Il settore agroalimentare sta affrontando negli ultimi anni profondi cambiamenti sia in ambito internazionale, sia in ambito locale. Il contesto produttivo, in tutti i continenti del mondo, sta vivendo profonde mutazioni di diversi asset (economico-produttivi, ambientali ed etico-sociali). In parallelo, il continuo mutare dei sistemi geopolitici e il costante aggiornamento normativo volto a garantire gli approvvigionamenti (food security) e la sicurezza alimentare (food safety) comportano e comporteranno negli anni a venire profondi cambiamenti nel settore agroalimentare in tutti i Paesi del mondo. Oggi, assicurare il rispetto dei requisiti di sicurezza alimentare unitamente agli aspetti di sostenibilità, sta diventando un elemento distintivo per il consumatore, sempre più attento alla conoscenza della storia del prodotto e delle informazioni a esso collegate. Da diversi anni, nel panorama europeo e nazionale, molti player del settore distributivo (canali GDO, DO, HoReCa ecc.) stanno orientando le strategie interne verso un approvvigionamento più sostenibile dei prodotti agroalimentari che, oltre a rispettare i requisiti imposti dal legislatore (farm to fork), devono soddisfare anche i requisiti legati alla sostenibilità di filiera, nelle sue tre direttrici: economico, sociale ed ambientale. È sempre più pregnante quindi, la richiesta da parte degli attori della grande distribuzione, di un “orientamento alla filiera” da parte dei loro fornitori e produttori (aziende agricole). Questo significa un impegno trasversale e condiviso con tutti gli attori delle filiere agroalimentari (supply chain) che parte dalla pianificazione in campagna sino ad arrivare allo scaffale, sui banchi del supermercato. Ogni attore e processo della filiera vengono quindi presidiati costantemente in tutto il loro percorso. Per questo, l’attività di consulenza tecnica specializzata riveste particolare importanza e valore strategico per tutti gli operatori della filiera. Sicuramente, per rispondere a queste esigenze, sempre più forti e diffuse, il settore ha sviluppato negli anni alcuni strumenti utili, che possano favorire il raggiungimento degli obiettivi di filiera: le certificazioni agroalimentari.
Cosa sono le certificazioni
Le certificazioni sono norme e standard alimentari, spesso riconosciute a livello internazionale, che valutano ed attestano la conformità sia ai requisiti cogenti sia a quelli volontari. Si basano su diversi principi fondanti, tra cui: sicurezza alimentare, rintracciabilità, salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, tutela ambientale e valorizzazione delle biodiversità, tutela dei diritti dei lavoratori ecc.
Le certificazioni alimentari sono attestazioni volontarie. Allo stesso tempo però, sono considerate sempre di più come un vero e proprio prerequisito per entrare nelle catene di fornitura nazionale e per le attività di import/export.
Oltre al rispetto ed alla gestione dei requisiti obbligatori sulla sicurezza, qualità e legalità alimentare, gli standard per la certificazione alimentare richiedono l’adozione del ciclo di Deming o PDCA (Plan/DO/Check/Act = Pianifico/Eseguo/Controllo/Agisco e correggo) per il miglioramento aziendale continuo, l’approccio per processi e la gestione del rischio aziendale
Da una parte quindi, la certificazione agroalimentare fornisce gli strumenti alle organizzazioni per ottimizzare i processi, gestendo i requisiti applicabili, e dall’altra permette di soddisfare i requisiti volontari ed adeguarsi alla norma cogente.
Le certificazioni per le filiere vegetali
Diverse sono le certificazioni alimentari diffuse e riconosciute a livello internazionale. Di seguito se ne riportano alcune, di particolare interesse per le filiere vegetali:
- ISO 22005: definisce i requisiti per un sistema di rintracciabilità globale della filiera;
- FSSC 22000: contempla i requisiti delle norme ISO 22000 ed armonizza i requisiti di certificazione ed i metodi per ottenere sistema di sicurezza alimentare nella filiera;
- GLOBAL G.A.P: standard di certificazione privato che definisce i requisiti di attuazione di un sistema di gestione per la sicurezza e rispetto della normativa in agricoltura unitamente ai requisiti di sostenibilità ambientale e sociale; tale standard è applicabile alle organizzazioni del settore primario (aziende agricole);
- LEAF MARQUE: standard di certificazione di origine anglosassone (Linking Environment and Farming) con spiccato focus al miglioramento delle prestazioni agro-climatico-ambientali, nonché alla tutela e valorizzazione della biodiversità locale autoctona;
- Residuo Zero: standard di certificazione che prevede l’implementazione di un sistema di produzione e controllo delle coltivazioni sulla base di un disciplinare tecnico aderente alle singole realtà produttive, con l’obiettivo di garantire prodotti agroalimentari che presentino residui finali di prodotti fitosanitari (al momento della raccolta) inferiori ai limiti di determinazione analitica (0,01 mg/kg).
