Scrivo queste brevi considerazioni nel bel mezzo dell’emergenza sanitaria causata dal CoViD 19. Già ora le difficoltà per l’economia, il commercio, la logistica e quanto ne consegue sono importanti, ma sugli scenari futuri le previsioni potrebbero anche essere catastrofiche, soprattutto per le esportazioni e per tutto il sistema legato al marchio del “Made in Italy”. Come era facilmente prevedibile, aumentando in questi giorni il numero dei test effettuati, aumentano conseguentemente i casi di contagio anche negli altri Paesi europei e dovremo probabilmente aspettarci provvedimenti e comportamenti dei consumatori anche totalmente inediti.
Un contesto già in difficoltà
Non dimentichiamoci, però, la contingenza “tendenziale” di questo inizio d’anno per il nostro settore, sinteticamente caratterizzata dalle seguenti situazioni:
- indebolimento dell’economia europea, con particolare riferimento alla Germania che, da sola, rappresenta oltre il 50% del nostro export;
- inversione nella bilancia dei pagamenti con le importazioni di ortofrutta che superano le nostre esportazioni;
- rafforzamento strutturale della Grecia rivolto al mercato dell’Ue dopo l’applicazione dell’embargo russo;
- conferma del potenziale esportativo della Spagna, ricordando che il 94% è rivolto al mercato dell’Ue;
- infine, l’effetto negativo - prevalentemente psicologico per l’ortofrutta – dovuto, ancor prima del Coronavirus, alla Brexit e ai dazi Usa.
Tutto questo sta creando una forte pressione sul mercato interno italiano (Paese fanalino di coda in Ue per la crescita prevista nel 2020) e sul bacino del nostro export comunitario, aumentando le già critiche situazioni del settore. A fronte della drammatica situazione economica che si prospetta per il nostro Paese, a queste situazioni del mercato domestico occorre rispondere con una inedita azione condivisa e coordinata dell’intera filiera con il supporto pubblico delle Istituzioni interessate.
Organizzazioni Interprofessionali da rilanciare
Lo strumento interprofessionale ortofrutticolo, se fosse adeguatamente sostenuto sia al suo interno che all’esterno dal Ministero che lo ha riconosciuto, potrebbe svolgere con efficacia e snellezza le funzioni di cui necessitiamo in questa delicatissima contingenza:
- sintesi delle diverse priorità di promozione istituzionale a favore dell’aumento dei consumi;
- valorizzazione dei prodotti presso il consumatore italiano;
- adeguata comunicazione coordinata e di servizio sull’origine nazionale e la stagionalità dei prodotti;
- avvio di un adeguato percorso virtuoso di distintività e di aumento qualitativo generalizzato dell’ortofrutta nazionale.
Confermando questa visione per il settore nell’ambito del mercato nazionale, dobbiamo anche purtroppo obiettivamente registrare l’estrema difficoltà degli operatori e dei decisori aziendali ad abbandonare l’endemico individualismo e la consolidata parcellizzazione delle attività promozionali e, inoltre, occorre aprire un’approfondita discussione sull’ormai evidente sopraggiunta scarsa efficacia (almeno sulla nostra tipologia media di imprese) degli attuali impianti normativi, con particolare riferimento al reddito dei produttori agricoli e alla necessità di azioni di sistema.
Più che mai oggi serve una visione interprofessionale come una delle opzioni di innovazione del settore, non come il vecchio e burocratico strumento ostaggio delle rappresentanze, come probabilmente da qualcuno sono ancora percepite le O.I., non comprendendone appieno le potenzialità e le funzioni che sono soprattutto a vantaggio della parte più debole della catena di approvvigionamento, a salvaguardia della tenuta complessiva della filiera.
Nella confermata disponibilità di tutta la Moderna Distribuzione ad essere sia primaria protagonista dei possibili progetti interprofessionali, sia naturale strumento di rapporto con il consumatore, occorre però, da una parte, generalizzare a tutti i punti vendita la potenziale presenza dei messaggi istituzionali rivolti al consumo di ortofrutta e, dall’altra, fare sì che le Istituzioni esercitino una pressante “moral suasion” su tutta la filiera, con il Ministero dell’Agricoltura che finalmente si convinca della valenza di questi strumenti. Dobbiamo evitare l’ennesima occasione mancata per la quale l’intero settore, e in particolare la parte che rappresenta la produzione, potrebbe doversene pentire amaramente a fronte dei più che presumibili abbandoni produttivi.
Mancano vere azioni di sistema
Ritorno anche in questa occasione ad evidenziare certamente alle Istituzioni, ma anche alla generalità delle rappresentanze, che a oltre vent’anni dalla definizione dell’impianto della Organizzazione comune di mercato (Ocm) per il settore ortofrutticolo, la terza espressione organizzativa (quella di filiera, relativa alle Organizzazioni Interprofessionali) non ha ancora ricevuto sufficiente accompagnamento e sostegno (men che meno economico). Questo per poter svolgere appieno la propria funzione a completamento di una visione di “regolazione di mercato” che fa perno sulle Op e sulle Aop (strumenti di pertinenza della produzione agricola); una palese contraddizione che va assolutamente risolta anche perché la Commissione Europea, dopo quasi cinque lustri, ritiene ancora valida la sua visione dell’Ocm ortofrutticola come un tavolo che si regge su tre gambe (Op, Aop e Oi), tanto che la estende anche agli altri settori agricoli.
Quale migliore occasione di una crisi così profonda, estesa ed inedita per le sue cause, per riformare norme e comportamenti? Norme e comportamenti oggi determinano due lacune strutturali: i produttori non riescono a fare reddito e mancano vere azioni di sistema, strutturate e frutto di una strategia condivisa fra Istituzioni e rappresentanze. Mi pare fin troppo ovvio da dove si debba ripartire; proviamo ad innescare vere azioni di sistema e ne avranno beneficio soprattutto i produttori agricoli.