Nel paniere dei piccoli frutti sono comprese un ampio numero di specie tra le quali mirtilli, lamponi, more, ribes, uva spina e altri tipi di bacche. La produzione italiana di alcuni piccoli frutti (lamponi, ribes rosso e nero, uva spina) è stimata intorno alle 3.000 t all’anno (Istat, 2016). Si tratta di volumi contenuti se rapportati a quelli delle principali specie frutticole (mele, pere, kiwi o drupacee), ma comunque sintomatico di quanto articolata sia l’offerta di frutta di provenienza nazionale.
In realtà, negli ultimi anni il sistema produttivo è stato messo sotto pressione perché i piccoli frutti sono stati oggetto di un crescente interesse commerciale, sia in Italia che nell’Ue. Tra i principali fattori socio-economici che giocano un ruolo importante nella forte crescita della domanda e nel favorevole atteggiamento dei consumatori verso questi frutti vi è lo status di “superfood” (alimenti ricchi di sostanze nutraceutiche considerate benefiche per la salute), periodicamente rilanciato dai mezzi di comunicazione. In effetti, molte di queste bacche sono ritenute salutari, gustose e nutrienti oltre che versatili. Infatti, ampliando l’analisi ai mercati esteri con differenti gusti e abitudini di consumo dei pasti, i piccoli frutti si adattano anche ad essere utilizzati in diversi piatti (con yogurt o gelati, sulla pasta, in combinazione con formaggio, ecc..) e come parte di snack salutistici (ad es. nel Regno Unito sta prendendo piede l’abitudine di consumare mix di frutta in pezzi a metà giornata).
L’interesse del mercato italiano per alcune specie di piccoli frutti trova riscontro nell’andamento delle quotazioni di questi prodotti sui principali mercati ortofrutticoli (Fig. 1).
L’analisi riferita al mese di aprile 2018 ha registrato un trend positivo delle quotazioni sia dei lamponi che dei mirtilli di provenienza nazionale (per il periodo ottobre-marzo i dati sono riferiti a Pvn perché il prodotto viene importato, confezionato e commercializzato da aziende italiane). Le quotazioni dei lamponi a inizio aprile si sono attestate tra 17 e 18 €/kg, in forte rialzo rispetto al 2017, a fronte di quotazioni del prodotto iberico più contenute (16 €/kg). A loro volta, le quotazioni dei mirtilli si sono impennate ad aprile, con l’arrivo della produzione italiana, attestandosi su livelli più elevati dell’anno precedente (14-16 contro 16 €/kg).
D’altra parte, i mirtilli sono tra le specie di piccoli frutti più apprezzate (salubrità, proprietà nutrizionali). La domanda di mirtilli di buona qualità sta aumentando rapidamente quasi ovunque nel mondo. Ciò porta a un’espansione della produzione all’interno e all’esterno dell’Ue ed a una selezione delle aziende di produzione che privilegia quelle più grandi, più efficienti ed orientate a soddisfare le richieste della domanda.
In Italia i principali produttori di mirtilli (aziende agricole singole o associate e cooperative), sono localizzati in Trentino, Piemonte, Lombardia (Valtellina) e Veneto (provincia di Verona). Tuttavia, le aziende di produzione sono presenti anche al Sud (ad es. Calabria, Sicilia) e in molti casi sono parte integrante di un circuito commerciale che fa capo agli operatori settentrionali. Infatti, la produzione meridionale si integra con quella settentrionale dando continuità all’offerta nazionale nel periodo compreso tra aprile e settembre. Nel periodo di assenza dei frutti e di produzione nazionale scarsa o di basso livello qualitativo, si fa ricorso alle importazioni. Nel 2017 l’Italia ha importato principalmente mirtilli neri europei (77,2% – Vaccinium myrtillus) e in misura minore rossi (6% – Vaccinium vitis-idaea) e altre varietà specifiche (16,8%, mirtillo gigante americano – Vaccinium corymbosum e rosso americano – Vaccinium macrocarpon) (Tab. 1).
Le importazioni per il mercato del fresco provengono inizialmente dai Paesi mediterranei limitrofi (principalmente Spagna) e poi coinvolgono i prodotti d’oltre Oceano. Nel periodo di assenza della produzione nazionale l’Italia importa molto dal Cile che, da solo, garantisce circa un terzo delle esportazioni mondiali di questo frutto. Il Cile è dunque il punto di riferimento mondiale per il commercio dei mirtilli verso l’Italia, ma se il mercato continuerà a crescere anche altri Paesi dell’area andina (es. Perù) si ritaglieranno uno spazio di mercato più ampio. Il prodotto importato viene poi confezionato e immesso sul mercato con marche italiane che, in questo modo, garantiscono continuità di fornitura alla clientela.
