Tra le tante cause della crisi della peschicoltura italiana, probabilmente rientra anche l’eccessiva disponibilità di cultivar commercializzate, opinione peraltro condivisa anche in Spagna (Iglesias, 2016) e in Francia (Delgado, 2015; Poissonnet e Hilaire, 2015). In effetti, a livello globale, vengono introdotte annualmente circa 120-130 nuove cultivar (Della Strada e Fideghelli, 2011) e il CSO di Ferrara stima che, solo presso i propri soci (che rappresentano il 16% della superficie italiana destinata a pesco e nettarine), siano coltivate circa 470 diverse cultivar (Macchi, 2014).
Si tratta di numeri elevati che, indubbiamente, hanno riflessi negativi sulla commercializzazione, anche se si devono considerare tre aspetti del problema: a) i volumi produttivi più elevati sono certamente concentrati su un numero molto minore di cultivar; b) il calendario di produzione va dalla seconda metà di maggio all’inizio di ottobre e una varietà può coprire un periodo di commercializzazione di circa 10-12 giorni; c) le categorie commerciali principali sono almeno 3 (pesche, nettarine, percoche), le prime due a loro volta suddivise in polpa gialla e polpa bianca, senza considerare le pesche e le nettarine piatte, pure presenti, seppure in misura ancora limitata.
Le categorie commerciali sono ulteriormente complicate dalla diversificazione della tipologia della polpa (fondente/croccante; a lenta e rapida evoluzione) e del sapore (acidulo o tradizionale/dolce o con bassa acidità - subacido).
Il vero problema, comunque, non è, a mio giudizio, l’elevato numero di varietà disponibili, ma quello delle varietà coltivate. La disponibilità di molte varietà va vista non come un problema, ma come risorsa. Tuttavia, affinché tale risorsa abbia riflessi positivi, sono indispensabili due condizioni: una seria valutazione agronomica, pomologica e di mercato delle novità abbinata ad un tempestivo e coordinato rinnovo della piattaforma varietale dei pescheti.
È pienamente condivisibile quanto scrive Fabrizio Pattuelli (2015) su Italiafruit News sulla pazienza che occorre nel valutare una nuova varietà; il progetto “Liste di orientamento varietale dei fruttiferi”, finanziato dal Mipaaf e dalle Regioni con la necessaria e positiva collaborazione dei costitutori e degli editori, purtroppo chiuso nel 2012, prevedeva almeno 2 anni di fruttificazione per una prima indicazione di interesse e almeno 5 anni di fruttificazione per una valutazione positiva o negativa. La valutazione agronomica e pomologica, da effettuare nelle principali aree di potenziale coltivazione, dovrebbe essere integrata dalla valutazione commerciale (rete di vendita al dettaglio e consumatore) prima che una cultivar venga diffusa su larga scala. Un esempio positivo di rigorosa valutazione varietale e di attenta segnalazione delle cultivar adatte al territorio è offerta da Agrion (già Creso) di Manta (Cn), il cui elenco di cultivar consigliate per il 2015 è di 14 pesche (di cui 10 per impianti estesi e 4 per impianti di sperimentazione estesa) e di 10 nettarine (rispettivamente 5 e 5). Forse è anche per questo che il Piemonte è l’unica regione del Nord dove la peschicoltura “tiene”.
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