Settore ortofrutticolo alle prese con le sfide del Green Deal

Green Deal
Gli obiettivi della Farm to Fork a oggi appaiono di difficile raggiungimento. Ci si augura che quanto prima venga prodotto uno studio di impatto da parte della Commissione

La riforma della Pac dopo un lungo percorso lanciato nel 2017 con una consultazione pubblica dall’allora Commissario Phill Hogan, sta giungendo finalmente a conclusione.
Tuttavia per il mondo dell’ortofrutta sarà incidente soprattutto il nuovo Green Deal europeo lanciato nel 2019, poco dopo l’insediamento dalla nuova Commissione europea. Si tratta di una politica trasversale e intersettoriale che mira alla neutralità delle emissioni clima alteranti entro il 2050. Dal 1990 l’Ue ha già ridotto di oltre il 23% le emissioni di gas a effetto serra, tuttavia, mantenendo le attuali politiche, si stima che la riduzione delle emissioni di gas clima alteranti sarà limitata solo al 60% entro il 2050, da qui il disegno di future azioni per il clima molto più ambiziose e a tappe serrate per raggiungere e superare la soglia di riduzione del 50% già dal 2030.

Cosa prevede il piano d’azione del Green Deal

Il Green Deal europeo prevede un piano d’azione volto a promuovere l’uso efficiente delle risorse passando a un’economia pulita e circolare; ripristinare la biodiversità e ridurre l’inquinamento.

Il piano illustra gli investimenti necessari e spiega come garantire una transizione equa e inclusiva. Si spinge a disegnare nuovi scenari di politica estera incentrati sulla sostenibilità e ad affermare che se dovessero persistere livelli diversi di ambizione su scala mondiale, mentre l’Ue aumenta i suoi interventi in campo climatico, la Commissione proporrà, per determinati settori, un nuovo meccanismo di reciprocità attraverso barriere tariffarie per l’adeguamento del carbonio alle frontiere, garantendo in questo modo, che il prezzo delle importazioni tenga conto del loro tenore di carbonio.
Il piano d’azione ha una road map che nel corso del 2020 ha visto l’emanazione di due importanti strategie che indirizzeranno le scelte e gli interventi di politica agricola dei prossimi anni: la strategia sulla biodiversità e quella dal produttore al consumatore. Infatti secondo gli intenti della Commissione la nuova Pac dovrà perseguire gli obiettivi di sostenibilità tracciati in queste due strategie salvaguardando al contempo il reddito degli agricoltori.

Green DealIl settore ortofrutticolo dovrà contribuire attraverso le azioni della propria strategia ambientale che sarà parte del piano strategico che ogni stato membro dovrà elaborare.
Tra gli aspetti più significativi, la strategia sull’incremento della biodiversità prevede che all’interno dell’Unione europea almeno il 30% delle superfici contribuisca alla realizzazione di una rete ecologica trans europea attraverso provvedimenti legislativi in continuità con rete natura 2000, che il 10% delle superfici agricole sia destinato a ospitare elementi caratteristici del paesaggio, che almeno il 25% dei terreni agricoli sia coltivato col metodo dell’agricoltura biologica e che si attui un contrasto al declino del numero dei pronubi.

Proprio su questo’ultimo aspetto il collegamento viene immediato con la strategia Farm to Fork che al 2030 fissa alcuni obiettivi molto significativi come: la riduzione dell’uso dei pesticidi chimici del 50%, la riduzione del 50% di quelli più pericolosi, la riduzione del 20% dell’uso dei feritilizzanti e la riduzione del 50% delle perdite di nutrienti e ribadisce l’obiettivo di avere almeno il 25% di coltivazioni biologiche.
Va sottolineato come le due strategie si richiamano vicendevolmente sottolineando le sinergie tra tutela dell’ambiente naturale e tutela del consumatore e che la transizione deve essere sostenuta dalla Pac. La quale avendo di fatto demandato le proprie azioni alla definizione dei piani strategici ad opera degli Stati membri si concretizza di fatto in una riforma di metodo e non di merito. Sarà di fatto la “soft law” data dal piano strategico a definire l’accesso ai finanziamenti della futura Pac e le azioni da attuare.