Le prospettive di crescita della domanda di mirtilli sul mercato sono incoraggianti anche perché per la Grande Distribuzione Organizzata (GDO) italiana i mirtilli e alcune altre specie di piccoli frutti (lamponi, more) possono diventare un fattore distintivo del reparto ortofrutta, a condizione che il prodotto sia presentato in maniera adeguata ed opportunamente valorizzato (in “store promotion”). All’estero, alcune ricerche hanno messo in luce che i piccoli frutti sono acquistati prevalentemente da persone con alti livelli di reddito e questa circostanza li rende ancora più importanti come referenza del reparto ortofrutta.
In questa logica, per la GDO è importante avere interlocutori in grado di garantire oltre che la qualità merceologica (sapore, consistenza e durata di conservazione tramite il packaging) anche disponibilità per tutto l’arco dell’anno e sostenibilità delle tecniche di produzione (distanze e modalità di trasporto, uso dell’irrigazione, gestione del lavoro e altri aspetti legati all’impatto sul sistema economico e sociale dell’attività di coltivazione di questi frutti). La sfida dei prossimi anni per il sistema produttivo italiano, al fine di aumentare ulteriormente la presenza del prodotto nazionale sul mercato, è dunque quella di soddisfare le esigenze logistiche, di qualità e sostenibilità del prodotto provenienti dalla GDO nazionale ed estera.
Strategici anche per l’industria agro-alimentare
Nell’Ue la produzione di mirtilli è stimata in circa 70.000 t e i tre quarti provengono da tre soli Paesi: Polonia, Germania e Spagna. La maggior parte della produzione europea di mirtilli è commercializzata sul mercato del fresco, mentre in Nord America (Stati Uniti e Canada) questa quota è solo del 56%. In realtà, anche in Europa vi è un crescente interesse da parte dell’industria alimentare per l’utilizzo dei mirtilli come ingrediente per prodotti alimentari. I mirtilli hanno infatti caratteristiche (conservabilità, livelli di antiossidanti, vitamine e minerali) che li rendono più interessanti per l’industria rispetto alle altre specie di piccoli frutti.
Nell’ambito del settore alimentare, forme di trasformazione e di conservazione che utilizzano i mirtilli sono la preparazione di confetture, marmellate, gelatine, succhi, frutta sciroppata, sciroppi. Il mirtillo è poi una componente molto utilizzata per l’aromatizzazione di prodotti del settore lattiero-caseario (yogurt, creme), di bevande e di liquori. Vi è poi un ulteriore possibile utilizzo dei mirtilli per decorare dolci e come coloranti per alimenti (i limiti di legge ai coloranti artificiali hanno incrementato l’impiego del mirtillo).
La domanda industriale si articola dunque in molteplici segmenti e le opportunità di business che ciascuno di essi offre sono in molti casi ancora inesplorate. Non è un caso che dal 2007 al 2016, in tutto il mondo, siano stati immessi sul mercato più di 17.500 prodotti a base di mirtillo o semplicemente contenenti mirtilli. L’aspetto più interessante è che la maggior parte di questi prodotti è stata messa in vendita sul mercato europeo.
In particolare, nel 2016 i prodotti alimentari a base di mirtilli messi in vendita in Europa sono stati 1.285, cioè il 41,4% del totale. Il restante 58,6% (1.816 prodotti) è stato lanciato nel resto del mondo (Fig. 2).
Anche la destinazione industriale potrebbe dunque costituire uno sbocco interessante per la produzione nazionale di mirtilli. In questo caso, la valorizzazione delle specie più adatte (mirtillo selvatico europeo), derivante da una stretta collaborazione tra la ricerca e il mondo produttivo, deve costituire un punto di partenza importante per la definizione di uno spettro varietale in linea con le esigenze dell’industria di trasformazione. Tuttavia, va valutato che la concorrenza è molto agguerrita. La produzione nazionale deve competere con quella dei Paesi dove la meccanizzazione della raccolta e il basso costo della manodopera consentono di offrire il prodotto a quotazioni concorrenziali (Polonia, Europa dell’Est). Inoltre, anche nel segmento di mercato dei derivati di mirtillo si va delineando un’offerta extra-comunitaria competitiva. Infatti, con il CETA (l’accordo di libero scambio firmato tra Ue e Canada) molte produzioni agro-industriali, tra le quali anche i mirtilli e i prodotti trasformati da essi derivati, sono esenti da dazi. Nel 2016 il Canada è stato il principale esportatore di mirtilli congelati nell’Ue e la sua posizione è probabilmente destinata a rafforzarsi ulteriormente nei prossimi anni.
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