“Giacca e cravatta” ma anche tante “camicie a quadri” al convegno “Nuova Pac e ortofrutta, la posizione italiana” organizzato dall'assessorato Agricoltura della Regione Emilia-Romagna.
Operatori preoccupati per il loro futuro: una preoccupazione che è stata sicuramente il primo e più tangibile elemento durante il convegno. Il primo profilo generale della nuova Pac 2014-2020 è stato reso noto dalla Commissione lo scorso novembre.
Come ha sottolineato il padrone di casa, l'assessore Tiberio Rabboni, il primo elemento di incertezza è il budget. Nel documento si delineano delle azioni, ma senza menzionare quale sarà la spesa. Il criterio stesso di riparto fra i 27 paesi non è stato deciso: nel caso il criterio sia la sola superficie (sostenuta, ci mancherebbe altro, da paesi quali la Polonia) l'Italia perderebbe un miliardo secco sui 4,5 attualmente in disponibilità annuale.Aquesti timori alcune rassicurazioni sono venute dal presidente della commissione Agricoltura del Parlamento europeo Paolo De Castro.
Che ha ricordato la consapevolezza e l'impegno del Parlamento a favore del mantenimento del budget agricolo - un impegno fondamentale, visto che con il dopo Lisbona il parlamento ha un ruolo estremamente rafforzato : la procedura di co-decisione garantisce una posizione di parità rispetto al Consiglio.
Dai i relatori è emerso prepotente un secondo elemento: la voglia di lavorare assieme. Tendenza spesso enunciata in Italia e nella pratica altrettanto spesso disattesa. La predisposizione a una maggiore unitarietà di intenti del settore troverà un suo primo banco di prova il 22 febbraio prossimo, al forum indetto dal ministro Galan, sempre in vista della nuova Pac ortofrutta. Di unitarietà di intenti ve ne sarebbe un gran bisogno, soprattutto per definire una vera e propria strategia nazionale per il settore. Che, di fatto, manca. Una strategia capace di mettere al centro il produttore e di guardare alle dinamiche di mercato interne ed internazionali oltre che a Bruxelles.
Bisogna doverosamente ricordare che in Italia c'è già chi ha cominciato a lavorare con principi comuni (vedasi i poli cooperativi) mentre l'interprofessione non pare esattamente un fulmine di guerra... Per quanto riguarda la revisione a medio termine della ocm ortofrutticola vi sono sicuramente alcuni punti cruciali. A partire dalle risorse a disposizione: nel 2009 il settore ortofrutticolo ha generato il 22,6% del valore complessivo dell'agricoltura dell'Unione, ma ha drenato l'1,3% del budget agricolo totale.
Questo spiega perché la Commissione vede nel settore ortofrutticolo un settore “virtuoso”, volendo adottare il modello delle op e dell' interporfessione anche nel settore lattiero.
Op che, nota estremamente dolente, in Italia rappresentano solo 1/3 del mondo ortofrutticolo, un valore senz'altro più basso dei maggiori player dell'Ue (es.in Olanda siamo quasi al 100%).
Altro capitolo riguarda l'efficacia delle gestioni anticrisi, per le quali appare necessario mettere a punto meccanismi flessibili che evitino speculazioni di mercato.
E ancora si è parlato di transnazionalità dell'azione delle op e delle azioni da mettere in atto per contrastare il sempre più preoccupante calo dei consumi di frutta e verdura.