Novecento mila t di Conference in Belgio, Paesi Bassi e Spagna, 350.000 t di Abate Fetel in Italia, 180.000 t di Rocha in Portogallo. La pericoltura europea attuale fonda le proprie radici sulla specializzazione varietale a seconda dell’ambiente di coltivazione. Ci si chiede se il consumatore sarà sempre e comunque affezionato ad una pera di caratteristiche note oppure, più realisticamente, andrà alla ricerca di qualche novità e in questo caso quali saranno le esigenze dei futuri consumatori di pere?
Difficile dare una risposta, ma un fatto è certo: a fronte di questa forte specializzazione la pericoltura in alcuni Paesi europei ne esce fortemente ridimensionata essendo scomparse o fortemente ridotte alcune varietà coltivate fino a non più di una mezza dozzina di anni fa. In Italia, a parte l’introduzione di Carmen, unica nuova varietà dell’ultimo decennio che ha trovato uno spazio commerciale, Decana del Comizio, Conference, Kaiser (anche se attualmente in lieve crescita), per non dimenticare Passacrassana e tutte le pere precoci come Guyot e Butirra Precoce Morettini, si stanno espiantando un po’ dovunque, proprio a causa della citata specializzazione e per la difficoltà sempre maggiore di inserimento in nuovi mercati.
Attualmente la superficie destinata a pero a livello nazionale è scesa a poco più di 30.000 ettari con una diminuzione di oltre 9.000 ettari in una quindicina d’anni e, considerato che anche l’Emilia-Romagna, tuttora l’area vocata per eccellenza a livello nazionale non ne è rimasta immune, con un netto ridimensionamento delle superfici di coltura, appare evidente la forte esigenza di trovare soluzioni all’emorragia di superfici coltivate a pero. L’innovazione varietale potrebbe essere uno strumento fondamentale per permettere al “prodotto pera” di mantenere la posizione sul mercato acquisita nel tempo.
I programmi di miglioramento genetico del pero attualmente in corso nel mondo, condotti con finanziamenti sia pubblici che privati, non sono certamente pari a quelli del melo, ma sono attivi in qualche caso da parecchi anni e al momento propongono consistente, nuovo materiale genetico. In Italia le principali novità sono state valutate (e lo sono tuttora) nell’ambito del Progetto Mipaaf-Regioni “Liste di Orientamento Varietale – Pero” coordinato dal CREA-FRF; negli ultimi 40 anni si contano quasi 400 nuove varietà a livello mondiale, ma pochissime di queste e su superfici molto limitate si sono affermate presso i produttori; le varietà oggi coltivate sono decisamente datate (risalgono all’800).
Attualmente i programmi di breeding attivi sono molto diversificati e con obiettivi piuttosto differenziati secondo l’ambiente pedoclimatico e i gusti del consumatore. L’adattamento ai fattori ambientali e ai cambiamenti climatici e la resistenza/tolleranza a malattie (colpo di fuoco batterico, ticchiolatura, oidio) e fitofagi (psilla), negli ultimi anni, hanno destato un interesse crescente, sia per il contenimento dei costi di produzione, sia per la riduzione dell’impatto ambientale. Quasi tutti i programmi stanno operando per ottenere frutti a buccia completamente rossa o quasi, carattere che commercialmente appare di interesse.
Le difficoltà ad immettere nel mercato nuove cultivar sono principalmente dovute al fatto che spesso le nuove varietà licenziate presentano limiti agronomici e qualitativi del frutto non sopportati dal produttore, dal mercato e dallo stesso consumatore. Inoltre, è importante evidenziare che il consumatore conosce le poche varietà oggi coltivate, per cui è realmente difficile introdurre un qualcosa di nuovo e diverso che entri nel suo panel di gradimento, soprattutto in assenza di promozione e valorizzazione adeguata, e tale da permettere ai produttori una giusta ed equa remunerazione. In tal senso potrebbe essere citato proprio il caso di Carmen, nuova varietà che si è affermata sul mercato pur essendo “libera” da oneri brevettuali alla vendita; quindi può essere prodotta e commercializzata senza nessun coordinamento e/o concertazione commerciale. Ci si chiede però se una gestione commerciale diversa di questa pera avrebbe potuto remunerare maggiormente i produttori.
Il programma di breeding
del Crea-Frf
A Forlì, presso l’Unità di ricerca per la frutticoltura del Crea, l’attività di miglioramento genetico del pero è stata avviata più di 40 anni fa e sono state complessivamente diffuse 7 varietà: Tosca (1993), Carmen, Norma e Turandot (2000), Aida e Boheme (2003), tolleranti al colpo di fuoco batterico, e, più recentemente, Falstaff (2012), l’unica a maturazione autunnale; tutte le precedenti sono a maturazione estiva.
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