Ciliegio: le varietà più interessanti in Piemonte

ciliegio varietà
Ciliegie Final 12.1
Le prove varietali condotte su nuove cultivar di ciliegio da Agrion a Manta forniscono indicazioni utili per i nuovi impianti. Interessanti anche i risultati del progetto di investimento sul ciliegio portato avanti dall'Op Sanifrutta di Costigliole Saluzzo

Il connubio fra enti di ricerca e mondo agricolo traina l’espansione dei ceraseti nel Cuneese: un fil rouge lega la sperimentazione di nuove varietà di ciliegio autofertili e autosterili, nei campi varietali della Fondazione Agrion a Manta, nel Saluzzese, con i progetti di rilancio della coltura, intrapresi dalle organizzazioni dei produttori della Granda.

Il contesto produttivo del ciliegio in Piemonte

L’agronomo Davide Nari, tecnico dell’ente di ricerca fondato nel 2014 da Regione Piemonte e Unioncamere, affronta l’argomento nuove varietà partendo dallo “stato dell’arte” della coltura nel Cuneese. «La provincia ospita il 60 per cento dei 390 ettari complessivi coltivati in Piemonte; un 20 per cento si trova, invece, nei pressi di Pecetto, nel Torinese. L’espansione delle superfici, avvenuta nell’ultimo decennio, ha riguardato esclusivamente la Granda: i gruppi commerciali attivi nel nostro areale sono stati il volano della crescita».

Leggi l'articolo "Ciliegio: opportunità di differenziazione per la filiera piemontese"
su rivista di Frutticoltura 3/2025

Oggi la provincia conta «cento ettari di impianti specializzati, realizzati a partire dal 2014 con portainnesti nanizzanti della serie Gisela, che consentono di ridurre i sesti e aumentare il numero di piante per unità di superficie. Il 90 per cento dei nuovi appezzamenti, inoltre, è dotato di reti perimetrali antinsetto, antigrandine e teli antipioggia di copertura». Soluzioni che hanno frenato, assieme alle difficoltà tecniche di coltivazione, piantumazioni più estese negli ultimi 2-3 anni: «La spesa d’impianto può arrivare a 100 mila euro l’ettaro».

A costi e difficoltà si contrappongono le certezze in fatto di standard qualitativi determinati dal mercato. «La base produttiva è costituita da varietà con bassa percentuale di scarto e un calibro dei frutti che oscilla fra i 28 e i 30 millimetri, requisito essenziale per una buona remunerazione al produttore. Le prove varietali di Agrion si sono concentrate su questi aspetti e su altri quali la lunghezza del peduncolo e la distribuzione dei frutti sulle piante».

I riferimenti varietali, nel Cuneese, sono due cultivar autosterili: Kordia, che matura fra il 13 e il 17 giugno, e Regina, più tardiva raccolta fra il 18 e il 25 giugno. «Ambedue garantiscono buone produzioni, frutti di qualità e calibro soddisfacente, elevata durezza media della polpa e una bassa presenza di cracking», la principale problematica del ciliegio.

Le valutazioni sulle fasi di raccolta hanno avuto un rilevo centrale nella selezione delle varietà messe a dimora nei campi sperimentali di Manta, che accolgono piante appartenenti a 75 cultivar, distribuite su un parcellone di 2500 metri quadri, piantumati a partire dal 2006. La valutazione avviene per cicli triennali, con un avvicendamento annuale di circa 15 varietà: «Le più promettenti vengono consigliate agli agricoltori, quelle che male si sono adattate vengono estirpate».

In Piemonte la produzione più importante «si colloca nella fase intermedia, fra il 10 e il 25 giugno». Le operazioni di raccolta, tuttavia, iniziano, nell’areale Cuneese, fra il 25 maggio e il 4 giugno, con la fase extra-precoce; la precoce, immediatamente successiva, «si colloca invece fra il 5 e il 12 giugno». L’epoca tardiva, fra il 18 e il 25 giugno chiudeva, fino al decennio scorso, i cantieri nei ceraseti, «con la raccolta della varietà Regina. Crescenti spazi di mercato hanno indotto, negli ultimi anni, lo sviluppo di cultivar che ritardano in modo significativo, giungendo a maturazione all’inizio luglio. Un momento difficile perché aumentano la pressione di Drosophila suzukii e le difficoltà tecniche».

Varietà di ciliegio: indicazioni per i nuovi impianti

I dati raccolti nel 2024 nei campi di prova hanno fornito indicazioni spendibili per i nuovi impianti. Fra le varietà di ciliegio ammesse alla sperimentazione estesa, nella fase extra-precoce, «Folfer e Sweet Aryana, oltre alle cultivar francesi Nimba – autosterile - e Pacific Red – autofertile - hanno raggiunto un calibro appena sufficiente per fini commerciali, conseguenza del numero limitato di giorni fra fioritura e maturazione. La sensibilità al cracking, inoltre, è più elevata per le piogge d’inizio stagione».

