Il 2020 per la frutticoltura sarà senza dubbio ricordato come un’annata ai minimi storici per quanto riguarda i livelli produttivi, almeno per quanto concerne la frutta estiva. Solo alcuni esempi in merito: l’offerta italiana di albicocche 2020 è stata stimata in poco più di 136.000 tonnellate, tra i volumi più bassi degli ultimi 15 anni. In notevole ridimensionamento anche le produzioni italiane di pesche-nettarine, sulle 874.000 tonnellate (-29% sul 2019), con una penalizzazione più forte per il Nord Italia.
L'Editoriale di rivista di Frutticoltura e di ortofloricoltura n. 6/2020
Produzioni in calo e costi in aumento
In entrambi i casi la causa è soprattutto di tipo congiunturale: il gelo di fine marzo e inizio aprile ha infatti provocato danni ingenti ai frutti ed è chiaro che a fronte di questi accadimenti non si possa fare molto, ma si sta lavorando per garantire aiuti ai produttori, anche attraverso la richiesta di riforma di alcune leggi, non adeguate alla situazione attuale, che la politica sta portando avanti. Anche se l’esiguità dell’offerta ha provocato un innalzamento dei prezzi lungo la filiera, questi non saranno assolutamente sufficienti a compensare il calo delle quantità e quindi sarà molto difficile garantire la redditività ai produttori.
I costi di produzione, di cui non si parla mai, non sono diminuiti parallelamente alla diminuzione delle quantità raccolte e teniamo inoltre presente l’aggravio di costi lungo tutta la filiera, ancor oggi di difficile quantificazione, dovuto alle misure di adeguamento per l’emergenza sanitaria in atto. Anche se è prematuro calcolare la PLV con esattezza, dai dati disponibili a fronte di questi costi e agli attuali livelli di produzione, la PLV potrebbe essere inferiore al costo di produzione per diverse migliaia di euro/ettaro. Tale problema risulta quest’anno molto più evidente in particolare per i frutticoltori emiliano-romagnoli, più colpiti dai danni da gelo.
Problemi non più congiunturali
Accanto a questi problemi, che ci ostiniamo a definire congiunturali, ma che forse cominciano a diventare strutturali con i cambiamenti climatici in atto, la fotografia della frutticoltura degli ultimi anni si mostra abbastanza inquietante.
Se guardiamo l’Emilia Romagna (ma questa situazione è comune anche ad altre regioni del Nord Italia), un tempo culla dell’ortofrutta italiana, ci accorgiamo che negli anni sono stati persi diversi ettari a frutticole: oltre 12.500 ettari rispetto a 10 anni fa che diventano quasi 19.000 ettari rispetto a 15 anni fa. Questa diminuzione ha naturalmente interessato maggiormente le pesche e nettarine (-11.000 ettari), ma la cosa allarmante è soprattutto la perdita di superfici di specie come le pere, fiore all’occhiello della regione, per le quali in 10 anni si sono persi quasi 4.000 ettari.
E’ chiaro che questi sono segnali evidenti di una forte difficoltà, che passa inevitabilmente per un mancato reddito del produttore.
Quali sono le cause?
Su questi aspetti non si può prescindere dai costi di produzione, troppo elevati con un costo del lavoro che ha un’incidenza divenuta insostenibile, rispetto ad altri Paesi nostri concorrenti, ma anche rispetto ad altre zone del paese.
Un altro aspetto importante è quello dell’uso di prodotti fitosanitari, sia in fase produttiva che di conservazione: si vieta l’utilizzo di troppe molecole senza che ci siano i sostituti adeguati per fare qualità, a fronte di una crescita delle avversità anche nuove e soprattutto in un contesto dove il concetto di sostenibilità e rispetto per la salute e l’ambiente è stato messo in campo quasi prima di conoscerne concretamente il significato del termine.
Le tecniche agronomiche di produzione vanno riviste, da troppo tempo siamo davanti a rese medie per ettaro, per alcune specie, che stentano ad arrivare a determinati livelli, sufficienti per creare reddito.
Non dimentichiamo infine le nuove avversità, cimice asiatica, attacchi fungini, ecc anche legati ai cambiamenti climatici, che oltre a compromettere in maniera decisa la produzione, innalzano enormemente il costo di produzione per la difesa.
Ridare al produttore la sostenibilità economica
E’ necessario partire da qui, fare un’attenta analisi e riflessione e una conseguente mirata ricerca. Se riusciamo a ridare al produttore la capacità di produrre buoni quantitativi e di qualità, con una sostenibilità anche economica poi sarà importante ragionare sulla promozione, sulla valorizzazione della qualità delle produzioni frutticole, anche attraverso una comunicazione mirata al consumatore, legata al riconoscimento, alla territorialità, alla sostenibilità.