«Se si pretende di vendere il pomodoro
raccontando che contiene licopene, la
gente continuerà a mangiare bistecche». Si
può sintetizzare con questa frase del medico
chirurgo e nutrizionista Federico Francesco
Ferrero, il messaggio lanciato a Milano durante
la presentazione del 15° “rapporto ortofrutta”
di Mark Up, realizzato in collaborazione
con Italiafruit News.
Esperti di marketing, medici, docenti universitari
e rappresentati della distribuzione moderna,
concordano sul fatto che per rilanciare
gli acquisti di ortofrutta bisogna puntare
sulla qualità dei prodotti più che sul prezzo
e serve raccontare una storia che porti sulle
tavole il gusto e il piacere di un’alimentazione
sana.
I numeri parlano chiaro. In Italia il consumo di
ortofrutta continua a diminuire: se nel 2000
se ne mangiavano in media 361 grammi a
testa, oggi si è scesi a 303, e gli indicatori
continuano a puntare verso il basso. La crisi
c’entra poco, la disaffezione degli italiani
verso mele e insalate è strutturale e se non si
interviene – è l’appello lanciato dal rapporto –
nel 2022 la quota pro capite scenderà sotto i
280 grammi. Eppure basterebbe aggiungere
200 grammi al giorno nella dieta di ognuno
per arrivare alla quantità considerata ottimale
dai nutrizionisti: mezzo chilo, che si tradurrebbe
sulla spesa sanitaria in un risparmio di
almeno 1,5 miliardi di euro l’anno, solo per le
malattie cardiovascolari.
Che frutta e verdura aiutino a vivere meglio e
più a lungo non è uno dei tanti slogan pubblicitari,
ma una verità dimostrata dalla scienza.
Il monitor ortofrutta di Agroter, realizzato da
un pool di ricercatori coordinati da Roberto
Della Casa, propone una soluzione per
riavvicinare gli italiani ai prodotti della terra:sostituire almeno parzialmente l’eccessiva
quota quotidiana di prodotti raffinati ricchi
di zuccheri aggiunti, con l’ortofrutta. Quindi
banane, agrumi, mele, broccoli e spinaci al
posto di snack, dolciumi, cereali per la prima
colazione, prodotti da forno, biscotti e gelati.
«Perché questi sono i prodotti che per volumi,
occasioni di consumo e valori nutrizionali
entrano in concorrenza diretta con l’ortofrutta
– ha spiegato Della Casa – basterebbe perciò
mangiare 100 g di insalata e 100 di mela al
giorno invece di quattro cracker, due biscotti
e 20 g di cereali».
Secondo le stime dei ricercatori, se tornassimo
a consumare 500 grammi di frutta e verdura
al giorno, in otto anni la spesa sanitaria
calerebbe di circa nove miliardi di euro e i decessi
per malattie cardiovascolari e tumori
sarebbero 96mila in meno.
Ma per sedurre i palati frutta e verdura non
devono essere proposte come medicine,
bensì come esperienze piacevoli. Le azioni
da mettere in campo per centrare questo obiettivo
sono molteplici: dalla riscoperta dei
prodotti del territorio, alla ricerca di qualità
partendo dal campo, con strumenti tecnologici
che permettono di avere frutti con caratteristiche
organolettiche elevate e le novità
varietali. E poi serve investire sui processi di
selezione, per portare sugli scaffali prodotti
di qualità standard, aspetto molto importante
per conquistare la fiducia dei consumatori.
Altra leva per spingere l’ortofrutta è il ruolo di
influencer che possono giocare i grandi cuochi:
«Nei menù di molti chef stellati la verdura
è completamente sparita – ha fatto notare
Ferrero – questo non aiuta a incrementarne
il consumo».
E il fattore prezzo? Coro unanime: non è con
il prezzo che si compete.