In attesa che si ponga termine al lunghissimo periodo di transizione iniziato proprio i primi giorni dell’anno con le mie dimissioni (il 7 luglio l’Assemblea dei soci di Ortofrutta Italia è stata convocata per eleggere il nuovo Consiglio di amministrazione) voglio cogliere l’occasione che ancora mi viene offerta per un contributo in continuità con quanto Claudio Mazzini e Roberto Della Casa hanno scritto nel fascicolo n. 5/2021 di questa rivista (cfr. “Serve maggiore aggregazione dei produttori, ma anche una filiera più efficiente”).
Visioni limitate
L’analisi che viene fatta sulle ragioni del mancato utilizzo dell'interprofessione, in Italia e per il settore ortofrutticolo in particolare, è molto simile a quanto scrissi comunicando la “provocazione” delle mie dimissioni ed è stata ben focalizzata la vera ragione politica: la limitatezza di visione e un approccio culturale ancora troppo provinciale ed autoreferente presente in gran parte dei rappresentanti dei produttori e delle cooperative agricole (e non solo, purtroppo) – negli atti concreti – ha fatto percepire il ruolo dell’interprofessione come “possibile competitor sullo stesso spazio vitale e non come aumento della capacità di dare valore ai nostri prodotti, presidiando in questo modo”, con un rapporto di trasparente collaborazione con la parte commerciale e distributiva – dico io – “non gli stessi spazi, ma tutti quelli possibili”.
Un esempio significativo che, a mio parere, si può portare, è molto recente e riguarda l’ennesima crisi di mercato delle clementine dello scorso autunno, ma potrebbe valere per ogni altra importante referenza ortofrutticola. Alla “tradizionale” iniziativa di comunicazione e promozione generica di Ortofrutta Italia su quel prodotto che verteva su qualità, stagionalità e origine italiana, se ne era aggiunta una successiva a valorizzare le consistenti quantità di piccolo calibro con le quali si stava negativamente (e disperatamente) caratterizzando la campagna di produzione 2020.
Fra le insegne partecipanti, solo Coop Italia ha interpretato con particolare tempestività e spirito di (pubblico) servizio l’iniziativa interprofessionale proposta (comunicazione a banco e integrata negli strumenti interni, cartacei e digitali), tra l’altro con pieno successo commerciale.
Immaginate per un attimo cosa avrebbe potuto significare se in quelle due settimane tutti i punti vendita rappresentati dai soci di Ortofrutta Italia (la stragrande maggioranza delle migliaia di punti vendita in tutta Italia, della moderna distribuzione e del dettaglio tradizionale) con la piena collaborazione logistica dei fornitori – grossisti, commercianti, produttori – avessero fatto la stessa cosa: a costi irrisori, senza i vincoli delle procedure erga omnes (oramai praticamente impossibili da eseguire e men che meno con la necessaria tempestività) si sarebbe concretamente dato una reale ed immediata positiva impronta al mercato con maggiori quantità esitate e più valore su cui disporre, come hanno dimostrato i risultati dei punti vendita Coop.
Dare un ruolo moderno all'interprofessione
Altro che idea balzana! È quello che, in sostanza e nella naturale evoluzione degli strumenti di comunicazione, con il trasparente contributo economico dei singoli operatori ad ogni passaggio di fatturazione, fanno in Francia da almeno un quarto di secolo, applicando nella completezza dei tre strumenti – Op, Aop e Oi – l’Ocm dedicata all’ortofrutta, mentre negli altri Stati Membri, e in Italia in particolare, a partire dal Mipaaf si è fatto di tutto per fermarsi ai primi due.
Mi auguro che la recente intesa cui facevano riferimento gli Autori sopra citati, ma anche la mutata situazione politica predisponente ad una strategica gestione del “recovery fund” e alle necessarie riforme istituzionali, costituiscano un nuovo scenario per recuperare lo storico ritardo italiano nel dare il giusto e moderno ruolo allo strumento dell'interprofessione e alle politiche di filiera. È nella collaborazione di sistema, con azioni concertate e trasparenti lungo la filiera, che si potranno offrire ai consumatori le garanzie di accessibilità e affidabilità necessarie per sostenere il consumo dei prodotti ortofrutticoli di qualità, ma anche orientare il settore alla sostenibilità che ci viene richiesta dall’Unione europea.
La crisi delle clementine italiane
A dicembre 2020 la parte centrale della campagna di commercializzazione delle Clementine si caratterizzava già per una complessiva pesantezza di mercato del comparto con pericolosi ristagni a livello dei consumi e, soprattutto, per le conseguenti enormi difficoltà reddituali delle aziende agricole produttrici. Oltre alle strutturali problematiche della produzione, la quantità presente sul mercato di calibri piccoli o medio piccoli è stata ben superiore agli altri anni. La filiera raggruppata nell’Organizzazione Interprofessionale ha predisposto un breve messaggio istituzionale inserito sui banchi ortofrutta e rivolto direttamente al consumatore sul punto vendita (vedi locandina). Un messaggio che conferma la cifra comunicativa che le diverse fasi della filiera rivolgono al consumatore: valorizzazione dell’origine italiana e della stagionalità, impegno della produzione per i più alti standard qualitativi e vicinanza con i territori maggiormente vocati e specializzati.