Tecnologia, agricoltura e sostenibilità ambientale si incontrano nel progetto Idro – Irrigazione, Depurazione, Recupero, Opportunità, promosso dal Distretto Produttivo Agrumi di Sicilia con la collaborazione dell’Università di Catania (Dipartimenti Dicar e Di3A) e il supporto di Coca-Cola Italia. Al centro del progetto, una sfida cruciale: garantire acqua di qualità per l’irrigazione in un contesto, quello siciliano, dove le falde risultano spesso affette da elevata salinità.
«L’uso consapevole dell’acqua per l’irrigazione è un aspetto molto importante per una coltura irrigua come gli agrumi, soprattutto perché la Sicilia è un territorio vasto e con problematiche, da sempre importanti, per la stessa gestione delle risorse idriche e ultimamente anche per fenomeni di importante siccità come quella registrata nel corso della scorsa primavera estate» ha spiegato la ex presidente del Distretto produttivo agrumi di Sicilia Federica Argentati. «Il distretto è impegnato già da anni e con proficue partnership con l’Università degli studi di Catania, a dare agli imprenditori e tecnici della filiera esempi di soluzioni innovative che, nel complesso, possono aiutare a comprendere pro e contro e portare a scelte consapevoli ed efficaci. Il progetto Idro segna un’altra tappa di questo processo virtuoso», ha aggiunto.

Desalinizzazione: limiti e prospettive
«Il punto di partenza - spiega Antonio Cancelliere, professore ordinario di Costruzioni Idrauliche e marittime e idrologia del Dicar dell’Università di Catania - è stato lo studio delle risorse idriche disponibili, attraverso una mappatura dell’uso dell’acqua in oltre 100 aziende siciliane. In 15 casi abbiamo effettuato anche analisi chimico-fisiche sui pozzi, rilevando livelli di salinità talvolta incompatibili con l’irrigazione di colture sensibili come gli agrumi».
Una fotografia aggiornata delle dotazioni irrigue regionali, pubblicata dalla Regione Sicilia a maggio 2025, conferma che la situazione resta critica, ma generalmente migliore rispetto allo scorso anno. Nella Sicilia orientale, gli invasi Pozzillo e Ogliastro dispongono di una dotazione che dovrebbe consentire la distribuzione alle reti consortili di almeno un turno irriguo completo. A ciò si aggiungono le risorse dell’invaso di Lentini, tornato alla piena capacità, che pur servendo una porzione limitata della Piana di Catania, libera risorse preziose per le rimanenti aree agrumicole. L’invaso Ancipa, invece, si trova vicino alla capacità massima, ma, per effetto della grave crisi idrica dello scorso anno, le sue riserve saranno probabilmente riservate al solo uso potabile. In Sicilia occidentale, le piogge di maggio hanno migliorato la dotazione idrica dei suoli, ma gli invasi presentano riserve simili o inferiori rispetto allo scorso anno, delineando una stagione irrigua che dovrà comunque fare i conti con la scarsità idrica.
Un’incognita resta legata all’andamento termico estivo: le anomalie delle temperature registrate negli ultimi quattro anni hanno aumentato il fabbisogno idrico delle piante e ridotto la resistenza degli agrumi al deficit controllato. Se questi trend dovessero ripetersi, esiste il rischio concreto di nuovi fenomeni di stress per gli impianti agrumicoli, che però quest’anno partono da condizioni meno gravi rispetto alla scorsa estate.
Di fronte a questa criticità, il team, che già in passato aveva effettuato altre ricerche, ha puntato su impianti di dissalazione di acqua salmastra tramite osmosi inversa, una tecnologia ampiamente impiegata in altri contesti e che offre due vantaggi strategici: modularità e controllo sulla qualità dell’acqua prodotta. L’impianto consente, infatti, di ottenere acqua a bassa salinità (fino a 200 µS/cm), da miscelare per raggiungere la conducibilità elettrica più adatta alla coltura da irrigare (700–1200 µS/cm nel caso degli agrumi).
L’attività sperimentale si è concentrata su un impianto pilota di piccola scala, ma la tecnologia è scalabile e applicabile anche a realtà produttive di maggiori dimensioni. Non mancano, tuttavia, alcune criticità: «Il primo limite è legato al fabbisogno energetico, poiché l’osmosi inversa richiede alta pressione, spiega Cancelliere, ma questo può essere compensato integrando fonti rinnovabili come fotovoltaico, agrivoltaico o anche fotovoltaico galleggiante su laghetti collinari». Più problematico si rivela, invece, lo smaltimento della salamoia: in Italia manca ancora una normativa chiara e dedicata, a differenza di quanto accade in altri Paesi. Alcune soluzioni pratiche prevedono l’evaporazione dell’acqua residua e lo smaltimento dei sali in forma solida.
