Cima e l’uva da tavola, una storia lunga 40 anni

uva da tavola

Da oltre 40 anni Cima si prende cura delle colture costruendo atomizzatori pneumatici a basso volume e impolveratori di qualità superiore per la distribuzione di fitofarmaci. Il basso volume pneumatico con Venturi è il sistema di base delle attrezzature Cima: la velocità dell'aria provoca una forte polverizzazione del prodotto consentendo un notevole risparmio sui consumi.

L'azienda è nata nel cuore dell'Oltrepò Pavese dedicandosi inizialmente alla protezione dei vigneti della zona, diffondendo poi la sua tecnologia in tutta la Penisola e adattando le attrezzature alle differenti forme di allevamento della vite.

Negli anni '80, quello sudafricano è stato tra i primi mercati esteri ad apprezzare il marchio Cima per la protezione dell'uva da tavola: le prove in campo effettuate in quel Paese hanno confermato l'alta qualità delle soluzioni Cima. Forte di questa esperienza, l'azienda ha proposto le sue attrezzature nei principali Paesi produttori di uva da tavola, incontrando favorevoli consensi dapprima in Egitto e nel vicino Medio Oriente e, successivamente, negli altri continenti.

L'esperienza sul campo maturata, unita alla caratteristica di studiare e realizzare soluzioni su misura, ha portato l'azienda ad ampliare la propria gamma con attrezzature specifiche per le esigenze dei coltivatori nelle diverse parti del mondo. L'esempio indiano è sicuramente quello più significativo: dai primi sopralluoghi in Maharashtra nel 2011 alla progettazione di atomizzatori pneumatici specifici per l'utilizzo sull'uva da tavola con trattori di bassa potenza, abbiamo contribuito al miglioramento della meccanizzazione della regione.

Cima non si ferma: le recenti prove nel Sud della Spagna stanno portando a nuove soluzioni da proporre ai coltivatori di uva da tavola, sempre più attenti alla sostenibilità delle proprie coltivazioni e alla salubrità del loro prodotto.

 

Cima e l’uva da tavola, una storia lunga 40 anni - Ultima modifica: 2016-02-01T11:33:24+01:00 da Lucia Berti

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