ristretto. Questo richiede sempre maggiore professionalità, innovazione e una capacità di adattamento costante.


4FLAVIA SUCCI

Flavia Succi

«Sono fieramente agronoma e da quasi 40 anni mi occupo di frutticultura, con un focus sulla coltivazione dell’actinidia. La scelta del settore di cui mi occupo, così specifico, è nata fin dai tempi dell’Università, quando è stato necessario orientarsi per la scelta dell’argomento di tesi di laurea. Eravamo a metà anni ’80 e la coltura dell’actinidia stava iniziando il proprio sviluppo, tra incertezze e mancanza di conoscenza tecnica. Le mie origini romagnole hanno sicuramente aiutato il mio orientamento verso il settore frutticolo, circondata com’ero da una forte specializzazione tecnica e da elevate competenze che da sempre caratterizzano la frutticultura in Romagna.

Dopo aver approfondito lo studio della fisiologia vegetale attraverso il conseguimento del Dottorato di ricerca e del Post Dottorato, ho affrontato sfide commerciali nel mondo della produzione e del mercato in genere, con esperienze in organismi di certificazione, assistenza e formazione tecnica, ruoli vari presso importanti “brand” dell’ortofrutta e multinazionali per attività di gestione tecnica e della qualità, fino ad approdare all’attuale posizione di “Head of Europe Industry” presso Zespri. I miei obiettivi riguardano una futura espansione del progetto di produzione della varietà polpa gialla Sungold in Europa.

Sono approdata a uno studio di connotazione più maschile (perlomeno lo era negli anni 80’) perché sono stata sempre a contatto del mondo agricolo, dopo essere cresciuta in un’azienda agricola. La scelta è anche stata dettata da motivazioni legate all’ambientazione di lavoro che mi aspettavo e che non prevedeva, nelle mie riflessioni di liceale, un luogo di lavoro chiuso e comprimente. Ho da subito capito, in base alla percentuale minoritaria di presenza femminile nei corsi universitari, che la futura carriera avrebbe potuto essere permeata da pregiudizi. In realtà, affrontando ogni situazione con umiltà e sete di conoscenza, come si confa a chi decide di specializzarsi come tecnico, mi ha permesso di guadagnare stima e autorevolezza senza bisogno di impormi.

Il mio percorso di vita e professione non è stato particolarmente accidentato ma ha richiesto costante impegno e abnegazione. Sicuramente non è stato facile conciliare la carriera con la famiglia, ci sono state situazioni di disagio e sacrificio: la realtà organizzativa italiana non ruota attorno al mondo di una madre di famiglia lavoratrice che, per muoversi, ha bisogno di orari adeguati, strutture sanitarie disponibili, supporti educativi comprensivi. Nonostante ciò, la mia professione ha seguito un percorso ben preciso di crescita permettendomi di sviluppare conoscenza in molti ambiti, dalla gestione vivaistica alla qualità, dalla conservazione alle dinamiche dei mercati, dallo sviluppo varietale a diverse realtà frutticole nel mondo. La mia linea professionale si è in qualche modo evoluta seguendo il cambiamento della società, senza mai fermarsi difronte a ostacoli minori, ma sempre trovando vie di uscita alternative. Ho avuto l’opportunità di incontrare grandi ricercatori e accademici, di viaggiare senza essere turista, di incontrare culture differenti ma tra loro complementari. Ho vissuto un anno in Nuova Zelanda, che ora considero casa, dopo la Romagna s’intende, così come ho lavorato in due paesi molto affascinanti come Cile e Argentina.

Non ho consigli particolari per le donne che decidono di intraprendere una carriera in ambito frutticolo, ma solo considerazioni dalla mia posizione privilegiata di manager aziendale: occorre essere efficienti e competitive e fare squadra con altre donne; la qualificazione va sempre curata e approfondita attraverso adeguati percorsi formativi».