- On the way to Planet Proof: standard di Certificazione Olandese, basata sui principi di un’agricoltura più sostenibile e rigenerativa
Il Sistema “Qualità Nazionale Produzione Integrata”
In Italia è presente altresì uno protocollo di certificazione definito “Sistema Qualità Nazionale Produzione Integrata” meglio conosciuto con l’acronimo SQNPI. Tale schema ha come obiettivo quello di valorizzare le produzioni agricole vegetali ottenute in conformità ai disciplinari regionali di produzione integrata. Tale sistema è riconosciuto a livello comunitario (Reg. CE 1974/2006). Per “Produzione Integrata” si intende “il sistema di produzione agroalimentare che utilizza tutti i mezzi produttivi e di difesa delle produzioni agricole dalle avversità volti a ridurre al minimo l’uso delle sostanze chimiche di sintesi e a razionalizzare la fertilizzazione, nel rispetto dei principi ecologici, economici e tossicologici” (fonte: reterurale.it). SQNPI, istituita con la legge n° 4 del 3 Febbraio 2011, si fonda sul rispetto dei Disciplinari di Produzione Integrata Regionali, aggiornati con cadenza annuale, per quanto concerne la difesa delle avversità (ivi compreso il diserbo), la fertilizzazione, e tutte le altre pratiche agronomiche (irrigazione, semine, ecc). Ha l’obiettivo di garantire una qualità del prodotto finale significativamente superiore alle norme commerciali corrente (fonte: reterurale.it).
Per questo regime si ritiene utile segnalare che vi è altresì la possibilità di fruire del regime di equivalenza (D.M 8 maggio 2014), con i sistemi qualità regionali già attivi da anni in alcune regioni italiane (a solo titolo di esempio, Piemonte AgriQualità, Agriqualità in Toscana, Qualità Verificata in Veneto, Qualità Controllata in Emilia Romagna, Qualità sicura garantita in Sicilia, ecc) al fine di poter apporre sui prodotti finiti derivanti da agricoltura integrata, sia il marchio regionale sia quello specifico dell’ SQNPI “Qualità sostenibile”.
Tale certificazione, che deve essere rinnovata annualmente, può essere estesa sia ad operatori agricoli singoli sia associati (gruppi di produttori con capofiliera) per i prodotti ortofrutticoli freschi e trasformati, derivati dalle produzioni vegetali (es. olio di oliva, vini, miele, passata di pomodori, ecc). L’adesione può essere estesa all’intera azienda o a singole colture per l’intera superficie (non sono ammesse le “colture parallele”).
Il conseguimento di tale certificazione si può attuare in due direttrici: livello “base” (idoneità agro-climatico ambientale), livello “avanzato” (utilizzo del marchio, opzionale).
Al 31 Dicembre 2020 si contavano 17.029 aziende certificate SQNPI, per un totale di 279.197, 80 ha ripartiti in 115.615, 62 ha di seminativi, 75.960, 70 ha di vite, 31.149, 64 ha a olivo, 26.448, 41 ha a frutticole, 30. 023,44 ha di altre categorie (floricole ed ornamentali, IV gamma, fungaie, ecc. Fonte: reterurale.it).
Il nuovo Piano di Azione Nazionale (PAN, attualmente ancora in via di approvazione), prevederebbe tra i nuovi obiettivi, un aumento del 30 % delle superfici condotte con il metodo della produzione integrata certificata ai sensi della legge n° 4 del 3 Febbraio 2011 (SQNPI), con riferimento all’anno 2017.
