Frutticoltura senza sostenibilità economica

Situazioni critiche in Emilia-Romagna, ma che si possono estendere a tutto il Paese. Si salvano le imprese che investono su varietà premium e su progetti di sviluppo controllato lungo tutta la filiera

La frutticoltura italiana è da tempo in una situazione economica complessa e contraddittoria, con luci e ombre differenti nei diversi comparti che la compongono e che dipingono, nel complesso, un quadro di severa difficoltà, ancorché non omogeneo. Alla luce delle numerose nuove problematiche di recente manifestazione, le prospettive future del comparto frutticolo appaiono incerte, soprattutto sul versante della sostenibilità economica, profondamente intaccata dai nuovi fronti di difficoltà, ma già da lungo tempo in chiaro affanno per ragioni di mercato ampiamente dibattute. È, dunque, più che mai necessario fare il punto sulla situazione economica del comparto al fine di intavolare i conseguenti profondi ragionamenti resi necessari dalla situazione in essere.

Naturalmente, un quadro complessivo valido per l’intero territorio nazionale è difficilmente ipotizzabile, alla luce delle profonde difformità tra i sistemi frutticoli delle diverse aree produttive che ne limitano le opportunità di ricavare valori medi con validità trasversale. Si procederà, pertanto, a delineare un quadro puntuale della situazione economica per alcune fra le principali specie di frutta fresca in una delle regioni storicamente di riferimento per la frutticoltura italiana, quale l’Emilia-Romagna.

Leggi l'articolo completo su rivista di Frutticoltura n. 2/2024

Il quadro economico generale

Come poc’anzi accennato, sono diverse le nuove problematiche che il comparto si è trovato a fronteggiare. Fra queste, vi è il repentino aumento dei costi delle materie prime, gli effetti dei cambiamenti climatici, l’insorgere di nuove patologie, la progressiva eliminazione di molecole di riferimento per la difesa fitosanitaria, le difficoltà logistiche nel commercio a lungo raggio dovute alla situazione geo-politica internazionale e, non ultimo per importanza in un settore “labor intensive”, una crescente difficoltà di reperimento della manodopera.

Le problematiche di natura climatica e fitosanitaria hanno determinato rilevanti conseguenze soprattutto nelle aree settentrionali del Paese, pur non avendo risparmiato anche le regioni centro-meridionali. Proprio l’Emilia-Romagna è tra le più colpite in assoluto: prendendo a riferimento l’ultimo decennio e confrontando i valori dal 2019 al 2023 con quelli del periodo 2014-18, la diminuzione delle rese è molto evidente (fig. 1). Ad esempio, pero e susino segnano cali attorno al 40%, peraltro con punte ben superiori in talune annate, mentre albicocco e actinidia si collocano poco sopra il 30% e ciliegio e pesco fra il 20 e il 25%.

Circa il fronte delle materie prime, bastano pochi dati per tracciare il quadro di criticità: dal 2021 al 2023 i fertilizzanti sono aumentati del 37%, i prodotti energetici del 47%, gli agrofarmaci del 20% circa e beni strumentali ed investimenti attorno al 15% (dati Istat). Appare evidente come, senza un ritorno su livelli produttivi ordinari, sia difficile ipotizzare il mantenimento della sostenibilità economica in queste condizioni, ma i problemi di tipo produttivo, come già osservato, sono andati ad innestarsi in una realtà commerciale già complessa, caratterizzata da continue tensioni di mercato dovute a consumi in permanente difficoltà, dall’aumento della pressione competitiva internazionale e da filiere sempre più complesse da gestire.

Sul versante di mercato, è eloquente la stagnazione dei prezzi medi riconosciuti al produttore, sostanzialmente immobili fino al 2019 e poi risaliti, seppur con differenze tra le diverse specie, solo per effetto del grave deficit produttivo che si è venuto a creare nell’ultimo quadriennio, ma con benefici limitati alle poche imprese che sono state in grado di contenere le perdite di resa.

