ll melo e il pero, al pari delle altre piante da frutto, da sempre sono stati allevati con sistemi molto diversi, ma mentre nel Medioevo i monaci utilizzavano forme complesse per allevare splendide piante nei loro monasteri, oggi si esige che nei frutteti commerciali la forma di allevamento sia semplice e indirizzata alla produttività. L’allevamento a fusetto (spindel) nelle sue varie forme è stato introdotto in Europa da più di 50 anni e si sta tutt’ora estendendo a nuove aree di recente sviluppo. Le aziende vivaistiche hanno messo a punto tecniche raffinate per formare alberi con molti rami anticipati adatti all’allevamento a spindel. L’impianto con 3.500-4.500 alberi/ha a fusetto è attualmente il modello accettato nelle aree frutticole di quasi tutto il mondo, sia all’Ovest, Europa e Americhe, che all’Est, in Paesi come Russia e Cina dove migliaia di ettari sono piantati in nuove aree frutticole.
Eppure, dopo decenni di allevamento a fusetto molti frutticoltori sono oggi consapevoli dei limiti di questo sistema di allevamento e, in particolare, della difficoltà nel mantenere una vigoria equilibrata, che normalmente si ottiene con una robusta impalcatura di base, che però è poco produttiva ed ostacola la meccanizzazione. La tendenza delle piante da frutto a spostare la produzione verso l’alto e verso l’esterno è la principale causa per la quale difficilmente i frutteti superano i 20 anni prima di essere sostituiti. Nel 2007, la ditta Vivai Mazzoni ha brevettato il Bibaum®, una pianta con 2 assi verticali ad ipsilon da disporre lungo la linea del filare per ottenere alberi equilibrati senza palco di base. La produttività e l’attitudine alla meccanizzazione sono state la chiave del suo successo, come confermato dal crescente numero di ettari (ad oggi oltre 2.500) piantati ogni anno in diverse aree frutticole, che ha indotto altri gruppi vivaistici a richiedere ed ottenere la licenza per produrre questo tipo di piante. Da allora, in oltre un decennio di prove sperimentali e di verifiche aziendali, sono stati fatti enormi passi avanti sulle forme di allevamento in parete, passando dagli impianti a 3 e 4 assi fino ad arrivare all’allevamento a Guyot che, per certi aspetti, è un ritorno alle antiche forme di allevamento a contro-spalliera.
Le prove di allevamento
Nelle prove di allevamento alla Fondazione E. Mach si è ottenuta una progressiva riduzione della larghezza della parete frutticola incrementando il numero di assi per albero. Siamo partiti nel 2005 con il doppio asse o Bibaum su melo e pero e siamo passati progressivamente a 3, 4, 6, 8 assi permanenti e più recentemente al Guyot, un sistema totalmente diverso di allevare le piante. Nell’allevamento a Guyot, termine mutuato dalla viticoltura, viene superato il sistema tradizionale di allevare uno o più assi verticali permanenti. La geometria della pianta è ruotata di 90 gradi. La struttura primaria dell’albero, il tronco, anziché essere allevato in verticale, è disteso in orizzontale per formare uno o due cordoni paralleli al terreno a mezzo metro di altezza. A causa di questa energica piegatura del fusto si forma rapidamente una struttura secondaria, composta da eventuali germogli e rami anticipati e da nuovi rami verticali. Il numero di questi rami verticali, per l’intera vita del frutteto, non è nemmeno definito e può variare da 5 a 20 per pianta a seconda della distanza tra gli alberi e del loro vigore.
L’obiettivo è quello di promuovere la crescita di una popolazione di 25.000-30.000 assi verticali per ha che partono tutti dal basso, a mezzo metro da terra. Le ramificazioni laterali di questi “assi” verticali, naturalmente già corte rispetto ad una pianta monocaule, vengono ulteriormente raccorciate a 1 o 2 gemme con un intervento a inizio estate e un secondo in post-raccolta. Il controllo della vegetazione degli assi è assicurato sia dal loro numero, sia dalla loro posizione. La pianta, impegnata nel far crescere non uno o due, ma 10-15 di queste “cime”, le fa ingrossare in diametro molto meno di una cima sola. Qualora crescano eccessivamente in diametro e altezza sono rimossi lasciando uno sperone sulla branca portante orizzontale. Si ottiene così una chioma bidimensionale larga appena 30-40 cm con frutti portati esclusivamente da assi verticali.
La distanza di impianto del Guyot è molto diversa dal fusetto; nel 2009, nella prima serie di esperimenti di doppio Guyot ottenuto da Bibaum, si era partiti con un interfilare largo 2,75 m, mentre lo spazio tra le piante sulla fila variava da 1,5 a 2,8 m a seconda del portinnesto. In una seconda serie di prove nel 2015 il doppio Guyot da Bibaum è stato piantato a 2 m tra le file e a 2,4 m sulla fila, sia su melo che su pero. Nelle prove più recenti, dal 2016 al 2018, si è mantenuto l’interfilare di 2 m e si è aumentata la densità di impianto fino a 4.200 alberi/ha, introducendo anche il Guyot singolo, a partire da astoni tradizionali.
Orientativamente, per il Guyot singolo sono preferibili terreni meno fertili dove sia necessario stringere il sesto di impianto sotto 1,8 m sulla fila. Il Guyot doppio, invece, è adatto ad ambienti fertili dove la distanza tra le piante può superare i 2 m.
L'articolo completo di tabelle è pubblicato su rivista di Frutticoltura n. 8/2018
Valutazioni del sistema guyot
Osservando un meleto a Guyot colpisce il basso numero e l’altezza degli alberi, decisamente ridotta rispetto ad un allevamento a fusetto (vedi foto in apertura). Infatti, l’altezza della parete produttiva è determinata dalla lunghezza dei rami anticipati degli astoni ottenuti in vivaio e questo comporta che un albero alto 2 m, con rami lunghi 50 cm, forma una parete alta appena un metro (0,5+0,5m). Per questo il sistema a Guyot è adatto ad ottenere un frutteto “pedonale” o “semi-pedonale”. Occorrono due o tre anni per riempire lo spazio di 1,5-2 m tra il cordone orizzontale e l’apice della pianta, che viene controllata con la potatura estiva.
La risposta al taglio estivo “Lorette” si osserva sia su melo che su pero, anche se in modo diverso tra le due specie. La scelta dell’epoca di piegatura è importante per ottenere una crescita equilibrata dei rami verticali. Il Guyot non è invece adatto per raggiungere altezze tradizionali superiori ai 3,5 m e nemmeno per distanze tra i filari superiori a 3 m.
Nonostante l’aspetto altamente intensivo del frutteto adulto, il numero di alberi per ettaro del Guyot può variare da 1.800 a 4.500, valori medio bassi di intensità di impianto.
Poiché le branche sono sviluppate verticalmente invece che orizzontalmente, non esiste un palco di base e lo spessore della chioma è costantemente ridotto a 0,3-0,4 m in ogni posizione della pianta, dal basso all’alto, e per tutta la vita dell’impianto.
Questo spessore particolarmente ridotto assicura un passaggio libero di 160-170 cm in ogni stagione, sufficiente per trattori e attrezzatura standard anche con interfilari larghi appena 2 m. Interfilari di 2,75 m hanno dimostrato di essere inutilmente larghi per questa forma di allevamento e di rallentare l’entrata in produzione. Con attrezzature particolarmente strette o dove le macchine sono comunque impossibilitate a transitare, come nei frutteti in forte pendenza, si può anche arrivare a 150 cm tra le file con alberi di altezza di 180 cm. L’albero allevato a Guyot risulta talmente stretto da riaprire la questione sull’opportunità della tecnica di impianto a doppie file, che in passato si è rivelata fallimentare nel caso del fusetto del melo. Impianti realizzati dal 2015 al 2018 in aziende private utilizzando doppie file a 2,2 + 1,4 m sono risultati molto produttivi e ben gestibili completamente da terra.
La fase iniziale di allevamento del Guyot è estremamente importante e richiede molta attenzione. Occorrono circa 250 ore per ettaro nel primo anno per dare forma alle piante: è necessario piegare progressivamente gli astoni, legare i rami verticalmente, rimuovere i frutti dalle cime ed eliminare la vegetazione superflua. L’allevamento della pianta nel primo anno deve essere fatto gradualmente, correggendo la crescita delle piante con numerosi interventi manuali tra primavera ed estate. Il pero è più problematico del melo in quanto il legno è meno flessibile e, in risposta alla piegatura in orizzontale, la pianta inverte la dominanza apicale in maniera più accentuata del melo richiedendo alcuni accorgimenti per ottenere un buon equilibrio tra gli assi.
Sono necessarie altre 100-150 ore per ettaro negli anni successivi per completare la legatura dei 25.000 rami verticali per ha, impiegando gancetti in gomma, più pratici rispetto alla classica legatura con filo a tubetto in PVC. Per quanto riguarda il mantenimento della struttura negli impianti adulti, la maggior parte delle operazioni di potatura è effettuata durante l’estate, con un complessivo risparmio di manodopera rispetto agli impianti tradizionali.
Le produzioni del secondo e del terzo anno, come attestato non solo dalla sperimentazione, ma dalle numerose esperienze pratiche presso privati, dipendono dalla densità di impianto e dalla qualità della pianta di partenza. Partendo da piante ben ramificate, nel melo si possono avere 8-12 kg per albero nel secondo anno e 25-30 kg nel terzo.
Il pero è più lento ad entrare in produzione. Nelle prime prove il Guyot veniva piantato con appena 2.000 piante per ettaro e di conseguenza la precocità era inferiore a spindel o “super spindel” allevato a 4.000-6.000 alberi per ettaro. La qualità della produzione ottenibile dal Guyot è molto buona perché la maggior parte dei frutti è portata da lamburde inserite direttamente sui rami verticali e questo permette di arrivare ad un rapporto tra altezza e larghezza dell’interfilare superiore al classico 1:1. Su piante mature le produzioni ottenute nelle prime prove con doppio Guyot a 2,75 m tra le file sono tutt’ora, al decimo anno, di ottima qualità, ma la produttività risente della minore quantità di luce intercettata dovuta a interfilari troppo larghi.
Potenzialità del Guyot
Le chiome degli alberi da frutto sono sistemi dapprima molto plastici, che sopportano nella fase di allevamento una forte manipolazione della loro struttura. Una volta fissata la loro forma, sono comunque sistemi dinamici che crescono e si evolvono in continuazione. Dall’anno di impianto la vegetazione di alberi ad asse verticale permanente (tipo fusetto) tende a muoversi verso l’alto e verso l’esterno. Le tecniche di potatura contrastano questa tendenza naturale più o meno a seconda che si impieghi potatura corta o lunga, prevalentemente con tagli di ritorno e di rinnovamento, cercando di riportare indietro la vegetazione. Allo stesso modo il baricentro produttivo si sposta seguendo la vegetazione verso l’alto e verso l’esterno fino a raggiungere un punto di non ritorno che segna la fine della vita del frutteto.
Diversamente, in un albero allevato a Guyot l’unica sorgente di emissione dei rami è il cordone orizzontale posizionato a 50 cm sopra il terreno. I rami (anche molto vigorosi, talvolta succhioni) che si originano da questo cordone diventano produttivi in 1-3 anni. Perciò il baricentro produttivo non si sposta verso l’alto e verso l’esterno perché è possibile in ogni momento rinnovare tutto il legno produttivo dell’albero sostituendo le vecchie branche verticali con altre nuove (Fig. 11). Le 20.000-30.000 branche per ettaro possono in teoria essere interamente sostituite ad esempio con un rinnovo del 5% annuo in 20 anni lasciando degli speroni sul cordone così come una vecchia pianta di vite dà origine ogni anno a nuovi germogli che si originano dal suo vecchio ceppo. Con questo sistema rientrano in gioco portinnesti più vigorosi di M9, come si è visto dalle prove della Fondazione E. Mach con piante innestate su M26 e MM106.
Dal punto di vista economico, l’impianto a Guyot costa un po’ meno di quelli tradizionali. Il minor numero di alberi per ettaro comporta un risparmio che compensa il maggiore numero di file per ettaro (con palatura più corta è più leggera) e gli onerosi interventi manuali di allevamento iniziali (Tab. 2). Poiché la struttura produttiva è data da cordoni fruttiferi verticali, portatori di sole lamburde (spur) o brindilli corti, la visibilità della produzione è pressoché immediata e totale. Le conseguenze sono molteplici, a partire dalla facilità nell’applicare le tecniche della “frutticoltura di precisione”. Un altro aspetto riguarda l’adattabilità del Guyot a quasi ogni forma di meccanizzazione. In realtà non c’è bisogno di costosi carri raccolta nei frutteti pedonali e anche in quelli semi-pedonali ci sono mezzi più semplici ed economici per raccogliere i 50 cm della parte alta delle piante che non si riesce a raggiungere da terra. Il sistema a Guyot si adatta molto bene alla potatura meccanica anche utilizzando corte barre simili a quelle che si usano oggi in viticoltura. Il diradamento meccanico può essere effettuato anche con leggere modifiche delle fruste (flagelli). Una parziale defoliazione con macchine da vigneto per aumentare la colorazione rossa può essere eseguita su cultivar tardive come Pink Lady allevate a Guyot con risultati superiori alle piante di normale spessore.
Rispetto al fusetto, la difesa delle piante allevate a Guyot può essere decisamente ottimizzata. Lo spessore e l’altezza della parete sono così ridotti che si può trattare a file alterne e senza impiegare gli ugelli più alti. Incoraggianti risultati emergono dalle prove in corso alla Fondazione E. Mach per verificare l’efficacia dei trattamenti con atomizzatore senza ventola. I sistemi di trattamento fisso sono una potenziale alternativa molto interessante, ma necessitano di erogatori studiati appositamente per questo scopo. Qualunque tecnica di irrorazione si scelga, compresi gli atomizzatori a tunnel che recuperano il prodotto in eccesso, è evidente che rispetto ad un frutteto tradizionale alto 3,5 m si ottiene una notevole riduzione delle deriva, fondamentale per poter operare in aree periurbane o vicino ai canali. Il frutteto pedonale è particolarmente interessante nelle aree montane sotto il profilo della sicurezza degli operatori e dell’economicità.
Quanto all’elevata efficienza della raccolta, che nel caso di un’azienda in Val di Non ha fatto registrare rese di 300 kg/ora/persona, si osserva che cantieri molto semplici ed economici sono resi molto efficienti dalla qualità omogenea delle mele e dal fatto che l’interfilare di appena 2 m riduce i tempi di spostamento della frutta nei bins. Pensando ad applicazioni future l’allevamento a Guyot è tra i pochi sistemi adatti per produrre frutta che un domani verrà raccolta a macchina. Infatti, i sistemi di conteggio e rilievo di qualità dei frutti in pianta, che sono il primo passo verso la raccolta robotizzata, funzionano molto meglio su sistemi bidimensionali rispetto agli impianti tradizionali in volume. Per quanto riguarda il passaggio successivo, dalla visione dei frutti alla raccolta degli stessi, ci sono diverse ditte in tutto il mondo che stanno affrontando il problema. Impianti con assi verticali e senza ramificazioni secondarie laterali, con frutti portati prevalentemente da lamburde, rappresentano uno scenario ideale per qualsiasi programmatore che deve istruire una macchina a raccogliere le mele tramite aspiratori o bracci robotici.