5ANNA PARELLO

Anna Parello

«Sono agronoma (consigliere dell’Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali di Bologna), consulente di marketing e comunicazione per l’ortofrutta, supporto le aziende della produzione e della commercializzazione, offrendo consulenza a 360 gradi e singoli servizi (promozioni, eventi, indagini field, ufficio stampa, social ...). La tesi di laurea nel 1988 su “I marchi di qualità nel settore ortofrutticolo”, unitamente al lavoro svolto in qualità di borsista presso la Facoltà di Scienze Agrarie, ha orientato i miei interessi e la mia attività professionale. Poi, a farmi restare in ambito marketing e specializzarmi, è stato determinante l’incontro con Claudio Scalise, con cui ho collaborato per più di 20 anni, prima in Covoer, poi in SG.
Quando ho scelto di fare Scienze Agrarie non mi sono posta il problema del settore maschile, anche se negli anni ‘80 l’agricoltura e la carriera universitaria in quelle discipline erano quasi totalmente appannaggio degli uomini. L’ambiente del marketing è stato sempre un po’ più open mind, credo che avrei incontrato più difficoltà e diffidenza, se avessi scelto di fare l’agronomo in campo, ma certamente non sono mancate esperienze discriminatorie anche nel mio percorso professionale. Diciamo che tra (pochi) ostacoli di genere e (molta) mancanza di cultura di marketing il mio lavoro non è sempre facile, ma io ho sempre creduto nelle competenze e nel valore delle persone a prescindere dal genere e non mi sono mai lasciata scoraggiare. Sarà che ho avuto un padre molto equo e fiducioso nelle mie capacità, che mi ha dato le stesse opportunità che ha dato a mio fratello, il confronto con gli uomini non mi ha mai spaventata, l’ho sempre visto come un confronto di capacità e di visioni.
Oggi negli uffici marketing delle imprese ci sono tante donne, molto più che in passato, anche in qualità di responsabili, e questo dovrebbe facilitare la collaborazione con altre figure femminili. E poi ci sono molte più giornaliste nelle testate di settore, che possono fare tanto per dare più voce e risalto alle imprenditrici, ricercatrici, consulenti, buyer ed esperte nei vari campi.
A una donna che decida di iniziare una qualsiasi attività professionale nel settore ortofrutticolo, mi sento di dire intanto di fare quello che veramente l’appassiona, perchè la passione aiuta a superare gli ostacoli, poi di non smettere mai di formarsi, di creare relazioni sane basate su competenza ed empatia e infine di procedere con determinazione e senza preconcetti, che possono essere autolimitanti. Per arrivare ad una vera parità di genere serve un cambiamento culturale radicale e noi donne col nostro atteggiamento possiamo essere il motore gentile di tale trasformazione».


6ELISA MACCHI

Elisa Macchi

«Io lavoro in Cso Italy, che è una cooperativa che oggi annovera circa 70 soci tra le realtà più importanti, specializzate e organizzate dell’ortofrutta nazionale. Cso Italy nasce come tavolo comune dell’ortofrutta per svolgere tutta una serie di servizi a favore di tutti gli associati, con l’obiettivo di dare un contributo importante alla loro competitività. Inizialmente le attività erano molto incentrate sulla parte statistica. Poi col tempo sulla base dell’esigenza dei soci i servizi si sono ampliati. Negli ultimi anni abbiamo anche sviluppato, sempre per volere dei nostri soci, un’attività legata a tutte le questioni fitosanitarie, oggi importantissima viste tutte le varie problematiche legate all’uso delle sostanze attive.

Sono entrata in Cso appena costituito, nel 1998 come addetta statistica, poi, dopo pochissimi anni sono divenuta responsabile dell’Osservatorio di Mercato e dopo qualche anno responsabile anche della statistica delle Produzioni. Quindi fino a quel momento mi sono occupata di tutti gli aspetti di monitoraggio della produzione del mercato dell’ortofrutta. Dal 2014 sono direttore di Cso Italy e quindi mi occupo della gestione e dell’organizzazione di tutte le attività.

Al di là dell’evoluzione della mia posizione lavorativa, credo di aver dato un contributo alla conoscenza del settore, perseguendo sempre l’oggettività e la qualità delle informazioni che abbiamo fornito. I dati e i numeri sono indispensabili per fare qualsiasi tipo di strategia; di dati ne circolano tantissimi da sempre e ne leggeremo ancora di più in futuro, non sempre però sono oggettivi e costruiti con competenza. Si parla tanto oggi di Big Data e di intelligenza Artificiale, vediamo….Nella seconda parte del mio lavoro, quello che attiene maggiormente alla direzione, mi impegno affinché Cso Italy continui a soddisfare le nuove esigenze del nostro mondo che è sempre in forte evoluzione, non perdendo mai di vista il ruolo sinergico.

In realtà, come più volte detto, mi sono trovata in questo settore un po’ per caso, quindi all’inizio non è stata una vera e propria scelta. Non ho scelto il settore e non lo conoscevo non avendo alle spalle una formazione agronomica (ho fatto il liceo scientifico e poi mi sono laureata in statistica) e nemmeno legami famigliari con il settore. Quindi quando ho iniziato non potevo certo pensare alle questioni legate al genere. La risposta alla seconda domanda non è affatto semplice e prima di tutto faccio una premessa: io lavoro nell’ambito dei servizi per l’ortofrutta, quindi anche se tutto il mondo che mi circonda, in genere, è praticamente tutto maschile, il mio ambiente di lavoro è sempre stato perlopiù femminile.

