Da parecchi anni si assiste, in Sicilia ma anche in altre regioni meridionali, a un crescente interesse verso specie frutticole subtropicali. Si tratta, a buon modo di vedere, di un interesse non completamente nuovo, essendo l’introduzione di alcune di queste specie risalente già alla metà del secolo scorso, quando furono diverse le esperienze di loro diffusione in coltura, muovendo dal presupposto che le condizioni di clima mediterraneo potessero riscontare, in pieno campo, o con idonei apprestamenti protettivi (serra fredda), le specifiche esigenze termiche.
Quali i risultati? Quali le evidenze?
Per alcune di queste specie i tentativi di introduzione e di diffusione sono stati coronati da successo: è il caso dell’annona, dell’avocado e in parte del mango. Si tratta di specie che negli areali di origine (continente americano le prime due, Asia nel caso del mango) assumono rilevante importanza economica. L’interesse viene di riflesso riscontrato, sia pure a scala diversa, anche dalle nostre produzioni. Accanto alle specie sopra citate vanno aggiunte anche nespolo del Giappone (introdotto in epoche più remote e di fatto naturalizzatosi), papaya, alcune passiflore e il lici, quest’ultimo di più recente introduzione.
Per ulteriori specie (feijoa, guava ed altre mirtacee, noce macadamia e noce pecan tra le altre) i tentativi di introduzione sono stati coronati da successo in termini di ambientamento ma, la limitata diffusione sul territorio nazionale risente del ridotto interesse verso queste specie, ovvero (il caso della noce macadamia) dell’assenza di una organizzazione di filiera in grado di poter gestire il prodotto su base industriale come la specie richiede. Rimangono pur tuttavia specie utili a diversificare l’offerta e a riscontrare l’esigenza pressante di tanti frutticultori amatoriali.
In altri casi ancora (ananas, e per certi aspetti lo stesso banano) la coltivazione in serra fredda potrebbe consentirne la coltivazione in alcuni ambienti, ma viene a mancare l’interesse economico per gli elevati costi; diverso è il discorso per la tipologia di banano più simile al platano, adattato con successo nelle aree costiere meridionali.
Altre specie ancora, emblematico il caso del babaco, dopo un iniziale exploit, sostenuto in alcuni casi da interessi da parte di gruppi vivaistici, sono andate incontro ad un rapidissimo ridimensionamento sino a sparire dal panorama della frutticoltura.
Quale futuro per le specie frutticole subtropicali?
Cosa è possibile attenderci in un prossimo futuro e quale sarà il ruolo di queste specie?Certamente per alcune di queste, come recentemente evidenziato anche su queste pagine, il futuro è roseo e le prospettive interessanti. Avocado in primis, mango e poche altre specie, andranno incontro ad un incremento delle superfici loro destinate in specifici areali del nostro meridione, anche sulla scorta dell’esigenza di diversificazione dell’offerta rispetto ad alcuni comparti in sofferenza (agrumicoltura) da un lato, e della possibilità di collocare utilmente il prodotto su mercati europei, dall’altro. È un’occasione che non va persa e che va accompagnata, come peraltro già accade, da una attenzione da parte del mondo della ricerca, con particolare riferimento alla scelta, cruciale, delle varietà e dei portinnesti, alla valutazione delle più idonee configurazioni di impianto e di tecniche colturali, sino alla gestione post raccolta. Gli errori da evitare: individualismo e rincorsa all’impianto sempre e comunque; va nuovamente ricordato che la vocazionalità ambientale e il rispetto delle esigenze pedoclimatiche della specie sono condizioni imprescindibili per l’ottenimento di produzioni di qualità e per il reddito dell’imprenditore.