Uno dei prodotti più dinamici nel panorama globale dell’ortofrutta è senza ombra di dubbio il mirtillo, protagonista di una notevole fase di espansione nella produzione e nel consumo in quasi tutto il continente. Macfrut Accademy, l’innovativa piattaforma promossa da Macfrut Cesena, vi ha dedicato due videolezioni. La videolezione ha posto l’accento sui temi chiave del piccolo frutto: dall'innovazione varietale alle tecniche di coltivazione, fino alla difesa delle colture dai parassiti e dagli agenti atmosferici. Il tutto ponendo il focus sui Paesi del Mediterraneo, in particolare Italia, Spagna e Marocco.
Evoluzione del mirtillo nel bacino del Mediterraneo
Le superfici globali hanno conosciuto un raddoppio nell’ultimo decennio, passando dai 115mila ettari del 2014 ai 262mila del 2023 (Fonte: Ibo - Global State Of The Blueberry Industry Report | 2024). In Europa e nell’area del Mediterraneo l'incremento è stato ancora maggiore: nella regione Emea (Europa, Medio Oriente e Africa) si è passati da 13mila a 57mila ettari, con Spagna (5.500 ettari), Marocco (4.300 ettari), Portogallo (2.620 ettari) e Italia (1.580 ettari) che emergono come principali player.
Per i paesi esportatori come Spagna, Marocco e Portogallo, i principali paesi di destinazione sono il Nord e Centro Europa (UK, Olanda, Germania, Francia) e l’Italia. Il nostro paese rappresenta un caso anomalo, in quanto a fronte di consumi elevati e comunque in crescita, la produzione nazionale non è ancora in grado di sopperire alle esigenze annuali (sia per quantità che per distribuzione del prodotto nella stagione) e quindi oltre che produttore è anche importatore.
Innovazione varietale, il motore dello sviluppo
Il trend di crescita è sostenuto dalla richiesta del mercato, laddove innovazione varietale e tecnologie giocano un ruolo centrale.
L'innovazione varietale, in particolare, ha permesso lo sviluppo della coltivazione del mirtillo nel bacino del Mediterraneo. Le varietà di mirtillo, infatti, si distinguono in Southern Highbush, a basso fabbisogno di freddo e quindi adatte anche ad areali caldi; e in Northern Highbush, con un maggior fabbisogno di ore di freddo. Il mirtillo Southern è più veloce ad andare in produzione, poiché beneficia di areali con più ore di luce e climi più favorevoli, e questo cambia le dinamiche di business model tra le aziende che coltivano a Sud e a Nord.
La ricerca varietale e la sua “messa a terra” nell'attività vivaistica, nella videolezione, sono state approfondite nell'esperienza di Vivai Molari. In Spagna, Marocco, ma anche in Sicilia si tende a collocare varietà a basso fabbisogno in freddo, capaci di compiere velocemente il ciclo produttivo. Si consideri che la zona di Ragusa, nella quale si sono messi a dimora parecchi nuovi impianti di mirtillo, è collocata alla stessa latitudine di Tunisi e di Huelva. La giustapposizione delle diverse produzioni provenienti da zone con diversi gradienti di precocità permette al mercato di avere a disposizione prodotto fresco durante tutto l’anno. Il picco di produzione e consumo è collocato nella fase tardo primaverile ed inizio estate (come succede alla fragola, ciliegia ed altri piccoli frutti), ma prodotto fresco è sempre disponibile in ogni fase dell’anno.
A differenza delle mele e di altri prodotti caratterizzati da una vita post raccolta (frutti climaterici) la cui conservabilità si può gestire attraverso il controllo dei livelli di etilene, il mirtillo non è sensibile ai livelli di etilene e pertanto difficilmente conservabile. Pertanto il mercato si è orientato a soddisfare la domanda con l’alternanza di prodotto fresco grazie all’impostazione di una strategia che vede la presenza di impianti in diverse parti del mondo con diversi livelli di entrata sul mercato.
Il miglioramento varietale si sta orientando sulla croccantezza del mirtillo, mentre la shelf-life del prodotto e l’adattabilità ai cambiamenti climatici è orientata verso varietà low chill e mid chill in areali che fino a pochi anni fa mettevano a dimora varietà con 700-800 ore di freddo. Un altro fronte della ricerca sono le soluzioni per anticipare sempre di più i calendari, sia nei climi da sud che da nord. Lo sviluppo maggiore ha riguardato la messa a disposizione di varietà per le zone meridionali con l’inserimento di nuove varietà a ritmo molto intenso (Ventura, Cupla, programmi di breeding delle università nord e sud americane), mentre al nord la scelta varietale è ancora caratterizzata dall’utilizzo di varietà tradizionali, Duke e Drapper (e poi Valor, Cargo) su tutte, assieme alle varietà medio tardive del gruppo Fall Creek. Spicca tra queste ultime il quintetto dei tipi “Sekoia”, caratterizzati da prestazioni organolettiche decisamente sopra la media.
