
Il 9° Workshop “Postharvest Management of Mediterranean Crops”, organizzato dalla Società Orticola Italiana (Soi), ha dimostrato che la ricerca post-raccolta non è più solo un campo specialistico, ma una leva strategica per la sostenibilità e la competitività dell’intera filiera ortofrutticola.
Le tecnologie digitali, i nuovi materiali, la genetica applicata e la valorizzazione degli scarti stanno ridisegnando il modo di intendere la conservazione e la qualità. Non si parla più solo di “mantenere i frutti freschi”, ma di preservare valore, identità e funzionalità nutrizionale lungo tutto il percorso dal campo al consumatore. In un contesto segnato dai cambiamenti climatici, dall’aumento dei costi energetici e dalla domanda crescente di prodotti sani e tracciabili, la post-raccolta si conferma un nodo cruciale per l’agricoltura del futuro.
E Palermo, che ha ospitato il convegno internazionale, ha ricordato quanto il Mediterraneo - con la sua varietà di climi, specie e tradizioni - resti il laboratorio naturale ideale per sperimentare l’innovazione più autentica: quella che nasce dalla conoscenza condivisa.
Un ponte tra ricerca e impresa
Fin dalla sua fondazione nel 1994, il Gruppo Soi Post-raccolta si è affermato come punto di riferimento per la ricerca italiana sulle tecnologie di conservazione e valorizzazione dei prodotti orticoli e frutticoli. L’edizione 2025, organizzata a Palermo, ha avuto un valore simbolico e strategico: creare un ponte tra Italia e Spagna, due Paesi chiave nel Mediterraneo, accomunati da sfide climatiche, logistiche e commerciali simili.
L’obiettivo dichiarato è quello di rafforzare la cooperazione scientifica internazionale, condividere esperienze e favorire l’adozione di tecnologie avanzate in un settore dove la competitività si gioca sempre più sulla qualità e sulla sostenibilità.
Durante le tre giornate di lavori, i ricercatori hanno affrontato temi che spaziano dalle tecnologie di precisione e intelligenza artificiale applicate al monitoraggio della qualità, alle strategie di conservazione a basso impatto ambientale, fino agli imballaggi innovativi e commestibili e alle tecniche di trasformazione minima.
Un approccio multidisciplinare che fotografa perfettamente la direzione in cui si muove oggi la ricerca post-raccolta: produrre di più, sprecare meno e rispettare l’ambiente.
Il metabolismo dei mandarini e la sfida del freddo
Tra gli interventi più interessanti figura quello del gruppo di ricerca dell’Istituto di Agricoltura e Tecnologia Alimentare (IATA-CSIC) di Valencia, coordinato da Aurora Lozano-Omeñaca, María Jesús Rodrigo e Lorenzo Zacarías.
Gli studiosi hanno analizzato il metabolismo degli acidi grassi nei mandarini per comprendere i meccanismi di tolleranza al “chilling injury” (CI), il danno da freddo che può compromettere la qualità dei frutti durante la conservazione.
Dallo studio emerge che le differenze nella composizione degli acidi grassi al momento della raccolta influenzano fortemente la capacità di resistere alle basse temperature. Nei genotipi più sensibili, si osserva una maggiore presenza di acidi grassi insaturi (come oleico, linoleico e linolenico) e una più elevata espressione dei geni Fad, segno di una risposta adattiva allo stress termico. Dallo studio emergono dunque nuove conoscenze che potranno contribuire a selezionare varietà naturalmente più tolleranti al freddo, riducendo le perdite post-raccolta e i costi di conservazione.
Kiwi e intelligenza artificiale: la qualità si legge nella luce
Un altro lavoro di grande interesse arriva dall’Università della Basilicata, dove un team coordinato da Giovanni Altieri e Lorenzo Scarano ha sperimentato l’uso della spettroscopia nel vicino infrarosso (NIRS) per analizzare la qualità del kiwi senza toccarlo.
La tecnologia sfrutta la luce per leggere le caratteristiche interne del frutto, come il contenuto zuccherino e la consistenza della polpa, permettendo un vero e proprio “check-up ottico” non distruttivo.
Confrontando diversi algoritmi di analisi - dai metodi classici (PCR, PLSR, SVM) a quelli più avanzati - il modello CARS-PLS si è dimostrato il più accurato.
In prospettiva, questo tipo di analisi potrà essere integrato nelle linee di calibratura automatica, garantendo una selezione in tempo reale basata su dati oggettivi e riducendo scarti e difformità qualitative.
Il kiwi, insomma, potrebbe presto passare sotto un “occhio elettronico” capace di valutarne la qualità interna senza danneggiarlo.