Diverso il panorama nella fase precoce: «Ci sono alcune varietà interessanti», riprende Nari. Fra queste la cultivar autosterile Cerasina Prim 3.1: «Matura 8-10 giorni prima di Kordia e ha dato ottimi risultati. I frutti hanno una polpa dura – 51 gradi nella scala Shore – un calibro medio fino a 32 millimetri, la dolcezza raggiunge i 16 gradi Brix, valore elevato per una ciliegia. La sensibilità al cracking, infine, non è così alta». Glen Blush, varietà autosterile bicolore a polpa bianca non ha raggiunto performance degne di nota. I frutti hanno un calibro di 26 millimetri e durezza quantificata in 32 gradi Shore: «Sono più dolci rispetto alle ciliegie classiche ma più sensibili a manipolazione e cracking».

Nell’epoca intermedia, invece, «Henriette, una varietà di ciliegio autosterile, è risultata fra le cultivar più performanti: il peduncolo lungo e buona distribuzione dei frutti in mazzetti agevolano il contenimento dei marciumi». Dati positivi sono emersi anche da M 2087 «una selezione proveniente dagli Stati Uniti, non ancora brevettata in Europa. Le ciliegie raggiungono una durezza di 68 gradi Shore, con acidità bassissima, attorno ai 5 meq/100 ml». Calibri elevati, 32 millimetri, caratterizzano anche la varietà autosterile Kir Vulcano: «nel 2024 ha superato i 17 gradi Brix con 44 punti Shore di durezza».

La varietà autosterile Fertard, invece, si colloca nella fase tardiva: matura 8 giorni dopo Kordia, in concomitanza con Regina. «È un ciliegio capace di produzioni con pezzature oltre i 30 millimetri, 52 punti Shore di durezza della polpa e un indice Brix che raggiunge i 17 gradi».

Crescenti interessi di mercato accompagnano la valutazione in campo di varietà extra-tardive, con un periodo di maturazione protratto alla prima decade di luglio. È il caso delle cultivar autofertili della serie tedesca Cerasina: Final 11.3, 12.1 e 13.1. «Garantiscono ottime produzioni, pezzature comprese fra i 28 e i 30 millimetri e un indice di durezza che oscilla fra i 36 e i 48 gradi Shore». Kir rosso, infine, una varietà autofertile extra tardiva - matura 25 giorni dopo Kordia - produce frutti con calibri fra i 26 e i 28 millimetri, un indice di durezza della polpa di 48 gradi Shore, e una dolcezza che raggiunge i 17 gradi Brix.

L’analisi delle rese per ettaro, infine, è un ulteriore elemento di riflessione per il mondo agricolo: «Varietà autosterili come Kordia e Regina si attestano attorno ai 120-130 quintali per ettaro. Le cultivar autofertili puntano a livelli più elevati, con incrementi produttivi del 30-40 per cento: 150-160 quintali per unità di superficie».

Il piano di Sanifrutta per il ciliegio

Sanifrutta, Op attiva a Costigliole Saluzzo dal 1989, associata all’organizzazione dei produttori Joinfruit di Verzuolo, ha iniziato a investire sul ciliegio nel 2014. «Oggi i nostri soci coltivano circa 80 ettari di ceraseti», spiega il responsabile tecnico Alex Tallone. L’ente consortile, nato originariamente dall’unione di produttori di kiwi e pesche, conta quasi 200 aziende associate, una superficie complessiva di 2 mila ettari e movimenta, ogni anno, circa 70 mila tonnellate di frutta verso mercati che spaziano dal Nord Europa al Sud America al Medio ed Estremo Oriente.

«Con un raccolto di 400 tonnellate, la ciliegia rappresenta appena l’uno per cento del fatturato del gruppo, ma con una Plv che può arrivare a 60 mila euro lordi a ettaro, quasi il triplo rispetto al melo, suscita entusiasmo crescente nella base sociale. Il prodotto è destinato principalmente al mercato nazionale, un 30 per centro del tonnellaggio viene venduto, invece, in Germania e Nord Europa». Il raccolto precoce, inoltre, «genera liquidità per i nostri stabilimenti e le aziende affiliate, con acconti a luglio e saldi entro il mese di settembre. Le remunerazioni sono proporzionate al calibro dei frutti: il prodotto ottimale per il mercato è quello che supera i 28 millimetri di diametro».

