Kiwi giallo, nuova idea per la forma di allevamento

kiwi giallo
Campo sperimentale di actinidia, varietà Jintao
Coltivare il kiwi secondo parametri non canonici sfruttando l'impianto di un ex-pereto. Se ne è parlato durante la visita guidata in campo tenutasi presso la Fondazione per l’Agricoltura F.lli Navarra (Ferrara) in collaborazione con Jingold e Consorzio Frutteto

In un contesto altamente sfidante per via degli effetti del cambiamento climatico che hanno caratterizzato gli ultimi anni, Jingold, azienda italiana punto di riferimento nella produzione e commercializzazione dei kiwi qualità premium, in collaborazione con la Fondazione per l’Agricoltura F.lli Navarra, ha avviato un progetto innovativo e sperimentale con protagonista l’actinidia. L’iniziativa è partita dall’idea di sfruttare impianti dismessi di pere, abbandonati per via delle recenti avversità che hanno colpito questo settore, per coltivare kiwi. In particolare il kiwi giallo di Jingold.

Spesso, però, negli impianti di pere, la distanza tra le file limita l’utilizzo per colture differenti. Questo fattore, tuttavia, non ha spaventato Stefano Molducci, Tecnico del Consorzio Frutteto Spa il quale, assieme a Emanuele Pierpaoli, responsabile sperimentazione Jingold, e in collaborazione con Alessandro Zago, responsabile sperimentazione frutticola della Fondazione Navarra, ha avanzato una proposta del tutto inaspettata. L’idea è nata da una domanda: è possibile coltivare kiwi secondo parametri non canonici sfruttando un ex pereto, quindi a distanze basse e senza spostare i pali?

Caratteristiche dell’impianto

Un’iniziativa virtuosa, quella portata avanti presso la Fondazione per l’Agricoltura F.lli Navarra. L’idea, nata nel 2021, è stata messa in pratica nel 2022.

La forma di allevamento classica dell’actinidia è in genere la doppia pergoletta, che richiede distanze di 4-4,5 metri per l'interfila, in modo da assecondare in orizzontale lo sviluppo dei tralci produttivi.

In questo caso, considerando le distanze pressoché obbligate dell’ex-pereto in cui è stata calata la coltura, le condizioni canoniche di allevamento sono state stravolte.

«Siamo partiti nel 2022 su un sesto d’impianto pari a 3,30 tra le file e poco più di 1,60 metri lungo la fila, con piante da vaso micro-innestate, di varietà di kiwi giallo Jintao. Le piante sono state fornite da Jingold con cui abbiamo concordato i tre diversi portinnesti da inserire: Tomuri, Bounty e Hayward».

Il campo si sviluppa su 9 file. Le prime due sono allevate a fusetto, la terza e la quarta a cordone permanente alto (circa 2,50 metri dal suolo), le restanti con una pergola di tipo tradizionale (con cordone ad altezza di circa 1,70 metri dal suolo). Nelle prime quattro file in totale ci sono 1800 piante, mentre nelle restanti, allevate in pergola tradizionale, ce ne sono 1200.

Gestione dell’irrigazione per il kiwi giallo

Durante lo sviluppo del progetto si è lavorato anche sul tema dell’acqua. Tra gestione degli apporti idrici e sanità della pianta, infatti, esiste una stretta correlazione: la moria delle piante di kiwi è spesso associata a uno scarso drenaggio o a un’errata conduzione dell’irrigazione.

L’impianto d’irrigazione di cui è stato dotato il campo è un impianto a goccia (distanza tra i gocciolatori: 40 cm) arricchito da un impianto microsprinkler sottochioma, utilizzato con un duplice scopo: antibrina in inverno, climatizzante d’estate. I punti goccia erogano 2,2 litri di acqua all’ora, mentre invece i microsprinkler 25 metri cubi d’acqua all’ora.

L’umidità del suolo è stata gestita e monitorata attraverso due stazioni dotate di tensiometri meccanici.

«Uno dei principali problemi di questa sperimentazione è stata la presenza dei due canali che circondano il campo – spiega Molducci -. Durante il periodo di irrigazione, questi canali vengono tenuti pieni d’acqua, e rallentano il drenaggio del campo. Questo ha fatto sì che a metà estate abbiamo avuto una zona centrale del campo dove si è creato un ristagno, comportando una moria di una chiazza di piante».

Impianto microsprinkler sottochioma dal duplice scopo: antibrina in inverno, climatizzante d’estate

Impollinazione carente

«Altri problemi che abbiamo riscontrato quest’anno sono stati problemi legati all’impollinazione – continua Molducci -. I maschi, in rapporto 1:7 con le femmine, non hanno ancora completato il loro sviluppo, pertanto la massa di polline presente non è stata sufficiente.

