Quali sono le ragioni dell’oramai endemica
crisi del settore pesche e nettarine
in Italia? Diamo una occhiata alle statistiche.
Per quanto riguarda l’Europa dal 2000
al 2013 (escludiamo l’annus horribilis 2014
di proposito) il quadro produttivo mostra una
sostanziale stabilità: la produzione totale
è pari a circa 2,8 milioni di t. Si nota che dal
2000 l’Italia è passata da 1,6 a 1,5 milioni di t;
la Francia da 450.000 a 300.000 t, trend simile
a quello della Grecia. In controtendenza
invece la Spagna, la cui produzione è in pratica
raddoppiata, dalle 500.000 t del 2000 alle
900.000 t del triennio 2011/2013. In pratica
quello che hanno perso la Francia e la Grecia
lo ha guadagnato la Spagna.
Nuove aree produttive - È quindi la Spagna
il principale competitor continentale: con il
nuovo secolo la peschicoltura si è spostata
dalle aree di primizia (l’Andalusia…) alle regioni
del Nord con raccolta “tardiva” (Catalogna,
Roja, Navarra e Aragona) che rappresentano
oggi il 67% della produzione totale iberica
(340.000 t in Catalogna e 270.000 t in Roja,
Navarra e Aragona). Per la Spagna va inoltre
considerata la straordinaria diffusione delle
pesche piatte, un vero e proprio caso commerciale
e produttivo, se è vero che le raccolte
sono passate dal 2010 al 2014 da 55.000 t
a 215.000 t (+290%).
Ci resta la Scandinavia - Dalla fine di luglio
alla prima quindicina di agosto la sempre
importante offerta italiana si scontra con le
crescenti produzioni di Catalogna e Aragona.
Si scontra e negli ultimi anni perde. L’esportazione
italiana appare negli ultimi anni stabile,
mentre è in netta crescita quella spagnola.
Si osserva quindi come Germania, Regno Unito e Polonia sono oramai prevalentemente
dominati dalla produzione spagnola mentre
solo il mercato scandinavo appare ancora
saldamente in mani italiane. Da notare che
sulle piazze del centro e del Nord Europa i
consumi appaiono fondamentalmente stabili,
con alti e bassi di carattere principalmente
congiunturale. La relativa stabilità dei consumi
europei di pesche e nettarine testimonierebbe
quindi il coraggio degli imprenditori
spagnoli che, pur (si suppone) avvalendosi
dei fondi europei, negli ultimi anni hanno incrementato
e spostato la propria produzione
nel periodo dell’anno di maggiore conflittualità
per quanto riguarda l’offerta (sempre
metà luglio-metà agosto). Un’operazione che
sembra ben riuscita e non pare casuale. Si
presume che siano state considerate a priori
delle debolezze da parte della offerta primadominante,
ovvero quella italiana. Le pesche
e le nettarine spagnole nel pieno dell’estate
devono quindi essere percepite dagli europei
come più buone visto che, spesso, il prezzo,
non è competitivo. Si aggiunga poi la già citata
innovazione delle pesche piatte, prodotto
di grande successo che giova (e addolora) ricordarlo,
è un’invenzione italiana (poi ceduta
appunto agli spagnoli).
Qualità organolettica, fattore vincente
Appare chiaro, forse banale, che il fattore
vincente è la qualità organolettica. Nei paesi
importatori come nei paesi produttori (che
sono anche grandi consumatori). Sarebbe allora
utile per tutti i produttori europei di pesche
e nettarine cercare di fare aumentare i
consumi in alcune nazioni non produttrici, i
cui consumi appaiono tutto sommato esigui
e teoricamente ancora capaci di crescere.
Molto importante sarebbe anche sostenere
il consumo di prodotti di elevata qualità nei
paesi produttori, ove è molto evidente che si
registrano di gran lunga le maggiori incidenze
di acquisto in Europa e dove (Francia docet) vi
è sempre una grande domanda di frutta buona
da mangiare.