Altre linee guida nella ricerca varietale sono la produzione per pianta, l’adattabilità alla raccolta meccanica, la resistenza ai patogeni, la non eccessiva scalarità di maturazione per raccogliere tutto il prodotto in pochi stacchi e il miglioramento dell’esposizione del prodotto in pianta per aumentare la resa raccolta, dato che i costi di manodopera relativi alla raccolta rappresentano il maggior costo nell’intera filiera.
A livello di caratteristiche organolettiche, si ricerca un buon livello di grado zuccherino, attorno a 12 °Brix ed una equilibrata acidità, assieme alla presenza di abbondante pruina esterna ed alla già citata croccantezza, per una bacca dalle dimensioni abbondanti fino a un centimetro e oltre di diametro. Nella fase di confezionamento si deve tener conto delle diverse dimensioni delle bacche, andando verso sistemi di calibrazione.
Le nuove varietà, al pari di quelle standard, possono essere coltivate sia in suolo (ove le caratteristiche di acidità e di composizione lo consentano) oppure in idroponica (vaso o fitocella da 50 a 80 litri di capacità). A testimoniarlo anche le esperienze di importanti realtà produttive di Spagna e Italia, che hanno spiegato le loro strategie di innovazione nel comparto.
Ad esempio la Cooperativa spagnola Cuna de Platero ha investito molto nelle varietà precoci attraverso un programma di rinnovo varietale, con l’inserimento di SnowChaser e Cupla, quest’ultima di proprietà della cooperativa stessa. Ancora in Spagna, la Cooperativa Onubafruit ha impostato la ricerca di varietà interessanti con l’obiettivo di triplicare la densità standard dell’impianto, passando quindi dalle 3/4000 piante ad ettaro alle 15.000 piante ad ettaro, aumentando di tre volte la produzione (da 120 a 400 tonnellate per ettaro). In questo modo si può incrementare la resa raccolta passando dai 4/5 kg/ora ai 9kg/ora per addetto alla raccolta. Nella fase di successiva lavorazione e confezionamento queste varietà ad alta intensità sono in grado di far ridurre lo scarto di lavorazione, passando dal 15-20% per le varietà standard al 5% per le nuove.
Dalla micropropagazione del mirtillo alla messa a dimora
La videolezione ha dedicato un modulo alla micropropagazione del mirtillo e a tutte le fasi dell'attività vivaistica fino alla messa a dimora della pianta (prelievo di tessuti vegetali dalle piante, radicazione, espianto, premoltiplicazione, micropropagazione con utilizzo di ormoni specifici, collocazione in vivaio). Si ottengono quindi piante tutte uguali capaci di fornire prestazioni costanti ed omogenee nel tempo.
Per la realizzazione di un nuovo impianto di mirtillo, che avrà una durata media di circa 10 anni, ci sono diversi fattori da tenere in considerazione. In questo ambito la copertura e la protezione della coltivazione è sempre più importante, sia per difendere la produzione dagli attacchi di insetti e di patogeni, sia per controllare l'esposizione alla luce e la temperatura. Fondamentale è anche la costante disponibilità di acqua per tutta la stagione e per tutta la giornata. Le caratteristiche dell’impianto di irrigazione e fertirrigazione devono essere tali da poter dosare acqua e nutrienti in modo adeguato: per questo si predispongono delle centraline apposite dotate di diversi sistemi di automazione. Per il controllo delle piante infestanti tra le piante si utilizzando teli scuri con effetto pacciamante, di plastica o di tessuto non tessuto e di colore scuro con larghezza di almeno un metro. Gli esempi indagati si trovano in diverse aree geografiche italiane: pianura padana, appennino emiliano, Basilicata.
Per la coltivazione protetta del mirtillo, infatti, il controllo della temperatura è fondamentale, in quanto è una pianta originaria del sottobosco che mal sopporta le alte temperature. Proprio su questi aspetti si è concentrata la ricerca di Arrigoni, gruppo italiano specializzato nelle applicazioni tessili tecniche e degli schermi protettivi per l’agricoltura. Da questo lavoro è nata una gamma di soluzioni che supportano la produzione di mirtilli, dagli schermi termo riflettenti ai tessuti per il contenimento degli insetti e per la difesa dagli agenti atmosferici. Proprio le caratteristiche dei tessuti e dei materiali utilizzati nella protezione dell’impianto può fare la differenza al fine di mitigare l’effetto dei cambiamenti climatici e dell’introduzione di specie aliene, come ad esempio la Drosophila suzukii e garantire quindi prestazioni qualitative e quantitative adeguate alla sostenibilità economica ed ambientale delle aziende.