Il protocollo Global GAP
In parallelo in Italia, negli ultimi anni sul tema delle certificazioni agroalimentari di prodotto e di processo, applicabili direttamente alla produzione primaria (aziende agricole), si è sviluppata molto la richiesta intorno allo standard GLOBAL G.A.P.
Il protocollo Global GAP, nato inizialmente nel 1997 come EurpGap, è stato creato dall’Eurep (Euro-Retailer Produce Working Group) dall’unione di diverse tra le più importanti catene distributive europee al fine di rispondere in modo efficace e sempre più virtuoso alle crescenti esigenze di sicurezza alimentare unitamente alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e alla tutela ambientale.
Tale protocollo definisce quelle che sono le buone pratiche agricole (G.A.P = Good Agricultural Practice) con riferimento agli elementi essenziali della best practise (migliore tecnica) applicabile ad aziende agricole (produzioni vegetali, produzioni animali/allevamenti, acquacoltura, floricoltura, ecc).
A questo protocollo hanno aderito negli anni diversi soggetti coinvolti nella filiera agroalimentare tra cui i produttori (singoli o associati in organizzazioni), gruppi/catene della grande distribuzione organizzata europea nonché altri stakeholders associati quali organismi di controllo, laboratori, società di consulenza, aziende produttrici di mezzi tecnici per l’agricoltura, ecc.
Nato come principale requisito per le produzioni e la commercializzazione di prodotti alimentari nel mercato Nord Europeo, negli ultimi anni sta riscuotendo successo crescente anche nel nostro Paese, quale importante strumento per garantire un vantaggio competitivo (quali-quantitativo) specialmente in ottica BtB (operatori Business to Business).
Il protocollo, in termini generali, prevede la gestione di requisiti relativi agli aspetti di natura territoriale ed ambientale (storia, gestione dei siti e dei suoli, fonti inquinamento e gestione dei rifiuti), prodotto (uso responsabile dei prodotti fitosanitari, uso razionale dell’acqua, protezione delle colture e modalità dei trattamenti secondo le regole internazionali della difesa integrata (IPM)), salute e sicurezza dei lavoratori ed elementi relativi alla corretta gestione degli adempimenti in azienda.
Ad oggi sono disponibili due opzioni di certificazione: singola (azienda agricola semplice) in opzione 1 e associata (gruppo di produttori organizzati con capi-filiera) in opzione 2.
Nell’ultimo decennio sono stati sviluppati a corredo di tale standard anche dei moduli aggiuntivi (add-ons) legati al rispetto di specifici requisiti per alcune tematiche o richieste della distribuzione, come ad esempio SPRING - uso efficiente della risorsa idrica – e GRASP valutazione etico-sociale delle aziende agricole.
Una delle più importanti novità dell’ultimo anno ha riguardato un tema di fondamentale importanza per il consumatore finale: la possibilità prima esclusa, de facto, di poter apporre il logo della certificazione Global GAP, mediante apposita etichetta, sulle produzioni alimentari ottenute mediante questo standard di agricoltura certificata (fonte www. ggn.org). Tale opzione è già resa possibile per le produzioni ottenute da floricoltura ed acquacoltura certificata.
La possibilità dello standard di adempiere efficacemente alle richieste sempre più stringenti degli attori del settore distributivo, lo hanno reso ampiamente condiviso ed accettato dai principali player del mercato, rappresentando una vera e propria linea guida universale per le buone pratiche agricole in tutto il mondo.
Sempre più certificazioni
In termini generali, lo sviluppo del settore delle certificazioni, ora e in futuro, rivestirà sempre maggiore importanza, in particolare come requisito fondamentale per la selezione e successiva qualifica degli operatori che opereranno nelle filiere controllate. Alla luce dell’evoluzione normativa, e delle sempre più pregnanti esigenze del consumatore è previsto nei prossimi anni, un ulteriore rafforzamento di questi sistemi di controllo a supporto e garanzia del settore agroalimentare (es. nuovo SQNPI, nuovo standard Global GAP versione 6), con particolare enfasi sulla sostenibilità ambientale e sociale e per una più capillare diffusione della cultura della sicurezza alimentare lungo tutta la filiera.