L’anno che si sta chiudendo ha segnato un importante cambio di passo per quanto riguarda l’agricoltura europea. La nuova Commissione ha preso il via, non senza grandi proclami anche in favore del settore agricolo e degli agricoltori, che proprio durante l’anno precedente erano scesi nelle piazze di tutta Europa per protestare e comunicare l’esigenza di un cambio di approccio nella considerazione del settore da loro rappresentato. Non possiamo quindi negare che, quantomeno a livello politico, ci sia maggiore sensibilità per quanto riguarda le esigenze degli agricoltori e del settore agroalimentare. Davanti a questa situazione, tra addetti ai lavori ed esperti di frutticoltura, si è fatta largo progressivamente una domanda: come possiamo fare a capitalizzare questa maggiore sensibilità da parte degli organi decisionali e, spesso, anche della cittadinanza più in generale? Come possiamo fare a ottenere un cambio di paradigma e un cambio di visione in un settore che troppe volte è stato additato come la causa di molti problemi legati alla sostenibilità ambientale, invece che la soluzione?
Il tema che più è stato discusso in questo anno, che ha mostrato le sue molte controversie e la sua complessità, è quello degli agrofarmaci. I frutticoltori oggi hanno chiaro in testa che, nonostante i molti sforzi fatti e i tantissimi miglioramenti dal punto di vista agronomico, vivono e lavorano con una spada di Damocle sospesa sopra la loro testa, con il concreto timore di restare senza strumenti adatti per attuare un’efficace difesa attiva del frutteto. A livello europeo è in atto un processo, di fatto perenne, di rivalutazione e ri-autorizzazione di tutte le sostanze attive contenute nei presidi fitosanitari (che appesantisce notevolmente il carico burocratico delle istituzioni europee), guidato dal cosiddetto principio di precauzione, secondo il quale, in caso di minimo dubbio, prima si procede a togliere una molecola e poi si verifica che sia stata fatta la scelta giusta. Così facendo non si tiene però in considerazione il fatto che ci sono migliaia di agricoltori che senza quella molecola si vedono modificare la propria strategia di difesa senza un adeguato periodo di preavviso e, soprattutto, senza soluzioni efficaci alternative a fronte del perdurare delle problematiche in campagna per le quali quella molecola risultava fondamentale.
Ci sono intere filiere che sono aggrappate agli ultimi diserbanti rimasti a disposizione sul mercato, senza i quali diventerebbe impossibile produrre, ad esempio, tante specie orticole. Ma anche parlando di colture più importanti per sviluppo ettariale (tra queste tante frutticole), la situazione non migliora e abbiamo visto cadere uno dopo l’altro tanti fungicidi e tanti insetticidi che, storicamente, erano usati in rotazione tra loro per essere il più sostenibili possibile ed evitare l’insorgenza di resistenze. Siamo giunti al paradosso negativo che in tanti casi stiamo pregando di “lasciarne quantomeno uno valido”. A fronte di un problema così ampio e trasversale, che tocca l’intero comparto produttivo, ma che interessa ovviamente anche la popolazione tutta, l’unica scelta è quella di aprire un dialogo ampio e strutturato con il maggior numero di portatori di interesse e competenze, che sia pragmatico e realista, che tenga in considerazione le esigenze di tutte le parti in gioco, mantenendo un’equa scala delle priorità.
Come Assomela, infatti, rappresentando i produttori di mele, siamo ben consapevoli della linea rossa oltre la quale non possiamo andare se parliamo di sostanze attive fondamentali per la difesa e che oggi non hanno alternative e non ci possiamo permettere di perdere. Ciò che abbiamo pensato di fare, insieme a molti colleghi con i quali condividiamo preoccupazioni, ma anche visione e obiettivi, è quella di interrogarci su come poter essere di aiuto al nostro settore e ai cittadini rispetto a una produzione che sia amica dell’ambiente e, allo stesso tempo, conveniente per i produttori, i quali, non lo si ricorda mai abbastanza, sono i custodi di tanti terreni che altrimenti sarebbero abbandonati e lasciati al proprio destino.
È per questo motivo che è parso necessario, come rappresentanti degli ortofrutticoltori, aprire un dialogo e stringere legami con le rappresentanze delle realtà che gestiscono due fattori di produzione fondamentali: ovvero le aziende della chimica che producono i fitosanitari e quelle meccaniche che aggiornano costantemente le attrezzature di distribuzione. Risulta infatti ormai impensabile affrontare il tema dell’efficientamento dell’uso dei fitofarmaci se manca uno di questi soggetti che, insieme, possono invece dare una svolta reale al concetto stesso di utilizzo degli agrofarmaci.
È necessario precisare che già oggi l’insieme delle pratiche agricole adottate e l’integrazione di tecnologie avanzate, mezzi di protezione individuale, rispetto di quanto indicato in etichetta, garantiscono di per sé un uso sicuro e sostenibile dei prodotti fitosanitari da parte degli agricoltori, che da tempo hanno adottato il sistema dell’agricoltura integrata, l’adozione di norme rigorose e mirate di mitigazione del rischio. Ecco quindi svelato il concetto chiave del nostro ragionamento: la mitigazione del rischio. Le sostanze attive e i prodotti fitosanitari dovranno d’ora in avanti essere valutati con un approccio olistico, che tenga in considerazione certamente le proprietà chimiche ed intrinseche del prodotto, ma che valuti anche la possibilità di utilizzare tali prodotti in maniera sicura, per l’operatore e per l’ambiente. Questo è un cambio di approccio che oggi è possibile fare grazie all’innovazione che i macchinari agricoli hanno avuto e all’innovazione generale maturata all’interno del settore agricolo.
Dunque, ciò che ci si auspica è che d’ora in avanti, per ogni rinnovo di un prodotto fitosanitario, vengano prese in considerazione le diverse possibilità di un suo utilizzo mirato, tramite macchinari agricoli all’avanguardia, che ne aumentino la precisione di distribuzione, raggiungendo efficacemente le colture target e riducendo al minimo le dispersioni nell’ambiente. A fianco di ciò, serve senza dubbio il sostegno dell’industria dei fitofarmaci, che da anni sta investendo per sviluppare prodotti più sostenibili, ma che troppo spesso si è trovata davanti a un quadro regolatorio europeo che non offre certezze strategiche per poter fare investimenti di grande portata.
È fondamentale la collaborazione e la comunione di intenti tra chi produce la frutta, chi produce le medicine per proteggerla e chi produce i macchinari per somministrarle. Con una sinergia tra queste tre entità e il coinvolgimento di centri di ricerca e istituzioni e un adeguato coordinamento a livello nazionale ed europeo, potremo davvero adeguare il nostro settore ai tempi che stiamo vivendo, preservando l’attività di migliaia di agricoltori che da generazioni assicurano prodotti di qualità e tutela dell’ambiente.






