Tra le problematiche legate al Coronavirus - dalla difficoltà di mercato alla logistica, fino alla carenza di manodopera - e i danni del maltempo – gelate notturne a fine marzo e a inizio aprile che hanno provocato gravi danni alle colture frutticole come albicocche, pere e mele in una fase vegetativa delicatissima - inizia un altro anno difficile per la frutticoltura.
Intervenire per evitare il lockdown
In questo periodo le aziende ortofrutticole italiane stanno garantendo senza interruzione i rifornimenti ai punti vendita, ma l’emergenza Coronavirus inizia a destabilizzare anche questo comparto.
Da Confagricoltura la richiesta di intervento per evitare il lockdown: «Attualmente il problema è limitato alle primizie, come le fragole, o gli asparagi, ma il timore degli operatori è che l’emergenza si acuisca nei prossimi giorni, quando, in particolare al Sud, inizierà la raccolta di zucchine, melanzane, pomodori e peperoni. Di qui la necessità di misure ad hoc, quale la richiesta alla Commissione UE di poter effettuare un ritiro straordinario dal mercato di prodotti ortofrutticoli, allargando l’attuale elenco e snellendo le procedure, con risorse aggiuntive a quelle dei correnti programmi operativi. Confagricoltura è intervenuta predisponendo alcuni emendamenti al decreto “Cura Italia”, nell’ambito delle misure di sostegno al settore agricolo, quali la previsione di risorse straordinarie di almeno 20 milioni di Euro da utilizzare a supporto di quei comparti ortofrutticoli, come la fragola, particolarmente colpiti dall’effetto dell’emergenza Covid-19, prevedendo l’estensione della copertura anche ai produttori non soci delle OP».
L’ortofrutta va avanti ma manca la manodopera
Sulle conseguenze del coronavirus sul comparto, a partire dalle difficoltà legate alla raccolta per carenza di manodopera, ha fatto il punto Paolo Bruni, presidente del Cso Italy (Centro servizi ortofrutticoli) di Ferrara (ne abbiamo parlato qui “Bruni, Cso: «Ecco come reagisce l’ortofrutta al Coronavirus»”).
«A causa della emergenza sanitaria Covid-19, la chiusura delle frontiere nei Paesi UE ed extra-UE rischia di ostacolare fortemente l'arrivo di manodopera straniera in Italia: la carenza di lavoratori stagionali stranieri, dunque, sta già mettendo in allarme i produttori agricoli che si trovano a fronteggiare la mancanza di manodopera per raccogliere i prodotti che progressivamente maturano in campo. Notoriamente, da molti anni, i lavoratori stagionali in agricoltura sono costituiti da una grossa fetta di stranieri. Infatti, in Italia, la quota di lavoratori stranieri impiegati in agricoltura è aumentata dal 15 al 20% del totale dei migranti nel periodo 2011-2017 (fonte Centro Comune di Ricerca Commissione Europea). Indicativamente, secondo ultime stime, quasi 1/3 degli operai agricoli è di provenienza straniera».
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Purtroppo il Coronavirus ha avuto effetti repentini e negativi anche sulla circolazione delle merci sia in ambito comunitario che extracomunitario.
«Appena è stata acclamata la situazione – continua Bruni – le nostre merci sono state bloccate ingiustificatamente alle frontiere, strumentalizzando anche il fatto che le merci italiane potessero essere veicolo del virus. Ad oggi la situazione è andata migliorando anche grazie alle linee guida emanate dalla Commissione Europea lo scorso 23 marzo, su pressione delle diverse Organizzazioni ed Associazioni, che hanno contribuito a creare dei “corridoi preferenziali” per i prodotti ed i servizi essenziali -tra i quali anche i prodotti deperibili come l’ortofrutta. Diverso è invece il discorso verso Paesi extracomunitari dove abbiamo avuto di riflesso l’onda negativa dell’arresto delle attività e di conseguenza anche nei porti in quei Paesi che sono stati colpiti prima dal Coronavirus per cui non c’era ad esempio disponibilità di container. Tuttavia, l’emergenza si è scatenata praticamente alla fine della campagna commerciale di alcuni dei prodotti maggiormente esportati verso destinazioni così lontane come ad esempio il kiwi, mentre possono soffrire maggiormente questa situazione prodotti come le mele: si pensi all’India, che attualmente è in lockdown e ci sono diverse decine di container verso questo paese».
Una situazione aggravata dal clima
Ma all’emergenza del coronavirus si somma quella del clima (ne abbiamo parlato qui).
Particolarmente rilevante sembra essere l’impatto del gelo, arrivato su gran parte del Paese tra fine marzo e inizio aprile, sulle drupacee, in primis in Emilia-Romagna e nelle altre aree del Nord. Da Coldiretti, Cia e Confagricoltura Emilia-Romagna arrivano le segnalazioni dei danni nei frutteti: per le albicocche è previsto un crollo di Plv vicino all’80-90%, nelle susine dal 60 all’80% e nelle pesche e nettarine intorno al 50-60%. Giù il raccolto del 60% nel kiwi giallo e del 40% nel verde. Mancherà inoltre il 5% della produzione di kaki. Le pere delle varietà Abate Fetel e William rosso sono state danneggiate nella parte bassa della pianta, dove si stima il 30% di prodotto in meno. Si temono danni anche a posteriori nella fase di formazione del frutto, che ne precluderebbero la commercializzazione; questo vale persino nelle coltivazioni di fragole sotto serra a causa degli eccessivi sbalzi termici.
«Oltre alla pesante perdita di produzione frutticola di cui stiamo verificando l’entità zona per zona, stando al fianco dei nostri produttori - osserva il presidente regionale di Confagricoltura, Marcello Bonvicini - sarà drastico l’impatto sull’indotto anche a valle e a monte della filiera e soprattutto in termini di giornate di lavoro perse nelle operazioni colturali dal diradamento dei frutti alla raccolta e a seguire nelle successive attività di pre e post confezionamento del prodotto, con evidenti disastrose ricadute sulla tenuta sociale ed economica. Da una stima prudenziale i danni derivanti dalla mancata occupazione si attestano intorno ai 37 milioni di euro nel comparto albicocche; 78 milioni nelle pesche e nettarine; 12 milioni nelle susine e 5 nelle ciliegie, ovverosia le specie più colpite dall’improvvisa massa di aria fredda».
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