L’avvio del progetto, «all’avanguardia a livello nazionale in fatto soluzioni impiantistiche, con protezioni contro grandine, pioggia e insetti; gestione ottimale dell’irrigazione; strategie nutrizionali per il contrasto dei marciumi e del cracking peduncolare e la difesa da insetti nocivi», è stato preceduto da una lunga fase di studio. «Abbiamo visitato i più importanti areali cerasicoli del mondo alla ricerca di soluzioni tecniche da proporre ai nostri soci: siamo stati in Cile, il primo produttore mondiale, in Canada, nella British Columbia, sulla costa Ovest degli Stati Uniti, in Olanda e in Grecia. Il dialogo con Agrion, in materia di cultivar, inoltre, è stato cruciale», prosegue Tallone.

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La scelta varietale è la chiave di volta dell’iniziativa: la base sono Kordia e Regina: «Cultivar di riferimento molto apprezzate per la durezza della polpa e la serbevolezza dei frutti. Le piante, inoltre, si adattano molto bene al nostro areale, con rese fino a 130 quintali per ettaro nelle annate migliori». L’ottimizzazione dei costi di produzione, inoltre, ha indotto Sanifrutta a estendere il calendario di raccolta, con la coltivazione di varietà precoci come Frisco, Giant Red, Rocket e Cerasina Prim 3.1, raccolte a partire dalla fine di maggio.

Le cultivar tardive, però, sono la punta di diamante del piano cerasicolo di Sanifrutta: «nel 2021, dopo tre anni di studio, abbiamo acquisito, in esclusiva per il Nord-Ovest, la serie Final del progetto Cerasina». Quattro varietà, denominate 10.4, 11.3, 12.1 e 13.1 messe a punto da un breeder tedesco, che opera nei pressi del Lago di Costanza: «La raccolta comincia a inizio luglio e si conclude con Final 13.1 verso la metà dello stesso mese. Quest’anno abbiamo lavorato i primi mille quintali di ciliegie», precisa Tallone.

I primi risultati sono decisamente incoraggianti, sia in fatto di rese per ettaro - «fra i 170 e i 180 quintali, con picchi fino a 200, a fronte di una riduzione del 20-30 per cento della produzione, registrata, nella campagna 2025, su Kordia e Regina» - che sul piano qualitativo: «L’80 per cento delle ciliegie conferite ha raggiunto i 30 millimetri di calibro, contro il 60 per cento della cultivar Kordia. Con una corretta gestione degli impianti ci sono ulteriori margini di miglioramento».

Il focus delle operazioni in campo è sulla nutrizione e la difesa: «Eseguiamo una strategia biostimolante specifica basata sull’impiego di concimi fogliari e biostimolanti con azione anticracking, abbinati talvolta ai trattamenti fitosanitari previsti dal disciplinare di produzione. Marciumi e Drosophila suzukii non richiedono più di 8-10 interventi complessivi da fine inverno alla raccolta, la metà dei quali dopo l’invaiatura».

La potatura avviene in due riprese, per mantenere la forma di allevamento a fusetto delle piante: «La prima, meccanica, a fine settembre, quando le piante hanno ancora le foglie per evitare, grazie all’azione cicatrizzante della linfa, problemi con la batteriosi da Pseudomonas, che causa disseccamenti delle branche, e i cancri rameali. La rifinitura manuale si esegue in primavera, fra febbraio e marzo». L’effetto dei cambiamenti climatici ha costretto ad alcune correzioni in corso d’opera per quanto riguarda i portainnesti: «Nell’ultimo quinquennio abbiamo fatto scelte funzionali abbandonando quelli eccessivamente nanizzanti, come Gisela 5, in favore di selezioni più vigorose come Gisela 6 o addirittura Maxma».

Due esperienze con nuovi impianti di ciliegio

Alessio Giorgis conduce l’azienda di famiglia, 11 ettari di frutteti, a Dronero, in bassa Valle Maira, nel Cuneese. Il melo è la produzione prevalente, assieme a 1 ettaro e mezzo di ciliegi, piantati in due riprese, nel 2019 e nel 2022. «Nel primo appezzamento, poco meno di mezzo ettaro, avevo optato per un mix fra Kordia e Regina. Nel più recente, ho ridotto le superfici destinate a queste varietà puntando su Final 10.4 e 12.1, piantumate con sesti di 3.90 x 1.20».

Il ceraseto è dotato di rete antinsetto perimetrale e antigrandine, «l’antipioggia, oltre al costo elevato, 2 euro e mezzo il metro quadro, richiedeva ancoraggi molto più fitti e sistemi di cavi per evitare l’effetto vela». Spese che si sarebbero sommate ai costi per ettaro, circa 45 mila euro investiti. «Gli impianti ci permettono di garantire continuità lavorativa alla manodopera che impieghiamo, colmando il “buco” di luglio, mese nel quale le operazioni in meleto sono ferme».