Gli effetti sulla sostenibilità economica delle criticità sono ben evidenziati dall’andamento delle superfici investite, il primo indicatore della redditività del comparto. L’ultimo decennio, difatti, ha assistito ad un processo di disinvestimento senza precedenti in Emilia-Romagna: pero e pesco hanno perso rispettivamente 5.000 e 8.000 ettari, mentre solamente melo e actinidia hanno evidenziato un aumento delle superfici investite, ma decisamente modesto e non in grado di contrastare le perdite delle specie più importanti.

La situazione economica delle sette specie frutticole principali

Al fine di esemplificare lo stato della sostenibilità economica della frutticoltura emiliano-romagnola, sono stati individuati 12 casi studio relativi a sette specie: melo, pero, pesco, albicocco, susino, ciliegio e actinidia. Per ciascuna specie sono stati calcolati:

  • la resa produttiva;
  • i prezzi medi alla produzione ;
  • le superfici dal 2014 al 2023;
  • i costi medi di produzione;
  • la Plv media annua;
  • i margini economici.
sostenibilità economica
Margini economici delle principali specie frutticole in Emilia-Romagna (in condizioni ordinarie di resa, prezzi medi 2013-2022)

 

Leggi l'analisi completa su rivista di Frutticoltura n. 2/2024

Sostenibilità economica non garantita

Emerge in modo eloquente come il comparto frutticolo, stretto dalle sue storiche problematiche di mercato e ora anche dalle numerose e rilevanti difficoltà emerse negli ultimissimi anni, non sia in grado, almeno nella maggior parte dei casi, di garantire la sostenibilità economica. Le colture che oggi e anche in prospettiva futura appaiono in grado di offrire un ritorno economico positivo alle attuali condizioni di mercato sono poche e, in ogni caso, richiedono investimenti iniziali e flussi annui di cassa elevatissimi rispetto a quelli a cui si era tradizionalmente abituati.

L’attenzione della ricerca è ora focalizzata soprattutto sul superamento delle nuove criticità e, in quasi tutti i casi, la soluzione passa per un ulteriore crescita dei costi di produzione. Alcuni esempi in ordine sparso: la crescente necessità di coperture protettive, da quelle tradizionali anti-grandine, ormai pressoché indispensabili, a quelle anti-pioggia per il ciliegio o per l’actinidia, fino a quelle anti-insetto per la protezione della cimice asiatica sul pero o della Drosophila suzukii sul ciliegio, la necessità di difendersi dalle sempre più ricorrenti gelate tardive (impianti anti-brina, ventole ecc.) o ancora l’esplosione dei costi per la gestione fitosanitaria, evidente soprattutto per l’actinidia o per il pero.

Inevitabile, quindi, pensare ad un ruolo sempre più decisivo della contribuzione sugli investimenti, oltre che della ricerca per agire sia sul versante del superamento delle nuove criticità, sia su quello della riduzione dei costi: meccanizzazione della potatura, diradamento chimico, rapidità di gestione delle coperture, riduzione dei consumi idrici, pedonalizzazione degli impianti, sono solo alcuni dei possibili fronti di azione. Interessanti prospettive, in ottica certamente più futura, possono derivare dall’alta tecnologia, con l’applicazione di soluzioni automatizzate o veri e propri mezzi a guida autonoma, da alimentare con energia da impianti agri-voltaici, al fine di abbattere in modo significativo i costi energetici.

In questo contesto, tuttavia, occorre non dimenticare che la frutticoltura deve ancora risolvere i suoi storici problemi di mercato quali la frammentazione, la scarsa valorizzazione e il conseguente ridotto peso commerciale nella filiera. Le analisi evidenziano come, anche tornando su livelli produttivi standard, la marginalità è scarsa o nulla nella maggior parte dei casi considerando i prezzi del medio-lungo periodo e anche la riduzione dei costi di produzione può non essere sufficiente a riequilibrare la situazione.

Frutticoltura senza sostenibilità economica - Ultima modifica: 2024-03-12T10:23:47+01:00 da K4

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome