ASSOCIAZIONISMO

«Ortofrutta, la filiera non funziona»

Al Macfrut di Cesena il ministro Catania critica il sistema: «Ai produttori va solo il 17% della Plv»

La filiera ortofrutticola non funziona, perché solo il 17% del valore va in in tasca al produttore agricolo». E «il bilancio è radicalmente negativo, non solo perché lungo la filiera ci sono troppi passaggi, ma anche perché i produttori sono poco aggregati. Il sistema va ripensato».

Al Macfrut, la rassegna internazionale di settore organizzata da Cesena Fiera (dal 26 al 28 settembre), intervenendo a una tavola rotonda con le organizzazioni agricole (Confagricoltura e Cia) e le centrali coop di settore (Fedagri-Confcooperative, Legacoop Agroalimentare e Agci-Agrital) il ministro delle Politiche agricole, Mario Catania, ha risollevato un vecchio problema: quello delle Organizzazioni dei produttori (Op) e della
concentrazione dell’offerta.

Un gap strutturale dell’Italia che, insieme al calo dei consumi, a una regolamentazione comunitaria ancora tutta da negoziare, a un export che «pesa», ma solo sul mercato Ue, rappresenta un elemento di criticità per la crescita del settore.

«Un settore di rilevanza oggettiva importante», ha sottolineato il ministro. Con i suoi 880mila ettari di superficie investita a frutta e ortaggi (dati censimento Istat 2010), 460mila imprese agricole in attività, di cui però solo il 30% ha una dimensione media superiore a cinque ettari. E poi 206 Op e 12 Aop (Associazioni di Op) che, come ha evidenziato in uno studio Ersilia Di Tullio, di Nomisma, attraverso la regolamentazione comunitaria di settore (Ocm) quest’anno in Italia hanno attivato risorse per 452,5 milioni di euro. Un numero importante di associazioni che per ora, però, nella media nazionale aggregano e commercializzano non più del 30-40% dell’offerta ortofrutticola.

«Io sono storicamente legato all’Ocm – ha osservato il ministro – Un sistema di regole che ruota attorno alle Op e che ho sempre difeso. Tuttavia, credo sia arrivato il momento di porsi qualche domanda in più. Il livello di copertura associativa è quello di dieci anni fa e non cresce». E d’altra parte, ha aggiunto con un esempio, «le realtà siciliane hanno problematiche distanti da quelle dell’Emilia Romagna o del Trentino, si tratta di superare uno sbarramento culturale. Nel quadro del negoziato con l’Unione europea cercheremo di migliorare un sistema che ha mostrato delle vischiosità e che in qualche modo ha lasciato scoperti i produttori non organizzati».

«Se si vuole veder aumentare la percentuale di ortofrutta aggregata nel nostro paese occorrono anche degli incentivi – ha ricordato il presidente di Fedagri, Maurizio Gardini –. Da almeno 15 anni mancano segnali chiari per incentivare le aggregazioni ». «Si lavori tutti insieme per accrescere i livelli di aggregazione delle aziende ortofrutticole», gli ha fatto eco il presidente della Cia, Giuseppe Politi. E questo, «in particolare nel Sud Italia, evitando di dare risorse a chi continua ad andare da solo sul mercato. Le organizzazioni professionali possono in tal senso dialogare con le organizzazioni cooperative, perché il Sud è un problema di tutti».

«Oggi abbiamo l’occasione per pensare in grande accettando le sfide della competitività e della produttività, ma insieme alla volontà delle imprese c’è bisogno anche della volontà politica – ha stigmatizzato il presidente Confagri, Mario Guidi –. Da parte nostra dobbiamo pensare a una aggregazione sempre maggiore per governare gli equilibri di filiera. Ma fino a quando continueremo ad avere una centrale di acquisto per 18mila produttori, questo non potrà accadere».

«Ortofrutta, la filiera non funziona» - Ultima modifica: 2012-10-03T14:22:02+02:00 da Redazione Frutticoltura

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