Secondo Cancelliere, bisogna considerare che si tratta, in ogni caso, di una risorsa suppletiva da integrare in una visione di sistema, che include anche monitoraggi avanzati dello stress idrico e tecniche di irrigazione di precisione.
Droni e sensori per consumare meno
A fianco delle soluzioni impiantistiche, il progetto Idro ha puntato sull’innovazione digitale per ottimizzare l’uso dell’acqua in campo. Due le direttrici principali:
- l’impiego di droni dotati di fotocamere multispettrali e termiche per valutare lo stato di stress idrico delle singole piante;
- l’installazione di stazioni meteorologiche con sensori di umidità del suolo, per determinare con precisione quando e quanto irrigare.
Queste tecnologie permettono di passare da un approccio “a calendario” a uno basato sulle reali esigenze delle piante, riducendo i consumi e migliorando la qualità produttiva.

Condizioni per la diffusione regionale
In Sicilia già esistono installazioni di impianti di dissalazione, soprattutto in settori ad alta intensità tecnologica come floricoltura e orticoltura in serra. In agrumicoltura, l’adozione è ancora limitata, ma gli eventi climatici estremi stanno modificando la percezione del rischio. «Dopo la recente annata siccitosa, conclude Cancelliere, molti agricoltori ci hanno detto che se avessero avuto l’impianto, la situazione sarebbe stata diversa. La modularità degli impianti consente di partire da soluzioni base e crescere gradualmente, anche attraverso forme consortili. È una risorsa da non trascurare, da usare anche solo nei periodi di emergenza, purché venga mantenuta efficiente».
Esempio di sistema di fitodepurazione
Un’altra linea di ricerca ha riguardato la promozione dell’uso di impianti di fitodepurazione, come quello dell’agriturismo Valle dei Margi a Grammichele (Ct). Il sistema si basa su un processo di fitodepurazione a flusso sub-superficiale orizzontale, una tecnologia naturale che utilizza il filtraggio attraverso il substrato ghiaioso e l’azione sinergica di piante acquatiche (macrofite), batteri e biofilm per depurare le acque reflue civili, in questo caso provenienti dall’attività ricettiva dell’agriturismo.
«L’impianto - spiega Giuseppe Cirelli - professore ordinario di idraulica agraria e sistemazioni idraulico-forestali del Di3A dell’Università di Catania, è costituito da una sequenza di tre vasche rettangolari interconnesse, ciascuna riempita con materiale inerte (ghiaia e sabbia lavata), in cui sono messe a dimora piante palustri autoctone come Typha latifolia, Phragmites australis e Iris pseudacorus, selezionate per la loro capacità di resistere a carichi organici e idraulici variabili e di favorire l’ossigenazione del substrato».
Il refluo, dopo un pre-trattamento in una fossa settica, attraversa le vasche in modo orizzontale e viene depurato lungo il percorso.
In particolare, l’unità a flusso sub-superficiale orizzontale (HF), è progettata per la rimozione dei solidi sospesi totali e del carico organico biodegradabile, nonché per una parziale riduzione dei nutrienti (azoto e fosforo) e dei microrganismi patogeni. La seconda unità, a flusso superficiale (FWS), contribuisce alla rimozione residua degli inquinanti e alla riduzione della carica microbica attraverso processi fotodegradativi e disinfezione naturale indotta dalla radiazione solare diretta.
A valle del sistema di trattamento, l’acqua depurata viene convogliata in una vasca di accumulo da 300 mc, dove viene stoccata e successivamente utilizzata per la fertirrigazione degli agrumi. La portata media giornaliera del sistema è di circa 3–5 mc, compatibile con le esigenze agronomiche dell’azienda, che gestisce un’agrumicoltura biologica certificata.
Il sistema, autonomo e a basso impatto energetico, non richiede l’uso di prodotti chimici e consente un risparmio idrico significativo, contribuendo anche alla riduzione del carico inquinante nei corpi idrici superficiali e sotterranei. I risultati delle analisi chimico-fisiche condotte nel corso del progetto hanno confermato il rispetto pieno dei limiti previsti dal D. Lgs. 152/2006 per il riutilizzo delle acque reflue in agricoltura.
Secondo Cirelli, questo caso dimostra che anche in ambiti agrituristici o aziendali di media scala è possibile realizzare modelli di economia circolare che coniughino sostenibilità ambientale, recupero delle acque e valorizzazione delle risorse locali. Inoltre, la combinazione tra funzione tecnica ed estetica del sistema, inserito armoniosamente nel paesaggio aziendale, rappresenta un esempio replicabile in altri contesti rurali siciliani.