Mappare la conservazione italiana
Il workshop ha anche offerto una panoramica sulle pratiche post-raccolta nel nostro Paese.
Un gruppo di ricercatori della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e dell’Università di Foggia, guidato da Stefano Brizzolara e Giovanni Colelli, ha avviato un’indagine nazionale sulle strutture e tecnologie di conservazione di frutta e verdura fresca in Italia.
L’iniziativa, collegata al National Biodiversity Future Center (Nbfc), ha coinvolto 249 aziende e ha permesso di raccogliere informazioni preziose su tecniche di refrigerazione, atmosfera controllata, pre-raffreddamento e lavorazioni post-raccolta.
Le prime analisi confermano l’esistenza di una forte diversità territoriale e tecnologica: a fianco di aziende all’avanguardia, convivono strutture obsolete o sottoutilizzate.
Conoscere queste differenze sarà essenziale per indirizzare gli investimenti del Pnrr e della Pac verso innovazioni realmente efficaci, capaci di ridurre gli sprechi e migliorare la qualità dei prodotti freschi.
Dall’avocado un film naturale e antifungino
Tra le novità più originali spicca lo studio del gruppo del Csic di Valencia, dedicato alla valorizzazione dei residui dell’avocado.
I ricercatori, coordinati da Raquel Villanova-Estors, hanno estratto polisaccaridi da bucce e semi di avocado per produrre un rivestimento edibile capace di prolungare la conservazione del frutto.
Arricchito con lauroil-arginato-etile (LAE), il film si è dimostrato efficace contro il Colletotrichum gloeosporioides, il fungo responsabile di gravi perdite post-raccolta.
I test hanno mostrato una riduzione dell’infezione fino al 66%, un risultato che conferma la validità di approcci ispirati all’economia circolare: trasformare scarti in risorse e ridurre al minimo l’uso di chimica di sintesi.
Mele, equilibrio tra conservazione e aroma
Anche il Centro di Ricerca Laimburg di Ora in provincia di Bolzano ha portato risultati di grande interesse, con uno studio dedicato all’equilibrio tra qualità e aroma nelle mele “Red Delicious” e “Granny Smith”.
Le tecnologie più avanzate di conservazione, come la Dynamic Controlled Atmosphere (DCA-CF) e il trattamento con 1-metilciclopropene (1-MCP), garantiscono una prolungata shelf-life e frutti visivamente perfetti.
Tuttavia, i ricercatori coordinati da Alessia Panarese hanno evidenziato che queste tecniche possono penalizzare la formazione dei composti aromatici, riducendo la complessità sensoriale dei frutti.
La sfida futura sarà quella di conciliare aspetto e sapore, passando dal concetto di shelf-life a quello di flavor-life: conservare più a lungo, senza rinunciare al piacere del gusto.
Arance rosse di Sicilia: il portinnesto fa la differenza
Non poteva mancare un contributo tutto siciliano. L’Università di Catania e l’Istituto di Chimica Biomolecolare del Cnr hanno studiato la varietà Tarocco Scirè, confrontando i principali portinnesti degli agrumi: Carrizo, C35, Swingle e Bitters.
I risultati sono eloquenti: C35 e Bitters favoriscono la massima intensità del colore rosso e una maggiore capacità antiossidante, mentre Swingle ha dato esiti meno soddisfacenti.
Anche la consistenza e la composizione del succo risultano influenzate dalla scelta del portinnesto, confermando il suo ruolo cruciale non solo sulla produttività, ma anche sulla qualità commerciale e nutrizionale.
Una conoscenza preziosa per i produttori di arance rosse, che possono così calibrare meglio le proprie scelte varietali e agronomiche in funzione del mercato e della conservazione.
Annurca e Limoncella: biodiversità che resiste
Lo spirito mediterraneo del workshop è stato pienamente rappresentato anche dallo studio condotto dalle università di Napoli Federico II, Ferrara e Cardiff sulle cultivar locali di mele Annurca e Limoncella.
Confrontate con due varietà internazionali (Golden Delicious e Fuji), le mele campane hanno mostrato un’eccezionale capacità di mantenere intatte le proprietà nutrizionali e aromatiche anche dopo due mesi di conservazione.
La Limoncella, in particolare, si distingue per un elevato contenuto zuccherino e fenolico, utile sia per la resistenza al freddo sia per i benefici salutistici.
L’analisi dei composti volatili ha confermato la ricchezza aromatica di queste cultivar, che conservano un profilo olfattivo complesso e autentico, simbolo di una biodiversità che unisce tradizione e innovazione.
In un mercato globalizzato, la valorizzazione di varietà locali come Annurca e Limoncella rappresenta non solo una scelta culturale, ma una strategia di differenziazione per la frutticoltura italiana.




