Semine primaverili-estive in forte ritardo, colpa del clima. Cereali a paglia sotto stress, colpa del clima e della crisi che, al Nord, si è tradotta in tagli piuttosto pesanti sulle concimazioni.
I primi bilanci sulle semine (tuttora incomplete) e lo stato vegetativo delle principali colture erbacee suonano preoccupanti. Vediamo intanto una parte del Nord.
«Nella provincia di Brescia il 90% del mais è già stato seminato, ma nelle campagne tra Mantova e Verona siamo all’80% mentre a Vicenza non si supera il 50%» afferma Roberto Vallini, responsabile commerciale del settore fertilizzanti e sementi per il Calv (Cap lombardo veneto).
Ma non tutti quelli che hanno seminato sorridono: i ristagni idrici hanno provocato asfissia e croste nei terreni limoso-argillosi riducendo le percentuali di emergenza e creando fallanze a macchia di leopardo che impongono la risemina. La domanda di ibridi «si sta ora spostando verso cicli più brevi, dalle classi 600-700 alle 400-500» continua Vallini. In questi giorni, resi convulsi dal ritorno del sole e del caldo, aumenta anche la richiesta di seme di soia: «Stimiamo un incremento delle superfici fino al 30%: in certe zone è l’alternativa al mais; nelle nostre, ad alta concentrazione zootecnica, al mais non si rinuncia».
Anche in questo caso, è l’ansia di contenere le spese a dettare le scelte colturali: l’oleaginosa ha costi colturali inferiori al mais e può essere seminata senza difficoltà fino a tutto maggio per fare un primo raccolto. In aumento anche le mediche per la stessa ragione. Ma anche dove il mais è nato, freddo e ristagni idrici hanno spesso bloccato lo sviluppo delle piante: «Per stimolare una rapida ripresa ed evitare cali produttivi sarebbero utili almeno due sarchiature e due azotature appena si può entrare in campo».
Forse ancora più allarmante è la situazione dei frumenti, teneri e duri. Più di altre colture hanno fatto le spese di un mix micidiale, sin dalle semine dell’autunno scorso: il crollo delle quotazioni dei cereali sommato al raddoppio (o alla triplicazione) dei prezzi dei concimi. Risultato: i produttori hanno rinunciato alle concimazioni di fondo; l’azoto è stato rimandato a dopo l’inverno quando il prezzo dell’urea è effettivamente sceso, ma spesso la piovosità (o gli allagamenti) hanno impedito di entrare in campo. Morale, molti grani non hanno ricevuto nemmeno quanto necessario a compensare i consumi della coltura.
Come sta adesso il frumento? «Striminzito e sofferente per l’assenza di concimazioni, con la spigatura anticipata si rischia un calo produttivo; Fusarium e Septoria incombono assieme alle ruggini risponde Vallini. E’ significativa la differenza con i grani concimati: in un’annata tanto piovosa, i prodotti a lenta cessione hanno dimostrato in modo inequivocabile la loro superiorità nel contenere la perdita di unità fertilizzanti».
Bilancio delle superfici seminate: «Il tenero è sceso di un 15-20%; il duro di un 25-30% nelle nostre province. Più contenuto il calo del mais, circa il 5-7%».
Alla fine, la profonda incertezza economica degli ultimi mesi, il maltempo, il calo delle superfici, la direttiva nitrati (nelle zone vulnerabili) hanno contribuito ad un calo drastico dei consumi di fertilizzanti, molto piu’ significativo per fosforo e potassio, meno per l’azoto.