I fragolicoltori campani, in particolare quelli che operano nell’area Nord, tra le province di Napoli e Caserta, le più interessate alla specie, sono da qualche anno alla ricerca di una varietà che possa sostituire degnamente Camarosa, ottima per produttività e sapore, ma particolarmente soggetta al difetto della deformità dei frutti.
“Sabrina rappresentava e rappresenta la cultivar più coltivata”, ci dice Andrea Ariano che coltiva 3 ettari di fragole a Parete (Ce), “tuttavia non è in grado di fornire produzioni molto elevate e non è particolarmente precoce. Per questo motivo sono state provate nel tempo diverse cultivar, tra le quali si è ritagliata un certo spazio Fortuna, anch’essa però con caratteristiche non del tutto soddisfacenti, mentre è scomparsa del tutto la cultivar Amiga”.
Da qualche anno si è affacciata sul mercato la varietà Melissa, precoce e con caratteristiche buone riguardo sia la produzione, sia il sapore e la tenuta. “Si tratta di una cultivar valida, ma che necessita di una tecnica colturale diversa dalle altre”, precisa Ariano, “poiché è molto rustica e può facilmente “sfuggire di mano” al fragolicoltore e fornire frutti di dimensione piuttosto elevata, poco graditi ai consumatori”. I produttori campani, però, hanno affinato la tecnica e quest’anno cominciano a confermare le ottime performance di Melissa.
“Per ora”, aggiunge Ariano, “nel mix varietale dei fragolicoltori Melissa occupa ancora una quota minoritaria (circa il 20%), ma quest’anno è stata determinante nella prima fase di produzione, quando l’andamento climatico è stato molto sfavorevole, consentendo ai produttori dell’area settentrionale regionale di “staccare” una discreta quota di prodotto tra metà gennaio e la prima decade di febbraio, in presenza di quotazioni commerciali interessanti”. Essendo una cultivar piuttosto rustica e vigorosa gradisce meno apporti di azoto.
“Melissa va gestita con attenzione”, aggiunge Giuseppe Mottola, fragolicoltore associato alla O.P. Gran Frutta Zani, “ed è buona norma sospendere tempestivamente gli apporti di azoto lasciando che le piante producano fintanto che non si “stancano”. Una soluzione per contenere la vigoria consiste nel coltivarla in “ristoppio”, pratica che consente di contenere sufficientemente il vigore vegetativo che, tra l’altro, impone anche un maggior onere nella fase di raccolta”.
Altra scelta colturale opportuna è legata al periodo di trapianto. “Bisogna trapiantare precocemente, nei primi giorni di ottobre, per fare entrare il più presto possibile la pianta in produzione, in modo da rallentare lo sviluppo vegetativo. Lo scorso anno i produttori si ritrovarono a gestire piante eccessivamente rigogliose poiché il materiale di propagazione fu consegnato tardi e i trapianti vennero effettuati a fine ottobre”.
Anche la provenienza delle piantine gioca un ruolo determinante per la buona riuscita della coltivazione. “Abbiamo verificato che le piantine provenienti dalla Polonia si comportano meglio nei nostri ambienti di coltivazione rispetto a quelle di provenienza spagnola”, sottolinea Ariano. “Quest’anno abbiamo scelto con cura sia la provenienza del materiale di propagazione, sia i tempi di consegna e i risultati sono ben evidenti. In futuro Melissa troverà sempre più spazio presso le aziende fragolicole campane e già il prossimo anno si prevede un raddoppio del numero di piante in coltivazione”.
Altra novità tecnica dell’area Nord della Campania è rappresentata dalla riduzione degli investimenti ad ettaro. “Si è passati a una densità minore, dalle 8 piante/mq di un tempo, alle 7 piante/mq attuali, anche per le esigenze delle nuove cultivar in commercio”, precisa Mottola. “Intanto, quest’annata è stata caratterizzata anche da una recrudescenza degli attacchi di ragnetto rosso per le elevate temperature registrate nel periodo autunnale e nella prima fase dell’inverno, mentre i tripidi sono comparsi subito con l’arrivo dei primi caldi primaverili”.
I fragolicoltori, comunque, si orientano sempre più verso la lotta integrata, con l’ausilio di fitoseidi per il controllo del ragnetto rosso e di Orius per quello dei tripidi, puntando, in qualche caso, ad un prodotto con residuo zero.
Clicca per collegarti all'edicola di Rivista di Frutticoltura 6/2018