Frutticoltura di precisione applicata al Guyot
La regolazione della carica dei frutti merita un approfondimento a parte in quanto si distingue molto da quella degli impianti tradizionali. Nel Guyot è possibile regolare il numero di gemme con la potatura invernale analogamente a quanto si fa in viticoltura. Si può facilmente contare il numero di frutti dopo la cascola di giugno e si può stimare con precisione la produzione alla raccolta. Ad esempio, con una popolazione di 20.000 assi fruttiferi verticali di 2 m di lunghezza occorrono in media 10 frutti per metro lineare per ottenere 400.000 frutti/ha (70-90 t a seconda della varietà). Questo dato fornisce un’indicazione molto semplice anche per operatori non specializzati che eseguono il diradamento manuale in estate. Ben diversamente dal fusetto, tutti i frutti non adeguati agli standard del mercato sono visibili in estate e possono essere rimossi. La maggior parte dei frutticoltori, infatti, nei frutteti tradizionali si rende conto solo alla raccolta di quanti frutti rimasti nascosti avrebbero dovuti essere rimossi in estate. Il diradamento manuale su un sistema in parete dove ogni singolo frutto è visibile comporta tempi di esecuzione molto ridotti. Questo rende economicamente conveniente passaggi ripetuti per asportare la frutta, anche durante l’estate, per eliminare quei frutti che sembravano validi nel mese di giugno, ma che in realtà non sono idonei alla raccolta o perché hanno smesso di crescere o perché sono stati danneggiati da patogeni, ecc.. Per tutti questi motivi conviene eseguire un diradamento chimico più blando rispetto agli impianti tradizionali.
Limiti e problemi dell’allevamento a Guyot
L’allevamento a Guyot comporta un cambiamento di mentalità che coinvolge tutta la tecnica colturale del melo, dai sesti di impianto, all’epoca e modalità di potatura, fino alla difesa. Non è un sistema adatto per chi non può o non vuole investire molto tempo nelle giovani piante. Occorre infatti molto lavoro nei primi due anni, soprattutto perché fino ad oggi non esistevano ancora alberi studiati in vivaio per l’allevamento a Guyot; quindi, le piante tradizionali andavano profondamente trasformate con una potatura energica dei rami non utilizzabili che ne riduceva la precocità. Gli astoni del sistema Bibaum® possono invece essere convertiti in doppio Guyot, mentre dalle piante standard si possono ottenere dei Guyot semplici.
Negli ultimi anni i Vivai Daniele, prima, e recentemente i Vivai Feno hanno brevettato, seppure con tecniche diverse, tipologie di alberi specifiche per l’allevamento a Guyot che aumentano la precocità e riducono il lavoro iniziale. Con solo 2.000 alberi per ettaro non è possibile ottenere la resa produttiva che si ottiene con 5.000 alberi/ha a fudetto, perciò negli ultimi anni è stata aumentata la densità di impianto del Guyot fino a 4.000 piante/ha. Anche se al momento abbiamo ottimi risultati con impianti multi-asse di oltre 10 anni di età, non abbiamo però esperienza nel tempo sulla tecnica di sostituzione degli assi e su come questa si ripercuota sulla longevità e sulla produttività del frutteto nel lungo periodo. Mancano studi specifici di fisiologia relativi agli effetti di questo stravolgimento delle strutture produttive rispetto allo spindle.
Conclusioni
Dopo 50 anni di allevamento ad asse singolo (monocaule, fusetto e Solaxe) e dopo 14 anni di esperienze positive con il Bibaum®, il Guyot multiasse, approdato solo recentemente in decine di aziende private che lo stanno testando con successo, si propone come un disegno d’impianto alternativo che, sfruttando l’enorme plasticità della pianta, ne modifica l’architettura in modo sostanziale. L’impostazione del Guyot nei primi due anni è più complessa e richiede più tempo rispetto al fusetto, con interventi frequenti nel nuovo frutteto. Una volta che la fase di allevamento è completata, la produttività e la qualità della frutta è uguale o migliore del fusetto. La gestione di questi impianti diventa più semplice per il frutticoltore ed è proiettata verso il futuro, in termini sia di qualità che di risparmio e di riduzione degli interventi chimici.