Negli ultimi anni si è assistito ad una continua contrazione delle superfici destinate a pesco in tutti gli areali frutticoli campani, ma anche nazionali, e, dove ci sono le condizioni pedoclimatiche adatte, si pensa a colture alternative.
Nella Piana del Sele la coltivazione del pesco ha subito una forte contrazione, soprattutto a favore di kiwi e di colture destinate alla IV gamma, mentre nella provincia di Caserta, area molto vocata alla peschicoltura per le favorevoli condizioni pedoclimatiche, il trend sembra lo stesso, anche se meno rapido.
«La peschicoltura campana è di ottimo livello – ci dice Oreste Insero, esperto del settore – ma la situazione economica in cui versano molte aziende non consente di innovare. Già da qualche anno si sta assistendo a un cambiamento a favore di altre specie come, ad esempio il nocciolo e il mandorlo. Non è più raro, inoltre, trovare aree incolte che testimoniano il fallimento di alcune aziende peschicole».
Il pesco probabilmente pagherà un dazio assai elevato legato al calo di consumo di frutta, che ormai diventa sempre più un problema globale.
«Il motivo – dice Marco Granata, frutticoltore della provincia di Caserta – è collegato in particolare all’avvento di nuovi e temibili parassiti, come la Drosophila suzukii. Gli aspetti fitosanitari, quindi, complice l’andamento climatico, con primavere sempre più piovose, ha reso la difesa fitosanitaria del pesco più complicata e ciò si riflette negativamente sull’intera filiera».
Gli attacchi del moscerino non solo causano un danno diretto alla produzione, ma favoriscono l’instaurarsi della monilia con conseguenze negative sulla “tenuta” dei frutti nella fase post-raccolta; inoltre, è segnalata sempre più spesso la presenza di qualche focolaio della temibile sharka, non solo sui pescheti, ma anche su altre drupacee (albicocco, susino, ecc.).
«Il settore della distribuzione – aggiunge Granata – finora è apparso restio ad approvvigionarsi di grandi quantitativi di pesche poiché la “shelf-life” dei frutti è breve e, nonostante l’offerta si sia drasticamente ridotta (-20-25% negli ultimi 4-5 anni), si assiste ad un surplus di prodotto. I frutticoltori campani sono anche svantaggiati rispetto ai concorrenti poiché devono attenersi a disciplinari di produzione che sono tra i più rigidi a livello nazionale riguardo ai principi attivi da impiegare per la difesa. In Spagna, che rappresenta il principale concorrente, sono ammessi principi attivi che da noi sono vietati. Questa situazione favorisce gli spagnoli, soprattutto per l’esportazione».
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