Mi sento sicura nell’affermare di non aver incontrato ostacoli di genere durante la mia carriera lavorativa, nella mia azienda non ho mai percepito nulla del genere e anzi mi sono sempre sentita molto rispettata. Non nego però qualche volta di avere “respirato”, al di fuori, qualche atteggiamento velatamente discriminatorio. È una questione che riguarda una mentalità più in generale. Se sei, per così dire, affermata, va tutto bene. Ma se ancora non lo sei, è un po’ più difficile farsi spazio fra tanti uomini in un mondo dove per dire di una donna che è decisa e competente, si ricorre agli “attributi” maschili. Viene apprezzata la nostra volontà, la nostra precisione, il nostro spirito di sacrificio, ma più difficile è farsi ascoltare ed avere un peso concreto nella strategia. Sembra una banalità quello che sto per dire ma non lo è affatto: si pensi ad esempio a quante volte una donna ha ricevuto, in ambito lavorativo, un complimento sull’aspetto fisico, prima di riceverlo in base alle competenze, partendo dal presupposto che in quanto donna sia questo che fa piacere, anche quando non c’entra proprio niente…non ho mai visto il viceversa. Su questo anche noi donne abbiamo un po’ di responsabilità.

La cosa più difficile però per una donna e che ostacola il raggiungimento di obiettivi è conciliare il tempo per il lavoro, per la famiglia, per i figli. Ma questo è un aspetto che parte dalla società, nella quale non vi è ancora il riconoscimento del valore della donna nel sostenere buona parte di essa. La mia difficoltà maggiore, nonostante la grande disponibilità che ho travato in azienda, è stata quella di conciliare le esigenze del lavoro con l’essere mamma, soprattutto in alcuni momenti quando non esistono sostituti o surrogati di noi stesse. Poi comunque c’è la fase operativa, con l’organizzazione del tempo di tutti i giorni e allora per poter fare tutto si taglia, si taglia molto, tante cose diventano superflue e questo molto è fatto sempre di noi stesse. Non credo che questo avvenga nello stesso modo per gli uomini. Le donne devono correre sempre di più e meglio nella vita e a volte per questo faticano ad arrivare. Il consiglio è di avere competenza prima di tutto e sopra tutto e di non temere di dimostrare la nostra sensibilità, la nostra generosità e il nostro saper accogliere.

In merito agli incentivi sull’imprenditoria femminile, in verità, dico che non mi piacciono le politiche per le donne, sono inutili se non ci si sforza di cambiare veramente la mentalità e la società.

Quello che vorrei aggiungere è che molto spesso noi donne siamo le prime ad ostacolare noi stesse. Siccome non sappiamo se riusciremo a fare sempre tutto perché abbiamo anche i figli e la famiglia di cui occuparci, perché vogliamo fare tutto perfettamente, perché siamo un po’ abituate al sacrificio, finiamo per accettare e accontentarci. Invece non dovremmo temere: volontà, competenza, serietà non sono qualità di genere».


7ANNA MARIA MINGUZZI

Anna Maria Minguzzi

«Vivo e opero in Romagna. Sono laureata in Scienze agrarie. Oltre alla mia attività principale, condurre e amministrare aziende ortofrutticole, esercito la libera professione, come agronomo: è stata la mia prima attività (abbandonata per l’improvvisa morte di mio padre) ripresa, con passione, negli ultimi anni, quando ne ho avuto la possibilità. La mia attività di imprenditore agricolo si svolge nel seguire le aziende di proprietà, nell’ambito dell’intera filiera ortofrutticola, collaborando attivamente con i miei dipendenti, che hanno nei miei confronti stima e aspettative, e seguendo e organizzando direttamente le varie fasi delle operazioni. Ho lavorato in azienda da sempre, nei primissimi anni, ancora studente,  a fianco di mio padre, che mi ha trasmesso conoscenze e passione per questo lavoro e a cui mi ha sempre legata, naturalmente, affetto e stima reciproca (non così scontato, essendo io l’unica figlia femmina). E’ stato proprio lui, nonostante fosse uomo di altri tempi a darmi la certezza sulle mie capacità imprenditoriali, ma è venuto a mancare purtroppo troppo presto, per permettermi di fare un cammino professionale importante al suo fianco.