Obiettivi Green Deal di difficile raggiungimento

Azzardando una sommaria valutazione di impatto, che ci auguriamo la Commissione realizzi al più presto, potremmo dire che per il settore ortofrutticolo gli obiettivi della Farm to Fork appaiono di difficile raggiungimento. La pressione delle avversità che registriamo ogni anno di tipo biotico e climatico sono tali da mettere a rischio la produttività dei frutteti. Allo stesso tempo la velocità con cui si susseguono virosi, batteriosi e sbalzi termici, eccessi o carenza di piogge sono più veloci della capacità di adattamento finora messa in campo.

In particolare appare poco realistica la riduzione del 50% dell’impiego di prodotti fitosanitari di sintesi entro il 2030. La ricerca e commercializzazione di biopesticidi è in forte crescita e la registrazione di nuove molecole bio sta sopravanzando quella di sintesi, tuttavia secondo le previsioni formulate da IBMA (International Biocontrol Manufacturers Association) alle Giornate fitopatologiche del 2018, nel 2030 la forbice appare ancora nettamente a favore della chimica convenzionale e si valuta che solo nel 2050 vi sarà una sufficiente disponibilità di nuove molecole green in grado di sostituire oltre il 50% di quelle convenzionali.

Riguardo alla diminuzione di quelle più pericolose da anni il processo è stato anticipato su base volontaria per chi ha aderito ai disciplinari di produzione integrata, ma nel contempo prima la direttiva 91/414 poi il regolamento Ce n. 1107/2009 hanno portato ad una revisione dei principi attivi sempre più stringente. Questo processo di revisione non ha fatto registrare una sostituzione di vecchi prodotti con nuove molecole meno pericolose, poiché il percorso di registrazione è divenuto più complesso e le ditte produttrici hanno speso più risorse a difendere i dossier dei prodotti esistenti piuttosto che a svilupparne di nuovi, di fronte alla lentezza con cui giungono a conclusione i dossier previsti col regolamento Ce n. 1107/2009. Anche negli ultimi due anni abbiamo visto come a fronte di nuovi parassiti come la cimice asiatica, che hanno fatto esplodere i danni alle colture, il processo di revisione è andato avanti senza incertezze, interessando anche una delle poche molecole efficaci come il Clorpiriphos metile.

Uno studio di impatto economico della strategia

Il forte indirizzo assunto dalla Commissione europea e le conseguenze economiche che potrà determinare non ha lasciato indifferenti gli altri paesi, primi fra tutti gli Stati Uniti che attraverso il Servizio di ricerche economiche del Dipartimento dell’agricoltura hanno pubblicato uno studio di impatto economico della strategia green dell’Unione europea. Lo studio prende in considerazione la riduzione degli input chimici, la riduzione del 10% delle terre per la biodiversità e anche le conseguenze sugli allevamenti, fa tre ipotesi: applicazione della strategia solo nella Ue, nella Ue più gli stati coi quali ha normalmente scambi commerciali di importazione, infine una applicazione su scala globale.

Quello che emerge nello scenario intermedio, che prevede l’applicazione di comportamenti simili ai fornitori del mercato unionale, si avrebbe nella Ue una riduzione della produzione stimata all’11%, una diminuzione del commercio estero del 10% e una crescita del fatturato agricolo e della spesa per generi alimentari del consumatore che metterebbe a rischio gli strati più deboli della popolazione.

Le ipotesi formulate non paiono prendere in considerazione la curva di adattamento che l’Ue metterà in atto dalle compensazioni per gli agricoltori, dalla lotta allo spreco e dalla crescita del biologico e quindi ci auguriamo che quanto prima anche da parte della Commissione venga prodotto uno studio di impatto per dare maggiore consistenza al dibattito.

Investire in ricerca, innovazione e formazione

Tornando al settore ortofrutticolo il futuro appare condizionato soprattutto dal minore impiego della chimica e quindi assisteremo a una accelerazione verso tecniche di difesa basate su bio-controllori quali gli insetti utili o estratti da piante, tanta tecnica agronomica di precisione, un uso oculato dei fertilizzanti e soprattutto avremmo necessità di più ricerca genetica per valorizzare le caratteristiche di resilienza proprie delle specie arboree.
Saranno soprattutto la ricerca, l’innovazione e la formazione gli investimenti più importanti da fare per adattare l’intera filiera ortofrutticola e accrescere la sua sostenibilità come non ha mai fatto prima.

Settore ortofrutticolo alle prese con le sfide del Green Deal - Ultima modifica: 2020-12-17T11:53:23+01:00 da Lucia Berti

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