Abbiamo tuttavia ritenuto opportuno non procedere con un’impollinazione di tipo artificiale. Questo perché preferiamo seguire lo sviluppo naturale e non vogliamo, in futuro, andare a far fare dei lavori in più ad aziende che non hanno ancora strumentalmente acquisito la coltura».

Risultati a due anni dalla messa a dimora del kiwi giallo

Dopo due anni dalla messa a dimora della coltivazione, si possono iniziare a trarre alcune conclusioni.

Una delle caratteristiche vincenti del progetto, considerando la non particolare vocazionalità dell’impianto e del terreno, è stata la scelta della varietà di kiwi giallo Jintao, selezione naturale di Actinidia chinensis.

Questa varietà di kiwi è particolarmente rustica e adattabile a diverse condizioni pedoclimatiche.

«L’abbiamo vista e testata in ogni situazione – afferma Molducci -. Secondo la nostra esperienza, è una delle varietà più apprezzabili per resistenza e capacità di adattarsi alla variabilità delle condizioni climatiche. In particolare, ha una tolleranza all’abbassamento delle temperature, e inoltre non ha grande sensibilità alle abrasioni e ai colpi durante la raccolta. Questo è un vantaggio che è stato valutato in fase d’impianto: la rusticità della varietà permette di non avere danni per le forme non legate. Il fatto di non dover legare i rami consente un notevole risparmio in termini economici; si stimano, infatti, una sessantina di ore per ettaro per questo tipo di manodopera. Quindi se si riuscisse a produrre senza legare i tralci, per i coltivatori sarebbe un grandissimo vantaggio».

«Ci aspettavamo anche un maggiore infoltimento interfila – prosegue Molducci -. Lo sviluppo che hanno avuto le piante, invece, ci ha sorpresi ed ha consentito il passaggio dei mezzi meccanici, nonché una buona esposizione alla luce. Per una gestione di eventuale tralci era previsto anche un intervento con una barra falciante, al fine di creare il passaggio, che però, alla fine, non è stato necessario».

Parlando invece di portinnesti, il Bounty è quello che ha indotto una vigoria superiore rispetto a Tomuri e Hayward. In un terreno che non ha una vocazionalità particolare, il Bounty mostra una grande rusticità e una grande resistenza agli eventuali problemi che possono manifestarsi in campagna, come ad esempio la scarsa capacità di drenaggio di alcuni punti del campo: da questo stress, il Bounty ne è uscito senza gravi danni.

Inoltre, ha una grande resistenza nei confronti del brusone, cosa che invece gli altri due portinnesti non hanno.

La rusticità del portinnesto si riscontra anche sui frutti: sono stati, infatti, registrati risultati positivi sia per quanto riguarda il numero di frutti per pianta (quasi il doppio rispetto agli altri due portinnesti), che per quanto riguarda il calibro medio, che è generalmente più alto.

Un progetto che sfida il cambiamento climatico

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Patrizio Neri, presidente di Jingold

«In questa iniziativa ci abbiamo creduto fin dall’inizio – afferma il presidente di Jingold Patrizio Neri –. Il cambiamento climatico noi lo proviamo sulla nostra pelle giorno per giorno. Produzione che cala, malattie che avanzano, eventi metereologici estremi ingestibili. Il cambiamento climatico è palpabile, e tutta la filiera sente la necessità di invertire questa tendenza alla difficoltà di produzione. Le nostre aziende hanno bisogno di produrre. In questo contesto, la nostra sperimentazione rappresenta un esempio di come contrastare le condizioni climatiche con un’agricoltura di precisione. Oggi non possiamo più pensare di coltivare con i metodi di una volta, dobbiamo rimboccarci le maniche e rinnovarci, per salvare le nostre aziende e il nostro territorio. Siamo in una fase difficile, dobbiamo contrastarla. Questa iniziativa va proprio in quel senso lì».

«Abbiamo tanti progetti di sperimentazione in corso. Questo perché dobbiamo far fronte a tante problematiche: carenze idriche e temperature estreme – ha ribadito Molducci -. Alla richiesta di testare nuove forme di allevamento, abbiamo risposto con una sperimentazione del tutto innovativa nel campo del kiwi. Questo progetto ci sta dando una grande soddisfazione, e ci sta facendo capire che questa è la strada che dobbiamo seguire».

Kiwi giallo, nuova idea per la forma di allevamento - Ultima modifica: 2024-09-20T11:45:17+02:00 da Sara Vitali

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