Nella mia lunga attività ho cercato di adeguarmi il più possibile ai cambiamenti che si presentavano in frutticoltura, sia per quanto riguarda le tecniche che le scelte varietali. Non do mai per definitive le scelte tecniche e imprenditoriali, ma cerco di adattarmi ai cambiamenti che si presentano nel nostro mondo dell’ortofrutta, spesso pronta a rinnegare scelte e certezze che per anni sono state alla base del mio lavoro. Alla base di alcuni miei traguardi ci sono proprio la curiosità di sperimentare e la consapevolezza dei cambiamenti.

Solo per fare qualche esempio: la partecipazione come partner, fin dai primi tempi, nel Club Pink Lady e lo sviluppo degli impianti di questa varietà in un momento (metà degli anni ’90) in cui si stava abbandonando la melicoltura di pianura; lo sviluppo del Club Metis, aventi per oggetto susine ad alta qualità organolettica,  progetto scaturito dalla certezza che  si doveva offrire al consumatore susine innovative e più dolci; la ricerca negli ultimi anni di nettarine piatte, che potessero rappresentare, ottime caratteristiche organolettiche e un valore brix elevato costante nei diversi periodi di produzione (da metà giugno a metà settembre). Questo ultimo lavoro è stato da me condotto in collaborazione con una donna di riferimento nel mondo ortofrutticolo, quale Laurence Maillard, moglie di Arsène Maillard, e messo poi a disposizione di tutto il mondo ortofrutticolo dell’Emilia Romagna per favorire lo sviluppo di un prodotto d’eccellenza che unitariamente potesse essere offerto dall’intera filiera ortofrutticola della nostra Regione: progetto che solo in parte si è realizzato. Tra i miei obbiettivi futuri ci sarebbe quello di riportare a un nuovo sviluppo la produzione di pesche e nettarine nella nostra Romagna.

Nella mia scelta professionale ha avuto una fondamentale influenza  la passione vista in mio babbo e la sua stima nei miei confronti. E’ troppo spesso la figura maschile, pur non sempre meritevole, ad assumere le posizioni dirigenziali nel settore ortofrutticolo, direi che c’è ancora molto da fare, affinchè venga valutata senza scetticismo la capacità imprenditoriale e dirigenziale della donna in questo mondo e darle maggiori posti di comando, considerandone le capacità. A questo proposito voglio raccontare un episodio: erano le prime riunioni, per approcciare le  linee tecniche  e commerciali  nell’ambito della costituzione del club Metis, a cui partecipavo quale unica donna in un gruppo di    uomini. In una di queste riunioni, in cui si erano definite alcune strategie, il coordinatore del gruppo disse a me e solo a me (di fronte a tutta l’assemblea) che quanto detto nella riunione doveva restare estremamente riservato, quasi fosse naturale che in quanto donna ero “pettegola” e  non avessi compreso la discrezione di quanto si stava decidendo

Le difficoltà che si incontrano oggi nella filiera ortofrutticola sono sicuramente maggiori di quando io ho intrapreso la professione, per diversi motivi: la mancanza di manodopera, soprattutto qualificata; l’impossibilità di avere la certezza del prezzo di vendita del prodotto, che non ti consente di avere la consapevolezza che l’investimento che fai, molto più oneroso di un tempo, sia remunerabile (in qualsiasi settore imprenditoriale questa valutazione è alla base dell’investimento); i cambiamenti climatici imprevedibili (vengo da un’annata, quale il 2023, in cui ho avuto produzioni compromesse dalla gelata di aprile e impianti frutticoli distrutti dall’alluvione di maggio e dal tornado del 22 luglio).

Oggi come ieri serve soprattutto passione e conoscenze. A una donna direi di affrontare qualsiasi attività con preparazione, determinazione e soprattutto non permettere che qualcuno metta in dubbio la tua capacità e concretezza professionale solo perché appartenente ad un genere che, le dicerie popolari dicono essere troppo volubile e inaffidabile. Mi piace ripetere il concetto che il maggiore incentivo verso l’imprenditoria femminile sarebbe darle più spazio nei tavoli che contano. Chissà forse se maggiori posti di comando fossero occupati da donne e giovani il settore dell’Ortofrutta, che oggi sta attraversando una crisi epocale, ne avrebbe sicuramente beneficio».

Competenza e dedizione valore aggiunto di qualunque professione - Ultima modifica: 2025-01-16T09:08:32+01:00 da Sara Vitali

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