Dopo un 2024 pesantemente condizionato dal cracking - imputabile alle piogge di giugno -  che ha totalmente vanificato il raccolto, la campagna appena conclusa ha registrato buoni risultati «fra i 90 e i 100 quintali per ettaro: le varietà Final hanno performato meglio rispetto a Kordia e Regina. Nel 2023, l’annata migliore, ho superato i 130: le piante, tuttavia, giungeranno a piena produzione soltanto verso il sesto anno».

La potatura muove dalla specificità del ciliegio, «che fruttifica sul ramo vecchio di due anni: serve più tempo per avere una produzione dai palchi laterali». Le operazioni iniziano d’autunno, con una cimatrice: «taglio i rami a 40 centimetri dal tronco, così che la luce possa penetrare nella chioma e preparare il legno a ricacciare le gemme. La rifinitura avviene in primavera».

I trattamenti contemplano un prodotto rameico per disinfettare i tagli, un insetticida per la cocciniglia a rottura delle gemme e un intervento contro la monilia, sul fiore, in caso di piogge protratte. A fare la differenza sono, invece, le concimazioni: «Fino a 7 passaggi con prodotti fogliari a base di Ecklonia maxima, un’alga che prolunga il tempo di vita del fiore e agevola l’impollinazione, quindi formulati con boro, zinco e magnesio, oltre a 2 quintali di solfato di potassio per ettaro».

Terminata la fioritura – che nell’areale pedemontano di Dronero inizia il 10 aprile con Kordia, seguita a pochi giorni di distanza dalle Final e da Regina - «fra il 10 e il 15 maggio passiamo a diradare manualmente i frutti: in alcune annate tagliamo fino al 40 per cento delle ciliegie. Nel 2025 i problemi di allegagione, conseguenza delle piogge hanno semplificato le operazioni».

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Dario Cuniberti ha messo a dimora gli impianti, un ettaro sui 12 complessivi di un’azienda votata al melo nel comune di Dronero, dopo aver aderito a un viaggio studio, promosso da Sanifrutta in Cile. «Per le varietà di ciliegio ho optato per Kordia e Final 10.4 e 12.1. Nel nostro areale siamo in ritardo di 10-15 giorni rispetto alla pianura: un vantaggio per il magazzino che prolunga il periodo di commercializzazione. Il ciclo produttivo, inoltre, è molto corto, non si sovrappone a quello del melo e la coltura è un’ottima opportunità economica».

Il raccolto 2025, il secondo dalla messa a dimora dei ceraseti è promettente: «Sessanta quintali, in condizioni ottimali dovrei riuscire a raddoppiare la produzione». Il condizionale è d’obbligo, «la raccolta è l’ultimo dei problemi: 10 operai permettono di ultimare le operazioni in pochi giorni. Il problema è ottenere frutti commercializzabili». La pioggia occupa la prima posizione nell’elenco delle avversità, «specie se le precipitazioni si verificano in fase di maturazione. Il ciliegio è molto più sensibile al meteo rispetto al melo». Le protezioni antipioggia non sono sempre efficaci: «Nel 2024 anche chi le aveva installate ha raccolto poco e male».

Drosophila suzukii è la seconda grande problematica: «La rete antinsetto, da sola, non è sufficiente: poche coppie di fitofagi in un appezzamento bastano per dare avvio a un’infestazione. Fino alla raccolta di Kordia, verso il 20 giugno, sono bastati i confusori e due trattamenti insetticidi, infittiti con passaggi ogni 9 giorni per proteggere le Final dal “bacato” fino al primo stacco, portato a termine fra il 5 e il 7 luglio».

I prezzi liquidati ai produttori sono l’ultima grande incognita. «Le quotazioni del prodotto di buona pezzatura dovrebbero superare, quest’anno, i 3,5-4 euro il chilo: le ciliegie sono ricercate perché in Puglia ed Emilia Romagna il raccolto è stato scarso. Le problematiche di allegagione riscontrate in primavera, inoltre, ci hanno favoriti, contenendo i costi di diradamento e aumentando il margine».

Lo stesso era accaduto nel 2024: «La scarsità di prodotto aveva gonfiato i prezzi fino ai 3 euro e l’industria ha ritirato persino le partite colpite da cracking». Nel 2023, viceversa, «con una produzione ottimale i prezzi sono precipitati a 1 euro il chilo, al di sotto dei costi di produzione». Si tratta di effetti legati alla peculiarità del mercato della ciliegia, «molto breve rispetto a quello delle mele perché non sono possibili conservazioni del prodotto in cella frigorifera a lunghe movimentazioni».

Ciliegio: le varietà più interessanti in Piemonte - Ultima modifica: 2025-08-27T11:25:23+02:00 da Sara Vitali

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